01 ottobre 2013

STA PER USCIRE IL 4 NUMERO DI NUOVA BUSAMBRA





Ecco la copertina e l'indice del 4° numero di nuova busambra. Come potete vedere la parte monografica del Quaderno è dedicata soprattutto  al  nostro caro bosco di Ficuzza. Ma, come sempre, diamo lo spazio che si deve sia alla poesia che alla storia.

Di seguito potete leggere l'introduzione  alla sezione monografica:



Il sistema delle aree protette in Sicilia
 Orazio Caldarella e Giovanni Giardina

Le aree protette non sono luoghi irraggiungibili. Alcune di esse si trovano ad un tiro di schioppo da casa nostra ed inspiegabilmente non le conosciamo. Non che questo sia necessario, ma talvolta varrebbe la pena di riflettere su come sarebbe il nostro territorio senza di esse.
La Sicilia, peraltro, vanta un elevato numero di aree protette (3 Parchi Naturali, 1 Parco Fluviale, circa 80 Riserve Naturali). Il sistema delle aree protette siciliane è un sistema ampiamente frammentato che consta di piccole e grandi superfici (271.005 ha, circa il 10,3 % della superficie regionale) che esprimono peculiari emergenze di tipo vegetale, animale, geologico e paesaggistico.
Alcuni autori sostengono che un così elevato numero di aree protette sia indice della scarsa inclinazione di un popolo a rispettare l’ambiente in cui vive. Si potrebbe anche dire, che dove maggiore è la necessità di proteggere un luogo, tanto più alto è il rischio reale di una sua possibile alterazione. D'altronde basta fare un giro per la Sicilia, dalla costa fino all’entroterra, per accorgersi di quanto siano rare (e oggi protette) le zone ad alta naturalità. Si tratta in molti casi di piccole aree solo in parte stravolte dalla pressione antropica. Tanto per intenderci, la Sicilia non presenta aree per così dire vergini. Solo le ripide pareti di qualche bastione roccioso come Rocca Busambra, difficilmente violabili dall’uomo e finanche dalle capre, presentano gli aspetti di vegetazione in assoluto meglio conservati dell’isola. Per il resto dominano le aree forestali, le aree agricole e pastorali, i sistemi urbani, le periferie ed i piccoli centri abitati talora immersi in un sistema diffuso di abitazioni che punteggiano la campagna in modo pressoché continuo.
Tuttavia, al di fuori di questa sorta di tessuto connettivo in parte agricolo ed in parte cementizio, qualcosa è sfuggito all’accanimento dell’uomo. Ciò è dipeso da motivazioni storiche oltre che dalle stesse caratteristiche ambientali di certe aree. In molti casi la bassa produttività delle terre o la scarsa disponibilità idrica non hanno favorito un utilizzo agro-pastorale, la presenza di morfologie impervie e l’affioramento di vasti sistemi rocciosi hanno interdetto la possibilità di realizzare infrastrutture e complessi abitativi, o ancora l’appartenenza al patrimonio nobiliare, reale o ecclesiastico nel tempo ha tenuto a distanza di sicurezza certi tipi di abuso o di speculazione.
Strano a dirsi ma proprio la caccia, pratica che molti dei lettori certamente aborrono, è stato uno dei fattori che ha contribuito alla protezione di vaste aree boschive. Per soddisfare l'insaziabile passione venatoria molti blasonati dei secoli scorsi mantenevano integre importanti quote dei loro possedimenti al solo fine di allevare selvaggina allo stato brado, prelevandola poi durante le battute di caccia.
Buona parte dello stesso Bosco di Ficuzza deve la sua esistenza a questo tipo di costume che ha i suoi emblemi nel Real Casino, nel Pulpito del Re e nella Peschiera sul Gorgo del Drago. Più in là, sui Monti di Trabia stessa sorte toccava ai boschi di Monte S. Onofrio, custoditi dai Marchesi Artale nel ‘700 e nell’’800. Nei pressi di Marineo, lungo il fianco settentrionale di Pizzo Parrino resiste ancora il bosco del Parco Vecchio, frequentato per gli stessi motivi fin da Federico II di Svevia.
Oggi, per fortuna, la conservazione della natura è ben altra cosa. La stessa Carta Costituzionale Italiana (art. 9) sancisce che La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Certamente nel tempo si è andata diffondendo una maggiore sensibilità ed una più alta considerazione dell’ambiente in cui viviamo. Nell’ultimo trentennio la Sicilia si è allineata agli standard nazionali ed internazionali definendo un sistema di aree protette tra i più interessanti dell’intero bacino del mediterraneo. Ciò, anche sulla base di alcune norme che dal 1977 consentono alle regioni di legiferare in materia di salvaguardia della natura, compresa anche la possibilità di istituire aree protette. Prima di questa data si può affermare che la tutela dell’ambiente a livello nazionale e regionale era regolamentata da leggi risalenti addirittura agli anni 30 del secolo scorso. Più che altro si trattava di vincoli panoramico-paesaggistici poi aggiornati in tempi recenti (D.L. 490/2000) per essere adeguati alle mutate esigenze conservazionistiche.
