19 aprile 2022

AMERICANI E RUSSI NON VOGLIONO LA PACE

 



Andiamo verso l’escalation bellica

Rafael Poch
19 Aprile 2022

Certo non possiamo arrenderci al disastro bellico planetario, ma il quadro che si va componendo lascia intendere che le ambizioni “imperiali” delle grandi potenze mondiali possano spingersi, più o meno rapidamente, fino al più nefasto degli scenari. L’analisi di Rafael Poch, giornalista di Barcellona molto esperto di politica moscovita così come del quadro geopolitico internazionale, è piuttosto chiara. A poco più di un mese dall’inizio dell’invasione russa, la trattativa è completamente scomparsa dall’orizzonte occidentale. Le dichiarazioni che arrivano da ambienti ed esponenti più che autorevoli negli Stati Uniti e in Europa, così come le mosse strategiche della Nato, sembrano orientate in una sola direzione: vincere la guerra contro Putin. Che, a sua volta, come sappiamo da tempo, ha ben pochi margini per fare marcia indietro. A Washington, intanto, il noto dilemma “o contro la Russia o contro la Cina”, quello che aveva creato tante divisioni nell’establishment durante la presidenza di Donald Trump, sembra definitivamente risolto: contro entrambi. Il modo migliore per andare contro la Cina sarebbe dunque sconfiggere la Russia. Di questo, e non di altro, stiamo parlando, meglio tenerlo presente, no?

Immagine Pixabay

Stiamo assistendo, in Ucraina, al ripetersi della situazione vissuta nella Guerra d’Inverno dell’URSS contro la Finlandia, quella tra il novembre 1939 e il marzo 1940. Il fallimento della “guerra lampo”, che i russi si dice contemplassero come prima fase della loro invasione, sta avendo come chiara conseguenza un incoraggiamento dell’interventismo militare occidentale nel conflitto

Il precedente finlandese

Invece del previsto crollo, della fraternizzazione con gli invasori e della diserzione di massa nell’esercito regolare ucraino, invece della fuga del governo nell’Ucraina occidentale di fronte all’avanzata delle truppe russe verso Kiev e della poca resistenza nell’est e nel sud del Paese, Mosca si è trovata con un altro scenario che l’ha costretta a cambiare piano e ad aumentare la pressione militare. 

Come adesso in Ucraina, Mosca puntava sulla distanza anche in quella Guerra d’Inverno. Leningrado, oggi San Pietroburgo, si trovava allora a circa 40 chilometri dal confine con la Finlandia. La Finlandia, come la Polonia, era riuscita a sfilarsi dall’Impero russo con il crollo dello zarismo e la posizione dell’antica capitale imperiale era geograficamente troppo compromessa ed esposta all’invasione. Con la guerra si cercava così di espandere la zona di sicurezza, cosa che ora i leader russi citano in riferimento all’Ucraina e che, per secoli, è stata una delle ragioni fondamentali dell’espansionismo difensivo russo in un paese dagli spazi enormi senza barriere né limiti geografici. 

Anche allora, contro la Finlandia, le cose andarono male – o “come al solito”, secondo il detto russo, reso popolare dall’ex primo ministro Viktor Chernomyrdin negli anni Novanta – e quella che avrebbe dovuto essere una “breve guerra vittoriosa” contro un piccolo avversario finì per vedere un enorme tributo di centinaia di migliaia di vittime russe. L’attacco fu pianificato in modo pessimo, senza tener conto dello scenario in cui si svolgeva, del clima e dei problemi logistici di base. I prigionieri sovietici si lamentavano della mancanza di materiali e di munizioni. Molti anni dopo, Nikita Khrushchev descrisse quella sconfitta dei finlandesi come “pericolosa”, proprio perché “l’evidenza che l’URSS fosse un gigante con i piedi d’argilla avrebbe incoraggiato i nostri nemici”, disse. Quindici mesi dopo la firma della pace con la Finlandia, la Germania invase l’URSS.  

