Ecco la copertina e l'indice del 4° numero di nuova busambra. Come potete vedere la parte monografica del Quaderno è dedicata soprattutto al nostro caro bosco di Ficuzza. Ma, come sempre, diamo lo spazio che si deve sia alla poesia che alla storia.
Di seguito potete leggere l'introduzione alla sezione monografica:
Il sistema delle aree protette
in Sicilia
Orazio Caldarella e Giovanni
Giardina
Le aree protette non sono luoghi
irraggiungibili. Alcune di esse si trovano ad un tiro di schioppo da casa
nostra ed inspiegabilmente non le conosciamo. Non che questo sia necessario, ma
talvolta varrebbe la pena di riflettere su come sarebbe il nostro territorio
senza di esse.
La Sicilia, peraltro, vanta un
elevato numero di aree protette (3 Parchi Naturali, 1 Parco Fluviale, circa 80
Riserve Naturali). Il sistema delle aree protette siciliane è un sistema
ampiamente frammentato che consta di piccole e grandi superfici (271.005 ha,
circa il 10,3 % della superficie regionale) che esprimono peculiari emergenze
di tipo vegetale, animale, geologico e paesaggistico.
Alcuni autori sostengono che un
così elevato numero di aree protette sia indice della scarsa inclinazione di un
popolo a rispettare l’ambiente in cui vive. Si potrebbe anche dire, che dove
maggiore è la necessità di proteggere un luogo, tanto più alto è il rischio reale
di una sua possibile alterazione. D'altronde basta fare un giro per la Sicilia,
dalla costa fino all’entroterra, per accorgersi di quanto siano rare (e oggi
protette) le zone ad alta naturalità. Si tratta in molti casi di piccole aree
solo in parte stravolte dalla pressione antropica. Tanto per intenderci, la
Sicilia non presenta aree per così dire vergini. Solo le ripide pareti di
qualche bastione roccioso come Rocca Busambra, difficilmente violabili
dall’uomo e finanche dalle capre, presentano gli aspetti di vegetazione in
assoluto meglio conservati dell’isola. Per il resto dominano le aree forestali,
le aree agricole e pastorali, i sistemi urbani, le periferie ed i piccoli
centri abitati talora immersi in un sistema diffuso di abitazioni che
punteggiano la campagna in modo pressoché continuo.
Tuttavia, al di fuori di questa
sorta di tessuto connettivo in parte agricolo ed in parte cementizio, qualcosa
è sfuggito all’accanimento dell’uomo. Ciò è dipeso da motivazioni storiche
oltre che dalle stesse caratteristiche ambientali di certe aree. In molti casi
la bassa produttività delle terre o la scarsa disponibilità idrica non hanno
favorito un utilizzo agro-pastorale, la presenza di morfologie impervie e
l’affioramento di vasti sistemi rocciosi hanno interdetto la possibilità di
realizzare infrastrutture e complessi abitativi, o ancora l’appartenenza al
patrimonio nobiliare, reale o ecclesiastico nel tempo ha tenuto a distanza di
sicurezza certi tipi di abuso o di speculazione.
Strano a dirsi ma proprio la caccia,
pratica che molti dei lettori certamente aborrono, è stato uno dei fattori che
ha contribuito alla protezione di vaste aree boschive. Per soddisfare
l'insaziabile passione venatoria molti blasonati dei secoli scorsi mantenevano
integre importanti quote dei loro possedimenti al solo fine di allevare
selvaggina allo stato brado, prelevandola poi durante le battute di caccia.
Buona parte dello stesso Bosco di
Ficuzza deve la sua esistenza a questo tipo di costume che ha i suoi emblemi
nel Real Casino, nel Pulpito del Re e nella Peschiera sul Gorgo del Drago. Più
in là, sui Monti di Trabia stessa sorte toccava ai boschi di Monte S. Onofrio,
custoditi dai Marchesi Artale nel ‘700 e nell’’800. Nei pressi di Marineo, lungo
il fianco settentrionale di Pizzo Parrino resiste ancora il bosco del Parco
Vecchio, frequentato per gli stessi motivi fin da Federico II di Svevia.
Oggi, per fortuna, la conservazione
della natura è ben altra cosa. La stessa Carta Costituzionale Italiana (art. 9) sancisce che “La
Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Certamente nel tempo si è andata
diffondendo una maggiore sensibilità ed una più alta considerazione dell’ambiente
in cui viviamo. Nell’ultimo trentennio la Sicilia si è allineata agli standard
nazionali ed internazionali definendo un sistema di aree protette tra i più
interessanti dell’intero bacino del mediterraneo. Ciò, anche sulla base di alcune
norme che dal 1977 consentono alle regioni di legiferare in materia di
salvaguardia della natura, compresa anche la possibilità di istituire aree
protette. Prima di questa data si può affermare che la tutela dell’ambiente a
livello nazionale e regionale era regolamentata da leggi risalenti addirittura
agli anni 30 del secolo scorso. Più che altro si trattava di vincoli panoramico-paesaggistici
poi aggiornati in tempi recenti (D.L. 490/2000) per essere adeguati alle mutate
esigenze conservazionistiche.
