Je suis l’autre. Giacometti,
Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento
La mostra Je suis
l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella
scultura del Novecento, allestita nelle Grandi Aule delle Terme
di Diocleziano, raccoglie ottanta opere, tra sculture di grandi
maestri del Novecento e capolavori di arte etnica.
Un’arte rivelatrice
di tensioni e bisogni profondi dell’individuo,
in grado di entrare senza paura nel mondo del mito e nella sfera
dell’utopia, anche quella politica, e di affermare che la fedeltà
all’apparenza non poteva essere più considerata a priori la misura
dell’arte.
La Mostra resterà aperta
fino al 20 gennaio 2019. Proponiamo una pagina dell'introduzione al
catalogo (Electa edizioni).
Francesco Paolo Campione
Introduzione
A partire dalla metà
dell’Ottocento, e poi ininterrottamente per oltre un secolo –
complici prima di tutto le politiche coloniali – l’irruzione
sulla scena mondiale delle culture non-occidentali produsse nel campo
delle arti visive una vera e propria rivoluzione: si estese
l’universo delle fonti per gli artisti – generi, forme,
decorazioni – ed emerse e crebbe il desiderio di oltrepassare
visioni e schemi che il realismo europeo aveva ereditato da almeno
quattro secoli di riflessione estetica.
Ai primi del Novecento,
nell’ambiente sempre più cosmopolita delle grandi città
dell’Europa centrale, un vero e proprio “incontro fatale” si
trasformò in un duraturo innamoramento che, nonostante l’egemonia
del modello sancito dal pensiero occidentale, e lungi dal creare una
frattura creativa, generò una feconda apertura culturale e la prima
vera convergenza del mondo nell’arte.
Sollecitata dalla
formidabile pluralità delle nuove fonti, la grammatica degli artisti
si poté adattare a un’infinità di linguaggi che sorgevano da
riflessioni e sperimentazioni avviate a liberarsi definitivamente dai
condizionamenti ideologici e formali del passato. Determinanti
furono, in tal senso, le arti orientali e le arti etniche e popolari,
le quali – in assenza di definizioni consolidate – furono
variamente definite come “arcaiche”, “esotiche”, “coloniali”,
“naturali”, “negre”, “selvagge”, “primordiali”,
“tribali” e “primitive”, riprendendo e spesso
risemantizzando, senza una vera uniformità, concetti che
appartenevano alla storia della cultura occidentale.
Considerate nel loro
insieme, tali arti configurarono un vasto “armamentario
primitivista” che ben presto comprese anche le pitture rupestri dei
cacciatori paleolitici, le statuette cicladiche, le sculture
medievali, le icone e – non ultime – l’arte infantile e quella
che col tempo prenderà il nome di art brut. Si trattava, peraltro,
della faccia di una medaglia su cui erano incise, dall’altra parte,
le emozioni provocate dal pensiero di paesi lontani e gli apporti
figurativi che erano entrati a far parte delle espressioni artistiche
e letterarie della cultura occidentale.
(...)
Guardando le cose da
un’ottica strumentale, l’“armamentario primitivista”, oltre
che un formidabile corredo d’ispirazioni di ogni genere, fornì le
chiavi per aprire le porte di una poetica che oltrepassava
decisamente i confini della realtà e della natura. Per questo molti
artisti divennero assidui frequentatori dei musei di etnologia e
appassionati collezionisti di arte etnica, stringendo durature
relazioni di collaborazione con i curatori e i direttori delle
maggiori raccolte europee e americane e con una sempre più estesa
rete di mercanti e di conoscitori.
(...)
In tal senso l’“armamentario
primitivista” operò innanzitutto come un “catalizzatore” che
accentrò, accelerò e dinamizzò un processo di reazione artistica,
senza però esserne modificato nella sostanza.
Fra l’artista e le
opere d’arte che trascendevano la tradizione dell’Occidente,
offrendo un emotivo e poderoso strumento di sintesi e di astrazione,
fu coltivato un dialogo, in gran parte segreto, dal quale doveva
promanare una speciale energia e una bellezza particolare, di cui
ancora oggi rimane traccia, fra l’altro, nelle foto in bianco e
nero delle case e degli atelier di molti pittori e scultori del
Novecento.
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