17 gennaio 2022

SCUOLA. ASCOLTARE ANCHE LE RAGIONI DEGLI INSEGNANTI

 


T0-T5, Galimberti e la scuola

Penny
17 Gennaio 2022

Qualche giorno fa Umberto Galimberti ha detto che molti insegnanti sono poco motivati e trovano ogni scusa, a cominciare dal covid, per non andare a scuola. Cinzia Pennati Penny, maestra, in una lettera aperta spiega a Galimberti come in questi giorni gli insegnanti, oltre a fare il loro mestiere, passano diverse ore al telefono a spiegare ai genitori il T0 e il T5 (nome in gergo dei tamponi), rispondano a messaggi di preoccupazione, li traducono in inglese per chi è arrivato da poco, preparano zaini, forniscono email, sentono i rappresentanti di classe, aprono le finestre, fanno il tampone, si chiedono continuamente se sono in Dad o in Did, accolgono chi arriva dall’esterno per una supplenza e spesso non ha mai fatto un giorno di scuola…

Caro Galimberti, mi scusi se mi permetto di raccontarle come funziona la scuola per un’ insegnante come me. Noi insegnanti, oltre a fare il nostro mestiere, quello per cui siamo poco motivati, stiamo ore al telefono a spiegare il T0 e il T5 (nome in gergo dei tamponi da fare secondo quanto previsto dalla nuova normativa per valutare l’eventuale quarantena nella scuola primaria, ndr); rispondiamo a messaggi di preoccupazione, li traduciamo in inglese per chi è arrivato da poco. Ne ascoltiamo di incomprensibili e cerchiamo di decifrarli per dare una mano, a quelle famiglie che provano in tutti i modi a districarsi nella nostra lingua.

Prepariamo zaini, a qualunque ora per i bambini che non ci sono, per le madri che cercano in qualche modo di venirseli a prendere; ci vorrebbe una carrucola alla finestra, forse faremmo prima. Li prepariamo come se il ritorno a scuola non fosse garantito. “Metteteci dentro tutto che non si sa che possa succedere nel week end”.

Passiamo tempo a spiegare circolari che neanche noi abbiamo chiare perché cambiamo di continuo. Siamo in sorveglianza attiva? Facciamo la DaD o la DiD? Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Ogni giorno un bambino cade sotto il Covid, ogni giorno, solitamente, una madre chiama. “Che cosa devo fare?”. “Senti il pediatra. Manda mail in segreteria e poi arriverà comunicazione alla classe”. Allora fornisci mail, avvisi la rappresentante, ma ci viene il dubbio se dobbiamo aspettare prima la comunicazione dalla direzione. “Sentiamoci dopo”, le dici e ci sentiamo, e continuano a sentirci fino a quando azzardiamo una decisione prima che qualche altro bambino si contagi.

Nel frattempo, noi insegnanti non motivati, facciamo tirare su mascherine, disinfettare mani, aprire finestre, a quei pochi sopravvissuti.

Nel frattempo la scuola è diventata un grande circo, arrivano supplenti: ballerine, tecnici del suono, trapezisti, imbianchini, paracadutisti, nessuno di loro ha mai fatto un giorno di scuola prima, così, bisogna spiegare cosa fare e come farlo sperando che siano persone di buon senso; ma anche qui va tutto a fortuna ed è una gran fatica – per noi che non siamo motivati – spiegare un lavoro a persone che cambiano in continuazione (e questo succedeva anche pre-pandemia).

Venerdì dopo il mio orario di servizio mi sento con quella santa della mia rappresentante di classe (che è un lavoro) e le dico: “Se lunedì siamo in sorveglianza attiva, per entrare a scuola tutti devono fare il tampone T1 (cercate di farlo insieme così siamo sicuri di essere protetti per lo stesso tempo) e dopo il quinto giorno il T5, se siamo in sorveglianza attiva mangiare al sacco, dove mangeremo non lo so”.

Ovviamente anche noi insegnanti non motivati dobbiamo farci il tampone per entrare a scuola e ce lo paghiamo (per un totale di 30 euro) perché l’unico laboratorio gratuito è dall’altra parte della città e ci sono file lunghissime.

Se siamo in Dad invece, noi insegnanti con tre dosi – non motivati – torniamo a scuola e lavoriamo da lì, in Dad per quindici ore settimanali, il resto andiamo a infettarci in altre classi perché dobbiamo essere a disposizione per le supplenze.

Ovviamente, questo week end, una di noi – non motivata – cercherà di sentire chi non parla bene la nostra lingua e fargli capire che deve fare. Le altre è probabile che stiano al telefono a confortare, spiegare, chiarire gli altri genitori.

Poi ci sono le sgridate che arrivano dal personale di segreteria perché abbiamo spiegato male, perché qualche famiglia sbaglia a compilare i moduli; poi ci sono i genitori incazzati perché si è stabilito che si entra alle 10 il primo giorno della sorveglianza attiva e vaglielo a spiegare che la scuola non ha abbastanza personale ATA che stia al portone per due ore e far entrare bambino dopo bambino; poi ci sono le delibere regionali e il caos tra farmacie e pediatri per i tamponi gratis e le famiglie ci chiedono informazioni come avessimo la bacchetta magica e la risposta in tasca.

Ecco, dottor Galimberti mi sento molto ferita e offesa dalle sue parole, perché, lei ha una grande visibilità e noi insegnanti – non motivati – siamo soli ogni giorno a combattere per tenere in piedi la scuola pubblica in cui crediamo. Perché la scuola non ha bisogno di essere screditata ma di essere sostenuta e, allora, prima di generalizzare bisognerebbe rivolgersi ai nostri superiori e chiedere a loro se sono abbastanza motivati da investire invece che tagliare da decenni.

Mi permetta di dirle che il nostro lavoro di cura (e parlo dell’educazione) siccome quasi totalmente femminile, è screditato e considerato cosa di poco conto, quindi non valorizzato e non remunerato il giusto.

Caro Galimberti, a scriverle è un’ insegnante che la stima e mi piacerebbe che le persone sapessero cosa facciamo ogni giorno e cosa facevano pre-pandemia, perché le cose non sono cambiate, e mi piacerebbe che lei sapesse che ci vuole parecchia motivazione per andare avanti. Vorrei sapesse che l’insegnamento dovrebbe avere la dignità di un lavoro, invece, non è così. È un luogo di sopravvivenza e di questa responsabilità non deve chiedere conto a noi, perché la motivazione non basta e a lungo andare si incrina, deve chiedere conto al governo a cui basta che la scuola sia aperta senza occuparsi e preoccuparsi della materia umana che la abita. Mi dice come si salva la motivazione? Spero di essermi spiegata.


Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti, tra le quali Ludovica Paglino (l’autrice dei disegni pubblicati su sosdonne.com, il blog di Penny). Il suo ultimo libro è Ai figli ci sono cose da dire. Nell’archivio di Comune i suoi articoli sono leggibili qui.

Articolo ripreso da  https://comune-info.net/t0-t5-galimberti-e-la-scuola/

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