L' Università di Palermo, da sempre avanguardia della retroguardia, ricorda il Gruppo 63 che non comprese il valore di Leonardo Sciascia e di Pier Paolo Pasolini. (fv)
PS: Riprendo dal mio diario Facebook alcune battute di un dibattito ancora in corso:
ma si può dire
anche il contrario. Nel senso chr Sciascia non comprese la scuola di Palermo,
non comprese Pizzuto, il padreputativo della scuola di Palermo, non comprese
anzi stroncò in una infelice recensione su L'Ora anche l'Ulisse di Joyce.
Piero Violante è vero anche
questo, per la verità. D' altra parte ci hanno insegnato che ogni affermazione
è anche una negazione...
Avanguardia
della retroguardia. Purtroppo è così. Ben al di là di Sciascia e Pasolini, la
grossa questione retroguardista è altra: la critica, soprattutto accademica, se
tale vuol esser definita, deve fare critica tout court, altrimenti è militanza.
I rapporti sfilacciati tra intellettuali dalle visioni diversissime non possono
impedire un convegno, a meno che non si sia partigiani. E fin qui tutto bene, è
giusto: si è organizzato un convegno sul Gruppo 63, che merita un convegno al
pari di qualunque altro prodotto della cultura che è oggetto di critica (altra
questione è quanto questo influisca sulla costituzione di un canone - ma non è
certo un convegno all'università di Palermo a stabilire i canoni della
letteratura). Che però a Palermo si organizzi un convegno sul Gruppo 63, nato a
Palermo, e non si parli della Scuola di Palermo o di Perriera o Di Marco o
Testa, in una fase iperglobalizzata, in un'Italia antimeridionalista, in cui
dell'affermazione della propria identità culturale la comunità ha più che mai
bisogno è emblematico. L'università è ormai una fortezza che con il mondo fuori
dalle proprie mura non ha nulla a che fare. È triste? Sì. Bisogna prenderne
atto? Decisamente sì, meglio tardi che mai.
A prescindere
da ogni considerazione, mi sembra strano che Roberto Di Marco venga ignorato.
Non si parla di Gaetano Testa
Si parla solo dei soliti
noti che partirono dicendo di voler fare la rivoluzione e finirono per fare i
baroni nelle Università ed occupare posti di comando nella TV lottizzata già
allora!
Federico Pier Maria Sanguineti
Mentre il povero Pasolini era costretto a
scrivere sul "Corriere della sera", noto giornaletto rivoluzionario
schierato dalla parte del proletariato (purché in divisa e disposto a menare
chi osava sperare in una società diversa, più umana, dimenticando la bellezza
delle baraccopoli di periferia piene di gente "pura" e di ragazzini
"puri" e "incontaminati"), e mentre il povero Sciascia non
trovava neppure un editore disposto a pubblicare i suoi libri e un pubblico
disposto ad ascoltare i suoi capolavori. Sì, sono d'accordo.
Grande Federico! Ma il gruppo 63, che arrivò alla
direzione della Rai e al Parlamento, era davvero "rivoluzionario" e
"dalla parte del proletariato"? Domando
Federico, nel 1963 Pasolini non scriveva sul Corsera ma sul
settimanale comunista VIE NUOVE
Stamattina sul mio diario Facebook ho registrato due commenti:
RispondiEliminaGaetano Altopiano:
Non si parla di Gaetano Testa
Francesco Virga:
Si parla solo dei soliti noti che partirono dicendo di voler fare la rivoluzione e finirono per fare i baroni nelle Università ed occupare posti di comando nella TV lottizzata già allora!