La statua di Seneca a Cordova
I beni culturali come beni comuni
Massimo Bray
“La folle avidità
degli uomini divide tutte le cose in possessi e in proprietà
esclusive, e pensa che ciò che è un bene comune non sia anche di
ciascuno. Ma il saggio niente considera maggiormente suo che quel
bene di cui ha in comune la proprietà col genere umano”: con
queste parole quasi duemila anni fa Seneca dichiarava, in una delle Epistole a Lucilio, la propria fede nell'importanza dei beni comuni.
E tali vanno considerati innanzitutto i beni culturali, che sono il
canale attraverso il quale resta vivo e vitale il nostro rapporto con
quel passato che, nella bella immagine di Platone, “è come una
divinità che quando è presente tra gli uomini salva tutto ciò che
esiste”.
Negli ultimi anni i beni
culturali, così come la cultura in generale, sono stati fatti
oggetto in Italia di un duplice attacco: da una parte,
l'indiscriminata (e poco lungimirante) riduzione dei finanziamenti;
dall'altra, la delegittimazione sul piano politico-ideologico, basata
sul luogo comune secondo il quale, soprattutto in tempi di crisi,
litterae non dant panem. È importante comprendere invece che
è proprio la cultura la risorsa sulla quale l'Italia può e deve
maggiormente contare per raggiungere gli obiettivi più urgenti:
uscire dalla crisi, rilanciare l'economia e l'occupazione,
riaffermare il ruolo del paese in un contesto internazionale. Tolstoj
assegnava all'arte il compito di educare il popolo al bene comune, a
quei valori di fraternità che avrebbero consentito di realizzare la
convivenza pacifica tra le persone non sotto la minaccia dei
tribunali, bensì come libera adesione, come sentimento divenuto
abituale e istintivo in ciascun individuo; e a questo anelito utopico
credo si possa ancora guardare come a una fonte di ispirazione per le
scelte individuali e collettive: l'arte, la cultura, il patrimonio
artistico e architettonico, così come quello paesaggistico e
ambientale, possono svolgere una funzione fondamentale di
ricostruzione della coesione sociale e del senso di appartenenza alla
comunità; ma affinché ciò sia possibile il primo passo deve essere
il recupero dell'idea dei beni culturali - e così della scuola,
dell'università, delle istituzioni di ricerca - come beni pubblici,
che lo stato deve farsi carico di tutelare e valorizzare in prima
persona, nell'interesse della collettività e in vista del progresso
culturale e civile del paese: nel rispetto (come mostra un altro dei
libri recensiti in queste pagine, Costituzione incompiuta) delle
direttive ideali consegnateci dai padri costituenti nella carta
fondativa della nostra democrazia.
L'Indice, ottobre 2013
Nessun commento:
Posta un commento