In “Eredità dissipate” ho mostrato - contro
l’opinione ed i pregiudizi di tanti – i punti d’incontro e le somiglianze tra
le opere di Antonio Gramsci e quelle di Pier Paolo Pasolini, senza dimenticare
le differenze esistenti tra loro.
Stasera voglio rimarcare una delle principali differenze tra
i due grandi autori citando due loro brevi testi:
1) Antonio Gramsci:
“Tutta questa vita mi ha rinsaldato il
carattere. Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna
rimettersi tranquillamente all'opera, ricominciando dall'inizio. Mi ha convinto
che bisogna sempre contare solo su stessi e sulle proprie forze; non attendersi
niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di
fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria via. La mia
posizione morale è ottima. Io non voglio fare né il martire né l'eroe. Credo di
essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che
non le baratta per niente al mondo.”
(Da LETTERE
DAL CARCERE, Ed. L’UNITA’ 1988, p. 104)
2) Pier Paolo Pasolini:
"Bisogna esporsi (questo insegna
Il povero Cristo inchiodato?)
La chiarezza del cuore è degna
Di ogni scherno, di ogni peccato.
Di ogni più nuda passione
(questo vuol dire il Crocifisso?
Sacrificare ogni giorno il dono
Rinunciare ogni giorno al perdono
Sporgersi ingenui sull'abisso)."
Pier Paolo
Pasolini
Da "La
Crocifissione" in "L'usignolo della chiesa cattolica"(1958)
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