Con la legge 98 del 1981, la Sicilia si dota finalmente di una sua legge regionale, ed istituisce alcune Riserve Naturali (tra cui la R.N.O. dello Zingaro, considerata la conquista dell’ambientalismo siciliano) e i tre grandi Parchi Regionali: il Parco del’Etna, il Parco dei Nebrodi e il Parco delle Madonie. L'art. 1 di questa legge epocale recita “...la Regione istituisce, nell’ambito di una politica diretta al riequilibrio territoriale, Parchi e Riserve naturali, per concorrere, nel rispetto dell’interesse nazionale e delle convenzioni e degli accordi internazionali, alla salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del paesaggio e dell’ambiente naturale, per consentire migliori condizioni di abitabilità nell’ambito dello sviluppo dell’economia e di un corretto assetto dei territori interessati, per la ricreazione e la cultura dei cittadini e l’uso sociale e pubblico dei beni stessi nonché per scopi scientifici…”.
Da questo momento in poi, anche in Sicilia, le problematiche ambientali, in particolare quelle relative alle aree protette, cominciano ad essere percepite con maggiore attenzione dall’opinione pubblica che intuisce il grande ruolo della natura nella crescita e nell'affermazione di nuovi stili di vita. Con questa rinnovata cultura collettiva dell’ambiente si rafforza la convinzione che dopo vari decenni sono cambiate le esigenze di protezione e le finalità di gestione del territorio. Questo, infatti, è il substrato su cui evolve ogni tipo di società, la quale, nel nome della modernizzazione, non può più trascurare la conservazione dei beni naturalistici e le risorse ambientali.
Successivamente, nel 1991 lo Stato Italiano promulga la legge 394 sulle aree protette. Questo provvedimento legislativo ha certamente rappresentato uno strumento strategico per la disciplina giuridica dei Parchi e delle Riserve nel nostro paese. Nel pieno rispetto della Costituzione e degli accordi internazionali al fine di tutelare l’ambiente e programmare la pianificazione territoriale, questa legge “…detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale”.
A livello regionale, la legge del 1981 “Istituzione nella Regione siciliana di Parchi e riserve naturali” e le modifiche ed integrazioni intervenute più tardi nel 1988 “Norme per l’istituzione nella Regione Siciliana di parchi e riserve naturali”, hanno fissato i criteri per l'istituzione delle aree protette ricadenti nel territorio siciliano. Sulla base di questi due riferimenti legislativi sono poi stati emessi i vari Decreti da parte dell'Assessore Regionale al Territorio ed all'Ambiente, con i quali sono state istituite tutte le riserve naturali compresa la Riserva Naturale Orientata di “Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago” (D.A. n. 365/44 del 26 luglio 2000) che, con i suoi quasi 7.400 ettari, rappresenta la più estesa riserva naturale della Sicilia.
Per la sua estensione, l'escursione altitudinale, la diversità ambientale, ma sopratutto per la sua centralità essa si configura come un'importante area di raccordo tra le tutte le aree protette ricadenti in questo settore collinare-montano dell'entroterra palermitano. Tra queste le R.N.O. delle “Serre di Ciminna” e dei “Bagni di Cefalà Diana e Chiarastella” (entrambe istituite nel 1997), le “Serre della Pizzuta” (1998), quella di “Monte Cane, Pizzo Trigna e Grotta Mazzamuto” (2000), e più a sud l'insieme delle riserve naturali che al più presto, si spera, saranno inglobate all'interno dell'istituendo Parco dei Sicani.
A questo sistema di aree protette, ormai consolidato, si è sovrapposto un ulteriore scenario conservazionistico di ispirazione europea, denominato Rete Natura 2000 e sorretto da due importanti Direttive comunitarie. La rete è costituita dall’insieme delle ZPS (Zone di Protezione Speciale), individuate sulla base della cosiddetta Direttiva “Uccelli” (79/409/CEE) e dei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) individuati sulla base della cosiddetta Direttiva “Habitat” (92/43/CEE). Si tratta di siti attualmente proposti alla Commissione Europea e che, al termine dell’iter istitutivo saranno designati come ZSC (Zone Speciali di Conservazione). L’obiettivo di questi due fondamentali strumenti normativi comunitari è quello di creare una rete ecologica europea di zone di tutela - denominata appunto “Natura 2000” - per proteggere gli habitat e le specie animali e vegetali più tipiche, rare e a rischio di scomparsa nell’Unione Europea.
In questo quadro normativo così ampio si innesta poi la vita di tutti giorni: i problemi di gestione, le attese dei cittadini, le ipotesi di sviluppo, la conservazione delle natura ed un caleidoscopio di piccole e grandi questioni che gravitano attorno al mondo delle aree protette.
