16 ottobre 2013

FREUD, MUSSOLINI E HITLER




Un saggio, appena pubblicato da Adelphi, ricostruisce i rapporti fra il padre della psicoanalisi e Mussolini.

Dino Messina - Freud sperava in

 Mussolini contro Hitler


Alla fine di aprile 1933 Sigmund Freud ricevette nel suo studio viennese una visita dall’Italia. Era il suo allievo Edoardo Weiss, con il drammaturgo Giovacchino Forzano, noto per aver scritto con Benito Mussolini il dramma Campo di maggio , sui cento giorni di Napoleone, e la figlia dello scrittore, Concetta, per cui era stato chiesto un consulto. Un appuntamento di ordinaria amministrazione, se non fosse che tra Forzano e Freud avvenne uno scambio di libri. L’italiano regalò al grande medico una copia di Campo di maggio con la dedica «a Sigmund Freud che renderà migliore il mondo, con ammirazione e riconoscenza Benito Mussolini und G. Forzano».

Non si sa se il Duce sapesse di questa iniziativa del suo coautore, ma è certo che Freud ringraziò e inviò al capo del fascismo l’opuscolo che aveva scritto a quattro mani con Albert Einstein, Perché la guerra? Suona strana la scelta di donare un volume pacifista a un assertore della «violenza purificatrice», ma sembra stonata anche la dedica di Freud: «A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà».

Attorno a questo episodio Roberto Zapperi ha costruito l’interessante saggio Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista (Franco Angeli, pp. 140, € 18), che è la migliore risposta alle accuse contro Freud mosse da Michel Onfray nel suo Crepuscolo di un idolo (Ponte alle Grazie).

Freud, a differenza di quel che scrive il filosofo francese, non ebbe mai simpatie verso il fascismo. Allora perché una dedica così altisonante verso il capo di un regime che lo considerava alla stregua di un sovversivo, tanto che dal 1930 pendeva una sorta di mandato di cattura contro di lui? Freud aveva visitato molte volte Roma e amava l’archeologia. Ma il vero motivo dell’elogio sta nelle speranze che il grande viennese riponeva nella politica di Mussolini verso l’Austria. Considerava l’Italia fascista un baluardo contro l’annessione da parte della Germania, che poi avvenne nel 1938. Quel che temeva più di ogni altra cosa Freud era l’antisemitismo dei nazisti. E negli anni precedenti all’esilio prendeva in considerazione con realismo ogni pur debole alternativa.


(Da: Il Corriere della sera del 13 ottobre 2013)

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