Un varcatore di confini
Franco LorenzoniTullio De Mauro a Emma Castelnuovo, pur amando profondamente la loro disciplina, si sono sempre domandati quanto e come l’apprendimento della lingua o della matematica potesse contribuire a rendere un po’ meno ingiusto il mondo. Tullio De Mauro è stato, prima di tutto, un audace varcatore di confini che rifiutava il dogma della gerarchia dei saperi. Un ricordo, scritto da Franco Lorenzoni, di Tullio De Mauro a cinque anni dalla morte
Tra le maestre e maestri che mi hanno sostenuto e orientato nel difficile mestiere di insegnante elementare, associo Tullio De Mauro a Emma Castelnuovo. Il motivo è semplice: sia l’uno che l’altra, pur amando profondamente la loro disciplina, si sono sempre domandati quanto e come l’apprendimento della lingua o della matematica potesse contribuire a rendere un po’ meno ingiusto il mondo.
Emma Castelnuovo per tutta la vita ha costruito materiali e sperimentato metodi per legare la matematica alla realtà, mostrando quanto le conoscenze geometriche e aritmetiche fossero efficaci per leggere le contraddizioni della società e i problemi del pianeta. Tullio De Mauro, consapevole con Gramsci che quando si parla di lingua si solleva sempre un problema politico, con instancabile impegno e coerenza si è speso, in molteplici forme, per ragionare e avanzare proposte perché lo studio della lingua potesse divenire luogo privilegiato di emancipazione sociale. Ebbe una costante attenzione, infatti, a che quell’apprendimento non aggravasse le ingiuste disuguaglianze di nascita, incitando noi insegnanti ad assumerci le nostre responsabilità. Recentemente, nella prefazione di un libro sulla lettura e la scrittura della Biblioteca di lavoro del Movimento di Cooperazione Educativa, ricordava che
“chi insegna deve sapere che sta remando contro la dealfabetizzazione che dilaga nella nostra società e opera, come si diceva dei missionari, in partibus infidelium, in terre ostili, e si scontra con diffuse inerzie e avversioni ambientali”.
Ma per remare con efficacia controcorrente, Tullio accompagnava molti suoi scritti con comparazioni, dati e statistiche, così come dall’altra sponda, in molti suoi interventi, Emma sottolineava quanto libri e dimostrazioni matematiche abbiano bisogno di una lingua cristallina da levigare con attenzione, evidenziando quanto la matematica ci possa aiutare ad esprimere meglio le nostre idee. Preoccupata di contrastare ogni discriminazione al suo sorgere, ragionava su quanto la matematica potesse aiutare ad esempio gli alunni stranieri a scuola nell’apprendimento dell’italiano.
Conoscendo l’interesse di De Mauro verso la matematica, gli inviai il testo dell’ultima conferenza di Emma Castelnuovo davanti a un grande pubblico, tenuta inaugurando il primo festival della matematica a Roma nel 2007. Tullio mi rispose così:
“Franco, mi hai fatto un regalo bellissimo spedendomi la trascrizione. Tra l’altro, anche con l’aiuto di qualche rara chiacchierata con Emma e più spesso con Lucio Lombardo Radice, ho cercato tante volte di sostenere che nel dare e avere tra imparare bene la lingua e imparare la matematica, chi dà assai di più è proprio la matematica, ovviamente quella di Emma (ma forse anche quella più assiomatica e formale, per chi riesce a entrarci e a capirla davvero). Ma gli insegnanti di lettere non sempre mi credono…”.
Vorrei soffermarmi sulla rilevazione di questa incredulità perché nella scuola, ancora oggi, soprattutto alle medie e superiori, un gran numero di insegnanti si rintanano nella specificità delle loro discipline, guardando con sospetto la fatica che comporta il confronto con le mille interazioni tra saperi presenti nel mondo e nella testa di bambini e ragazzi.
Per cinque anni una rete di cinque Istituti comprensivi della provincia di Terni ha dato vita a un progetto di formazione dal titolo “Territori a confronto”. Si trattava di laboratori operativi in cui si è scelto di approfondire con particolare attenzione il tema della relazione tra matematica e lingua. Ci sono due nodi problematici che abbiamo provato ad affrontare: da una parte il constatare quanto diverse difficoltà di apprendimento imputate alla matematica dipendano da una cattiva comprensione dei testi dei problemi da parte dei ragazzi, spesso aggravata da una cattiva scrittura da parte degli autori dei libri, dall’altra l’ancora troppo scarsa attenzione di noi insegnanti verso la grande quantità di connessioni logiche e “ragionamenti matematici” che possiamo azzardare e condividere quando giochiamo e ci avventuriamo a scovare i segreti della lingua e di altre discipline come la storia e l’arte.
In questa ricerca di connessioni necessarie Tullio De Mauro ci è di grande aiuto, perché è stato, prima di tutto, un audace varcatore di confini. Ricercatore attento delle radici storiche e dei connotati sociali del plurilinguismo presente in Italia, ha saputo dare a una cultura “di modeste conoscenze e propensioni scientifiche come la nostra”, un contributo decisivo, rifiutando il dogma della gerarchia dei saperi, con cui ancora ci ammorbano i tanti cultori acritici del liceo classico. Giovane insegnante, mi è capitato di incontrarlo la prima volta a Firenze, all’inizio degli anno Ottanta, in un convegno che aveva organizzato insieme a Carlo Bernardini, con cui aveva collaborato in un progetto di formazione e sperimentazione attuato nelle scuola dell’infanzia di Scandicci. Mi affascinò il gioco di rimandi tra le due culture di cui furono capaci, ripreso anni dopo con appassionante vivacità nel libro Contare e raccontare. Continuare a nutrirci di quella feconda connessione è una delle eredità che Tullio De Mauro lascia a noi che lavoriamo nella scuola, insieme alla forte attenzione che ha sempre avuto nel sottolineare la relazione decisive tra oralità e scrittura e tra la comunicazione verbale e non verbale. Relazioni tanto più rilevanti oggi, che le nostre scuole si confrontano con un nuovo plurilinguismo, portato dalle tante ragazze e ragazzi che hanno come lingue madri centinaia di idiomi diversi. Una straordinaria ricchezza di suoni e significati che provengono da ogni angolo del pianeta e abitano le nostre scuole, ma con cui a fatica riusciamo a confrontarci e a trarne nutrimento. “Da disciplina filologica, rivolta prevalentemente al passato, la linguistica di Tullio De Mauro – come ha ricordato Stefano Gensini – fu chiamata a farsi scienza della cultura, scienza sociale, a interagire con tutti i campi di ricerca e di intervento che condizionavano (e condizionano in generale) la realtà del linguaggio e della comunicazione”.
Ecco, in questo momento così difficile, di varcatori di confine come Tullio De Mauro abbiamo un grande bisogno. Tullio De Mauro ed Emma Castelnuovo mi hanno insegnato a cercare quanto una specifica disciplina può aprirci alla comprensione del mondo. Ma mi hanno anche insegnato quanto quella apertura possa tornare efficacemente indietro e prendere vita nel piccolo microcosmo delle nostre classi. È lì che si gioca la partita principale, che consiste nel dare dignità a ciascuno – a ogni intelligenza e a ogni diversità – a partire da un uso consapevole della lingua, sperando con Montale (citato da De Mauro) che proprio nella lingua, proprio “qui tocca a noi poveri la nostra parte di ricchezza”.
Articolo ripreso da https://comune-info.net/un-varcatore-di-confini/
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