Fare storia significa
attribuire senso, dare forma al passato. Non è un'operazione neutra.
E' la tesi di Huizinga: «Se la storia, come attività dello spirito,
è un ‘dar forma’, allora possiamo dire che, come prodotto, essa
è una forma e ogni civiltà ricrea quella forma, secondo lo stile
che le è proprio».
Alberto Olivetti
Arte e storia secondo
Johan Huizinga
Il 4 novembre del 1905
Johan Huizinga, chiamato sulla cattedra di Storia nell’Università
di Gröningen, tenne una prolusione scegliendo di trattare de
L’elemento estetico delle rappresentazioni storiche. Un argomento
che esplicitamente suonava polemico nei riguardi della cultura e
della storiografia improntate al diffuso positivismo di allora.
Huizinga faceva notare che «già dal momento in cui si forma la
prima rappresentazione storica, la prima immagine storica, entra in
gioco l’elemento comune a ricerca storica e arte».
Rappresentazione e immagine storica.
Dunque rappresentare il
passato non è descrivere; o integralmente ricostruire i fatti; o
fornire una loro ordinata registrazione. Rappresentare (raffigurare)
fatti equivale ad operare una scelta capace di mostrare i rapporti
che li istituirono e quali relazioni selezionate racchiusero con il
proposito di conoscere – dell’accaduto (dei fatti) – il senso.
Rappresentare secondo una modalità propriamente storica, dice
Huizinga, è «afferrare il significato e il rapporto tra i fatti»
istituendo nessi capaci di “far sorgere davanti agli occhi del
lettore un complesso chiaro di rappresentazioni, in altre parole
un’immagine”. Oltre due decenni dopo, il 17 luglio 1929 ad
Amsterdam, nel corso di una seduta della Sezione Storico-letteraria
della Reale Accademia delle Scienze, Huizinga lesse il breve, assai
denso saggio Per una definizione del concetto di storia.
Riprendeva e precisava i
suoi convincimenti relativi alla ‘storia come fenomeno culturale’,
ribadendo che «la storia è sempre un dar forma al passato», posto
che il passato non è mai dato. E che l’esigenza di dare forma al
passato si impone quale primaria istanza di civiltà. Argomenta
Huizinga: «L’atteggiamento che la storia assume nei confronti del
passato può ben dirsi un rendersi conto», essa ottiene la
cosapevolezza che è essenziale a configurare una civiltà, ovvero
«quella ideale cooperazione di vita sociale e di attività creativa
dello spirito, grazie alla quale gruppi umani, determinati nello
spazio e nel tempo, ci appaiono come unità nella vita storica
dell’umanità». Se il senso d’una civiltà risiede nella
correlativa forma di storia, se consiste nel suo proprio e peculiare
rendersi conto, ovvero si fonda sulla consapevolezza che essa di sé
medesima ricrea nel suo passato e che dal suo passato ricava, allora,
puntualizza Huizinga, «ogni civiltà produce una sua propria forma
di storia».
È essenziale dare una
forma del passato secondo un intendimento, in vista della
formulazione d’una identità riconoscibile da affermare poiché,
chiarisce Huizinga «civiltà ha un senso unicamente come processo di
conformazione a uno scopo, è un concetto teleologico, così come
‘storia’ è una conoscenza finalistica per eccellenza». Il
passato che ciascuna civiltà riconosce per suo è, allora, il
risultato di una rappresentazione realizzata in ‘immagine
comprensibile’.
La storia, dunque, viene
a determinarsi come una ‘forma dello spirito’. Essa manifesta i
caratteri inerenti a ciascuna civiltà fino a costituirsi secondo
l’universalità che promana e si attesta sul ‘particolare’
distintivo di ognuna. Su questo presupposto Huizinga può parlare di
«pluralità di forme di storia». Infatti, spiega, «ogni civiltà,
e ogni cerchia culturale, deve ritenere per vera la sua storia, e lo
può fare, purchè la costruisca secondo le esigenze critiche che la
sua coscienza culturale le detta».
E riassume, infine,
Huizinga la sua riflessione in una definizione: «la storia è la
forma dello spirito in cui una civiltà si rende conto del suo
passato». Una formula che, dice «qualcuno troverà troppo semplice,
troppo ovvia», mentre egli ritiene che con essa, tra l’altro, «si
evita l’irrilevante questione dei rapporti tra arte e storia».
Irrilevante perché non ha rilievo, accertato «l’elemento comune a
ricerca storica e arte», equiparate, arte e storia, alla stregua dei
presupposti formali degli assunti, delle accertate concomitanze,
delle procedure consimili, delle resultanze: «Se la storia, come
attività dello spirito, è un ‘dar forma’, allora possiamo dire
che, come prodotto, essa è una forma e ogni civiltà ricrea quella
forma, secondo lo stile che le è proprio», sostiene Huizinga.
Il manifesto – 7
dicembre 2018
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