Far sanguinare l’orso

Oggi gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea, che all’inizio della campagna avevano assicurato che non sarebbero intervenuti, si sentono incoraggiati. Non sono solo gli occhi e le orecchie tecnologici dell’esercito ucraino, cosa che gli permette di colpire con precisione, limitare la superiorità aerea dell’avversario e uccidere i suoi generali, ma aumentano la fornitura di armi con la manifesta intenzione di  far sanguinare l’orso nella trappola in cui si è cacciato da solo. 

Due miliardi e mezzo di dollari dall’inizio del conflitto, solo da parte degli Stati Uniti, che si aggiungono agli invii precedenti all’invasione e all’intenso addestramento dei quadri dell’esercito e dei servizi segreti ucraini da parte della CIA iniziato nel 2015, subito dopo il cambio di regime a Kiev.  

In Europa c’è la convinzione che “questo conflitto sarà vinto sul campo di battaglia”. Sono parole di Josep Borrell (Alto rappresentante della UE per gli affari esteri e la sicurezza, ndr) pronunciate dopo aver comunicato l’impiego di altri 500 milioni di euro del Fondo europeo a Sostegno della Pace per fornire più armi agli ucraini. La NATO ha aggiunto 40mila uomini sul suo fronte orientale, stabilirà più basi militari permanenti nell’Europa dell’Est e fornirà missili terra-aria per abbattere aerei russi e lanciare missili contro le navi nel Mar Nero. Dalla Slovacchia sono arrivate batterie antimissilistiche S-300 di fabbricazione russa, quelle che i russi affermano di aver già distrutto a Dniepropetrovsk (Dnipro). Il più insensato membro del club eurpeo, vale a dire i polacchi, insiste per effettuare un intervento militare di terra nell’Ucraina occidentale, anche se senza la bandiera della NATO. Washington non invierà truppe in Ucraina (i quadri della SAS britannica e quelli della Delta Force statunitensi sono lì “dall’inizio della guerra”, afferma il  corrispondente di Le Figaro Georges Malbrunot) ma è disposta a sostenere i paesi della NATO se uno di loro decidesse, dichiara l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield.    

La pressione informativa

Nel promuovere questa escalation, il ruolo del complesso dei media è fondamentale. I crimini dei soldati, che nelle guerre dell’Occidente sono considerati eccezioni nei pochi casi in cui vengono rivelati, vengono considerati la norma e debitamente amplificati, perfino nei casi in cui non vi siano evidenti prove indipendenti della loro credibilità. Purtroppo, alcuni di essi sono stati dimostrati e ci riportano a scene già note come quelle vissute nella città cecena di Shamashkí nell’aprile 1995. 

Adesso tutti i russi sono nostri nemici”, “Carri armati per l’offensiva”, titola il  Frankfurter Allgemeine Zeitung, il principale quotidiano tedesco. “Un intervento militare della NATO non deve più essere un tabù“, afferma Die Welt. Appena un mese dopo l’inizio dell’invasione russa, il negoziato è completamente scomparso dall’orizzonte occidentale: “Il nostro obiettivo è che la Russia non vinca questa guerra”, afferma il cancelliere Olaf Scholz. “Questo è ciò che sta dietro il nostro invio di armi, i nostri aiuti finanziari e umanitari, le sanzioni e l’accoglienza dei rifugiati”, spiega.

