CARLO LEVI:
Sono passati molti anni, pieni di
guerra, e di quello
che si usa chiamare la Storia.
Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta,
lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so
davvero se e quando potrò mai
mantenerla. Ma, chiuso
in una stanza, e in un mondo
chiuso, mi è grato riandare
con la memoria a quell’altro mondo,
serrato nel dolore e
negli usi, negato alla Storia e
allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza,
dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la
sua immobile civiltà, su un suolo
arido, nella presenza
della morte.
– Noi non siamo cristiani, – essi
dicono, – Cristo si è
fermato a Eboli –. Cristiano vuol
dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante
volte ripetere, nelle loro bocche
non è forse nulla piú
che l’espressione di uno sconsolato
complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non
siamo considerati come uomini, ma
bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi,
che vivono la loro libera vita
diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani,
che sono di là dall’orizzonte, e
sopportarne il peso e il
confronto. Ma la frase ha un senso
molto piú profondo,
che, come sempre, nei modi
simbolici, è quello letterale.
Cristo si è davvero fermato a
Eboli, dove la strada e il
treno abbandonano la costa di
Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non
è
mai arrivato qui, né vi è arrivato
il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e
gli
effetti, la ragione e la Storia.
Cristo non è arrivato, come
non erano arrivati i romani, che
presidiavano le grandi
strade e non entravano fra i monti
e nelle foreste, né i
greci, che fiorivano sul mare di
Metaponto e di Sibari:
nessuno degli arditi uomini di
occidente ha portato
quaggiú il suo senso del tempo che
si muove,nè la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su
se stessa. Nessuno ha toccato
questa terra se non come
un conquistatore o un nemico o un
visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi
come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio
umano o divino si è rivolto a
questa povertà refrattaria.
Parliamo un diverso linguaggio: la
nostra lingua è qui incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là
dai confini del proprio mondo; e
hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male,
della moralità e della redenzione.
Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne
le porte nel tempo e sigillarle
nell’eternità. Ma in questa
terra oscura, senza peccato e senza
redenzione, dove il
male non è morale, ma è un dolore
terrestre, che sta per
sempre nelle cose, Cristo non è
disceso. Cristo si è fermato a Eboli
Nessun commento:
Posta un commento