Senza dubbio negli ultimi decenni sono stati fatti dei considerevoli passi in avanti nella gestione del territorio, anche se non tutto è andato sempre liscio. Il primo grande ostacolo da affrontare nel corso delle fasi preliminari all’istituzione delle aree protette è stato l’atteggiamento poco costruttivo e disponibile di alcune amministrazioni comunali che vedevano vaste superfici dei lori territori incluse all’interno di aree sulle quali non avrebbero più avuto il controllo esclusivo. Ciò ha creato non poche tensioni durante le operazioni di perimetrazione e di avviamento di alcune aree protette. A questo si è aggiunta una mal celata diffidenza, endemica dei siciliani, verso qualsiasi nuova formula di gestione territoriale specie se accompagnata da qualche nuovo regolamento da osservare.
Soprattutto all’inizio le restrizioni alla caccia, all’edilizia, al pascolo sono state vissute dalle popolazioni locali come una snervante imposizione. Un cambiamento forzato alle quotidiane consuetudini di uso del territorio, fatto passare come un insopportabile obbligo,  da chi aveva interessi a fermare l’iter di istituzione delle aree protette. Solo successivamente, si è in parte compresa la portata ed il significato di tale trasformazione nella gestione del territorio, realizzando che dalla sua conservazione potevano emergere nuovi scenari di sviluppo, anche nelle aree più svantaggiate.
Dopo 30 anni di storia delle aree protette in Sicilia, molti restano ancora i nodi da sciogliere. Nonostante i risultati positivi ottenuti dai numerosi progetti di educazione ambientale realizzati nell’ultimo decennio e finalizzati a diffondere la cultura ed il rispetto delle risorse ambientali, basta visitare una qualsiasi riserva siciliana per comprendere quanto ancora c’è da fare.
Bracconaggio, spazzatura, taglio e prelevamento della vegetazione arborea, raccolta incontrollata di specie vegetali e micologiche eduli o di pregio decorativo, impianti di specie vegetali (Pino, Eucalipto, Robinia, ecc.) ed animali (Cinghiali e Daini) non autoctone, inadeguata comprensione della dinamica pascolo-conservazione delle risorse, incendi, atti di vandalismo, la pratica di sport su mezzi a motore, la scarsa cura e manutenzione di manufatti di valore storico-antropologico, il controllo del territorio non sempre capillare, politiche di indirizzo e di gestione non sempre coerenti con le esigenze del territorio e molte altre problematiche piccole e grandi, fanno delle nostre aree protette delle istituzioni ancora in rodaggio.
Ma se da più parti si è preso atto della necessità di restituire dignità ai beni ambientali, approfittando anche delle ricadute economiche sulle comunità locali, e pur vero che la fissazione di obiettivi a medio-lungo termine o la creazione di servizi ed infrastrutture durature non è mai stata una costante nell’amministrazione del territorio. Ciò ha creato la diffusa sensazione che la protezione dell’ambiente e l’uso virtuoso del territorio sia più un bisogno di facciata dell’amministrazione regionale che non un possibile traino per settori fondamentali della nostra economia come la zootecnia, l’agricoltura ed il turismo che purtroppo oggi vivono un’evidente sofferenza.
Ma c’è anche del buono. Una folta schiera di figure imprenditoriali, associazioni, piccole società del settore turistico e ricreativo, aziende agricole hanno intuito le opportunità di sviluppo che derivano da un sano investimento sul territorio. Se accanto ad esse si accostasse una politica seria di promozione, programmazione, ricerca scientifica e culturale le aree protette potrebbero anche costituire un argine all’esodo delle nuove generazioni verso mete che garantiscono una maggiore occupazione.
Questa parte monografica, dedicata in gran parte alla Riserva Naturale di Rocca Busambra e Bosco Ficuzza, presta attenzione proprio alle esperienze, alle istanze ed alle aspettative di coloro che abitualmente vivono le Riserve naturali, ognuno secondo le proprie passioni, capacità e necessità.



 

2 commenti:

  1. Caro Franco, ti ringrazio moltissimo per le tue belle parole e per aver voluto pubblicare quel mio scritto!!! E' un piacere ed un onore per me contribuire alla vostra storica rivista, che sta nelle mie corde culturalmente e politicamente! Naturalmente, informerò Miguel Angel in tempo reale, come usa dire!
    Giovanni Miraglia

    Un forte abbraccio
    Giovanni

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  2. Caro Francesco,

    ti ringrazio moltissimo per le tue belle parole e per aver voluto pubblicare quel mio scritto!!! E' un piacere ed un onore per me contribuire a quella vostra storica rivista, che sta nelle mie corde culturalmente e politicamente! Naturalmente, informerò Miguel Angel in tempo reale, come usa dire!

    Un forte abbraccio
    Giovanni

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