Il presidente Biden, che potrebbe avere nei bassi livelli di popolarità e nell’inflazione, per le quali indica la responsabilità dei “russi”, un motivo politico a favore di una guerra all’estero, è soggetto a influenze di vario e opposto genere. Dal Pentagono e dalla CIA gli viene consigliato di essere cauto, dal complesso dei media e dal Dipartimento di Stato è invece invitato a impegnarsi di più. Nelle sue dichiarazioni, Biden parla già di un conflitto di anni a venire “tra democrazia e autocrazia, libertà e repressione” e in un discorso gli è già sfuggita la volontà di cambiare il regime di Mosca affermando che Putin (“criminale di guerra” e autore di “genocidio”) “non può continuare a comandare” lì. La maggioranza degli statunitensi sostiene nei sondaggi l’istituzione di una “no-fly zone” se la guerra continua, nonostante il fatto che i militari avvertano che ciò comporterebbe di abbattere gli aerei russi e che i russi abbattano i loro, nonché la necessità di attaccare le difese antiaeree sul territorio russo. Nel suo editoriale del 10 aprile, L’Observer sosteneva l’intervento militare diretto nell’Ucraina occidentale, quello che vogliono i polacchi, con la fornitura di carri armati e aerei e il distaccamento di forze navali nel Mar Nero per scoraggiare qualsiasi tentativo di prendere Odessa. “I rischi sono evidenti, ma l’unica alternativa è una carneficina infinita. Se l’Occidente è seriamente intenzionato a fermare la guerra, misure così forti possono essere l’unico modo”. 

Preparativi di guerra contro la Cina

A Washington il dilemma “o contro la Russia o contro la Cina” che aveva creato tante divisioni nell’establishment durante la presidenza di Donald Trump è stato definitivamente risolto: contro entrambi. “Il modo migliore per andare contro la Cina è sconfiggere la Russia”, afferma un noto analista locale, esprimendo il nuovo consenso.

Nell’ultima riunione dei ministri degli Esteri, l’8 aprile a Bruxelles, la Nato ha indicato chiaramente i preparativi per la guerra contro la Cina che si rifletteranno nell’annunciato “nuovo concetto strategico” che dovrà essere approvato al vertice del prossimo giugno a Madrid. Per la prima volta nella loro storia, i ministri degli Esteri di Corea del Sud e Giappone hanno partecipato a un conclave NATO di quel livello a Bruxelles, c’erano anche quelli di Australia e Nuova Zelanda. Il Giappone si è unito alle sanzioni contro la Russia e ha disfatto in pochi giorni tutti i progressi nelle complicate relazioni bilaterali con la Russia faticosamente realizzati sotto mandato di Shinzo Abe. L’Aukus (Australia, Inghilterra e Stati Uniti) ha annunciato lo sviluppo di nuovi missili ipersonici per lo scenario asiatico. 

I cinesi prendono buona nota di tutto questo. “Gli Stati Uniti sentono che la forza dei loro alleati nel Pacifico occidentale non è sufficiente e vogliono coinvolgere l’intera Nato nel loro progetto indo-pacifico“, presuppone il quotidiano cinese Global Times .

I risultati della prima fase dell’invasione, così ambigui per Mosca e così disastrosi per l’immagine internazionale della Russia in Occidente, hanno accresciuto l’aspettativa di un secondo disastro russo nella battaglia per il Donbass che ora si annuncia e in cui i russi sperano di accerchiare e annientare il più grande e combattivo corpo d’armata ucraino. Sarà necessario vedere se le armi e le risorse occidentali, così come lo sforzo ucraino, riusciranno a rovesciare nuovamente il proposito russo.

A Mosca la battuta d’arresto della prima fase ha generato un misto di malumore, contrarietà e iattanza tra i propagandisti della guerra che compaiono in televisione. La conseguenza è l’inquietante indurimento del discorso, contro l’Ucraina, contro la nazione ucraina e contro gli ucraini in generale. C’è poi anche l’emigrazione: 100mila giovani russi, in gran parte specialisti qualificati, hanno lasciato il Paese a marzo e le cifre, per aprile, dovrebbero essere simili.

Possiamo chiederci fino a che punto si spingerà questa follia in Russia, senza perdere di vista quella demenza ben più generale che sta spingendo inequivocabilmente il mondo verso una grande guerra.

Fonte e versione in lingua originale: cxtx, contexto y acción

Traduzione per Comune-info: marco calabria

articolo ripreso da https://comune-info.net/andiamo-verso-lescalation-bellica/

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