La Francia festeggia il centenario della nascita dello scrittore Albert Camus, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1957. Oltre a una grande mostra in svolgimento ad Aix-en-Provence, le Editions Gallimard pubblicano tre volumi di inediti da cui sono tratte le lettere che presentiamo.
Anais Ginori - Albert Camus, lettere agli amici
PARIGI. «Mio caro Camus, la nostra amicizia non fu facile, ma la rimpiangerò». È l'agosto 1952, Jean-Paul Sartre scrive al suo collega e un tempo amico dopo l'ennesimo "tradimento", la pubblicazione de L'uomo in rivolta. Una lettera appassionata ad Albert Camus: inedita, riemerge solo ora nel centenario della nascita di quest'ultimo. Dopo l'esordio affettuoso, Sartre denuncia «l'incompetenza filosofica» dell'autore, prima di affidare la stroncatura del libro sulla sua rivista Temps Modernes.
È una nuova testimonianza della forte relazione tra i due intellettuali francesi, protagonisti di una contrapposizione ideologica e filosofica che ha fatto epoca nel mondo culturale europeo, segnando la sinistra francese. Un documento prezioso perché esistono poche tracce del ricco carteggio intercorso tra Camus e Sartre. L'intellettuale franco-algerino aveva infatti bruciato tutta la corrispondenza con il filosofo esistenzialista dopo le numerose dispute sul marxismo, il totalitarismo, i crimini del comunismo. Era un'epoca, ormai remota, in cui si poteva rompere un legame umano importante solo per difendere un'idea, un principio.
Sartre si era interessato a Camus dopo l'uscita de Lo straniero, nel 1942. Il primo appuntamento era stato — quasi banale dirlo — al Café de Flore. I due pensatori si frequentano. Sartre propone al nuovo amico di partecipare alla sua nuova pièce, Huis clos. Ma qualcosa va storto.
È l'inizio dell'allontamento. In un altro, raro messaggio ritrovato di recente, Camus ringrazia lo stesso Sartre per la collaborazione teatrale, sebbene interrotta. «Le auguro, così come a Castor, di lavorare bene». "Castor" è il soprannome di Simone de Beauvoir. Anche questa lettera inedita fa parte, insieme ad altri cimeli, della mostra "Albert Camus de Tipasa à Lourmarin" a cura di Hervé e Eva Valentin, con la supervisione della figlia dello scrittore, Catherine Camus. Nelle teche allestite a Lourmarin, la città provenzale dov'è sepolto lo scrittore, sono stati esposti i manoscritti de La peste e Lo straniero, e la copia de La gaia scienza che Camus aveva ricevuto in Algeria nel 1933 dal suo amato insegnante di filosofia, Jean Grenier. Il testo di Nietzsche era sempre nella sua borsa, anche quasi trent'anni dopo a bordo della Facel-Vega con cui si schiantò il 4 gennaio 1960.
L'amico Camus era polemico, ovviamente in rivolta. Ma anche fedele e premuroso, come raccontano le corrispondenze con alcuni dei compagni di strada della sua breve ma intensa vita, che ora Gallimard ripubblica integralmente. Con lo scrittore bretone Louis Guilloux costruisce una relazione che durerà fino alla morte. Insieme andranno a Saint-Brieuc, sulla tomba del padre, Lucien Camus, e poi nei luoghi natali dell'Algeria. È a Guilloux che confessa alcune fragilità, insicurezze. «Ho finito La peste — scrive nel 1946 —. Ma mi sono fatto l'idea che sia un libro totalmente mancato, ho peccato d'ambizione e questo fallimento mi pesa. Lo tengo nel mio cassetto, come qualcosa di un po' schifoso».
Le lettere di Camus agli amici più cari disegnano una costellazione sentimentale al maschile, come dice la dedica a René Char definito «fratello di pianeta». Forte il debito di riconoscenza che traspare nei messaggi a André Malraux, colui che lo ha raccomandato a Gallimard nel 1940 e al quale, per ironia del destino, "scipperà" il Nobel. Un altro scrittore francese insignito del prestigioso riconoscimento, Roger Martin du Gard, diventa invece una figura quasi paterna per Camus. Lo accompagna nei suoi dilemmi, lo rassicura. Sarà dedicato a lui il famoso Discorso di Stoccolma
pronunciato nel 1957.
Con il poeta Francis Ponge, si lascia andare a riflessioni più umane. «In un mondo in cui ci sono così tante cose illusorie, ci si può appoggiare solo sugli uomini». Insieme discutono di politica. Ponge — cui Camus dà del lei — aderisce all'ideale marxista rivoluzionario. Una chiesa, una religione, secondo Camus. «Quel che è convinzione religiosa per un cattolico diventa convinzione politica nel suo caso. Non credo al mondo politico che lei spera. Dunque sono nel mezzo del cammino, meno felice di lei, armato solo della mia buona volontà e dal forte desiderio di non barare».
La rottura con Sartre riaffiora spesso nelle riflessioni sull'amicizia che è, secondo una citazione di André Gide, «nutrimento esistenziale». Non mancano le allusioni al filosofo che teorizza la violenza rivoluzionaria, «censore che si accomoda sempre nel senso della Storia». Il filosofo dedicherà a Camus un bellissimo testo su come le amicizie possano interrompersi, senza mai finire. «Avevamo avuto un disaccordo: ma un disaccordo non è nulla, solo un altro modo di vivere insieme. Non ho mai smesso di pensare a lui, di sentire il suo sguardo sulle pagine del libro, sul giornale che leggeva, e di pensare: Cosa ne dice? Cosa ne dice in questo momento?». Un'appassionata inimicizia tra due uomini in rivolta.
A Francis Ponge
30 AGOSTO 1943
(...) I miei rapporti profondi con i cattolici?
Diavolo! (Se così si può dire). Spero che non si tratti di un interrogatorio di ortodossia. In sintesi, ecco: ho amici cattolici, e provo simpatia per coloro che lo sono davvero. Sento che, in fondo, ci interessiamo alle stesse cose. Dal loro punto di vista, la soluzione è evidente Non lo è per me. Ma quel che ci interessa, a loro come a me, è l'essenziale. Non sono che la mia posizione sia definitiva È così che i miei amici cattolici pensano che mi avvicino a loro. In verità, è da qui che mi allontano
A Louis Guilloux
12 SETTEMBRE 1946
Mi sento colpevole, ma le cose non vanno bene per me. Sono tornato dall'America con l'unico desiderio di rimettermi al lavoro. Ho lasciato Parigi per la Loira e ho lavorato come un forzato per un mese In fin dei conti, ho finito. Ma mi sono fatto l'idea che sia un libro totalmente mancato, ho peccato d'ambizione e questo fallimento mi pesa Lo tengo nel mio cassetto, come qualcosa di un po' schifoso. (…)
A Roger Martin du Gard
20 NOVEMBRE 1957
Caro amico, era anche mia intenzione accettare, con il viaggio a Stoccolma, tutti gli obblighi previsti. Non sono particolarmente dotatoper questo tipo di cerimonie ma mi sembra che occorra tentare di giocare lealmente il gioco Del resto, il regista e l'attore che sono in me si divertiranno di uno spettacolo che, mi dicono, sia impressionante (...) Mi sento disorientato e stanco, e vorrei poter accogliere più generosamente questo "favore" del destino, di cui per ora sento solo il peso. Sono felice e fiero di essere suo contemporaneo
(Da: la Repubblica del 15 Settembre 2013)
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