Con
la legge 98 del 1981, la Sicilia
si dota finalmente di una sua legge
regionale, ed istituisce alcune Riserve Naturali (tra cui la R.N.O.
dello Zingaro, considerata la conquista dell’ambientalismo siciliano) e i tre
grandi Parchi Regionali: il Parco del’Etna, il Parco dei Nebrodi e il Parco
delle Madonie. L'art. 1 di questa legge epocale recita “...la Regione istituisce, nell’ambito di una politica
diretta al riequilibrio territoriale, Parchi e Riserve naturali, per
concorrere, nel rispetto dell’interesse nazionale e delle convenzioni e degli
accordi internazionali, alla salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del
paesaggio e dell’ambiente naturale, per consentire migliori condizioni di
abitabilità nell’ambito dello sviluppo dell’economia e di un corretto assetto
dei territori interessati, per la ricreazione e la cultura dei cittadini e
l’uso sociale e pubblico dei beni stessi nonché per scopi scientifici…”.
Da questo momento in poi, anche in
Sicilia, le problematiche ambientali, in particolare quelle relative alle aree
protette, cominciano ad essere percepite con maggiore attenzione dall’opinione
pubblica che intuisce il grande ruolo della natura nella crescita e
nell'affermazione di nuovi stili di vita. Con questa rinnovata cultura
collettiva dell’ambiente si rafforza la convinzione che dopo vari decenni sono
cambiate le esigenze di protezione e le finalità di gestione del territorio.
Questo, infatti, è il substrato su cui evolve ogni tipo di società, la quale,
nel nome della modernizzazione, non può più trascurare la conservazione dei
beni naturalistici e le risorse ambientali.
Successivamente, nel 1991 lo Stato Italiano promulga la legge 394 sulle aree protette. Questo
provvedimento legislativo ha certamente rappresentato uno strumento strategico
per la disciplina giuridica dei Parchi e delle Riserve nel nostro paese. Nel
pieno rispetto della Costituzione e degli accordi internazionali al fine di
tutelare l’ambiente e programmare la pianificazione territoriale, questa legge “…detta principi fondamentali per
l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire
e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del
patrimonio naturale”.
A livello regionale, la legge del 1981
“Istituzione nella Regione siciliana di Parchi e riserve naturali” e le
modifiche ed integrazioni intervenute più tardi nel 1988 “Norme per
l’istituzione nella Regione Siciliana di parchi e riserve naturali”, hanno fissato
i criteri per l'istituzione delle aree protette ricadenti nel territorio
siciliano. Sulla base di questi due riferimenti legislativi sono poi stati
emessi i vari Decreti da parte dell'Assessore Regionale al Territorio ed
all'Ambiente, con i quali sono state istituite tutte le riserve naturali
compresa la Riserva Naturale Orientata di “Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra,
Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago” (D.A. n. 365/44 del 26 luglio 2000)
che, con i suoi quasi 7.400 ettari, rappresenta la più estesa riserva naturale
della Sicilia.
Per la sua estensione, l'escursione
altitudinale, la diversità ambientale, ma sopratutto per la sua centralità essa
si configura come un'importante area di raccordo tra le tutte le aree protette
ricadenti in questo settore collinare-montano dell'entroterra palermitano. Tra
queste le R.N.O. delle “Serre di Ciminna” e dei “Bagni di Cefalà Diana e
Chiarastella” (entrambe istituite nel 1997), le “Serre della Pizzuta” (1998), quella
di “Monte Cane, Pizzo Trigna e Grotta Mazzamuto” (2000), e più a sud l'insieme
delle riserve naturali che al più presto, si spera, saranno inglobate
all'interno dell'istituendo Parco dei Sicani.
A questo sistema di aree protette,
ormai consolidato, si è sovrapposto un ulteriore scenario conservazionistico di
ispirazione europea, denominato Rete Natura 2000 e sorretto da due importanti Direttive comunitarie.
La rete è costituita dall’insieme delle ZPS (Zone di Protezione Speciale),
individuate sulla base della cosiddetta Direttiva “Uccelli” (79/409/CEE) e dei
SIC (Siti di Importanza Comunitaria) individuati sulla base della cosiddetta Direttiva
“Habitat” (92/43/CEE). Si tratta di siti attualmente proposti alla Commissione
Europea e che, al termine dell’iter istitutivo saranno designati come ZSC (Zone
Speciali di Conservazione). L’obiettivo di questi due fondamentali strumenti
normativi comunitari è quello di creare una rete ecologica europea di zone di
tutela - denominata appunto “Natura 2000”
- per proteggere gli habitat e le specie animali e vegetali più tipiche, rare e
a rischio di scomparsa nell’Unione Europea.
In questo quadro normativo così
ampio si innesta poi la vita di tutti giorni: i problemi di gestione, le attese
dei cittadini, le ipotesi di sviluppo, la conservazione delle natura ed un
caleidoscopio di piccole e grandi questioni che gravitano attorno al mondo
delle aree protette.
Senza dubbio negli ultimi decenni
sono stati fatti dei considerevoli passi in avanti nella gestione del
territorio, anche se non tutto è andato sempre liscio. Il primo grande ostacolo
da affrontare nel corso delle fasi preliminari all’istituzione delle aree
protette è stato l’atteggiamento poco costruttivo e disponibile di alcune
amministrazioni comunali che vedevano vaste superfici dei lori territori
incluse all’interno di aree sulle quali non avrebbero più avuto il controllo
esclusivo. Ciò ha creato non poche tensioni durante le operazioni di
perimetrazione e di avviamento di alcune aree protette. A questo si è aggiunta
una mal celata diffidenza, endemica dei siciliani, verso qualsiasi nuova
formula di gestione territoriale specie se accompagnata da qualche nuovo
regolamento da osservare.
Soprattutto all’inizio le
restrizioni alla caccia, all’edilizia, al pascolo sono state vissute dalle
popolazioni locali come una snervante imposizione. Un cambiamento forzato alle
quotidiane consuetudini di uso del territorio, fatto passare come un
insopportabile obbligo, da chi aveva
interessi a fermare l’iter di istituzione delle aree protette. Solo
successivamente, si è in parte compresa la portata ed il significato di tale
trasformazione nella gestione del territorio, realizzando che dalla sua conservazione
potevano emergere nuovi scenari di sviluppo, anche nelle aree più svantaggiate.
Dopo 30 anni di storia delle aree
protette in Sicilia, molti restano ancora i nodi da sciogliere. Nonostante i
risultati positivi ottenuti dai numerosi progetti di educazione ambientale
realizzati nell’ultimo decennio e finalizzati a diffondere la cultura ed il
rispetto delle risorse ambientali, basta visitare una qualsiasi riserva siciliana
per comprendere quanto ancora c’è da fare.
Bracconaggio, spazzatura, taglio e
prelevamento della vegetazione arborea, raccolta incontrollata di specie vegetali
e micologiche eduli o di pregio decorativo, impianti di specie vegetali (Pino,
Eucalipto, Robinia, ecc.) ed animali (Cinghiali e Daini) non autoctone,
inadeguata comprensione della dinamica pascolo-conservazione delle risorse, incendi,
atti di vandalismo, la pratica di sport su mezzi a motore, la scarsa cura e
manutenzione di manufatti di valore storico-antropologico, il controllo del
territorio non sempre capillare, politiche di indirizzo e di gestione non
sempre coerenti con le esigenze del territorio e molte altre problematiche
piccole e grandi, fanno delle nostre aree protette delle istituzioni ancora in
rodaggio.
Ma se da più parti si è preso atto
della necessità di restituire dignità ai beni ambientali, approfittando anche
delle ricadute economiche sulle comunità locali, e pur vero che la fissazione
di obiettivi a medio-lungo termine o la creazione di servizi ed infrastrutture
durature non è mai stata una costante nell’amministrazione del territorio. Ciò
ha creato la diffusa sensazione che la protezione dell’ambiente e l’uso
virtuoso del territorio sia più un bisogno di facciata dell’amministrazione
regionale che non un possibile traino per settori fondamentali della nostra
economia come la zootecnia, l’agricoltura ed il turismo che purtroppo oggi
vivono un’evidente sofferenza.
Ma c’è anche del buono. Una folta
schiera di figure imprenditoriali, associazioni, piccole società del settore turistico
e ricreativo, aziende agricole hanno intuito le opportunità di sviluppo che
derivano da un sano investimento sul territorio. Se accanto ad esse si
accostasse una politica seria di promozione, programmazione, ricerca
scientifica e culturale le aree protette potrebbero anche costituire un argine
all’esodo delle nuove generazioni verso mete che garantiscono una maggiore
occupazione.
Questa parte monografica, dedicata
in gran parte alla Riserva Naturale di Rocca Busambra e Bosco Ficuzza, presta
attenzione proprio alle esperienze, alle istanze ed alle aspettative di coloro
che abitualmente vivono le Riserve naturali, ognuno secondo le proprie
passioni, capacità e necessità.
Caro Franco, ti ringrazio moltissimo per le tue belle parole e per aver voluto pubblicare quel mio scritto!!! E' un piacere ed un onore per me contribuire alla vostra storica rivista, che sta nelle mie corde culturalmente e politicamente! Naturalmente, informerò Miguel Angel in tempo reale, come usa dire!
RispondiEliminaGiovanni Miraglia
Un forte abbraccio
Giovanni
Caro Francesco,
RispondiEliminati ringrazio moltissimo per le tue belle parole e per aver voluto pubblicare quel mio scritto!!! E' un piacere ed un onore per me contribuire a quella vostra storica rivista, che sta nelle mie corde culturalmente e politicamente! Naturalmente, informerò Miguel Angel in tempo reale, come usa dire!
Un forte abbraccio
Giovanni