IL “TERZO BRILLANTE” a PALERMO
di Mario Pintacuda
Oggi,
2 aprile, mentre scrivo (sono le 16,30) a Palermo piove a dirotto e
soffia un freddo vento da ovest. Il termometro segna 12° (mercoledì
era arrivato, per la prima volta quest’anno, a 25°).
La
pioggia battente mi fa tornare in mente l’espressione “terzo
brillante” che ho sentito dire tante volte a Bagheria quando ero
ragazzo. Capisco che pochi ormai la conoscono, quindi vedo di
chiarirla.
I
contadini siciliani, tradizionalmente, attendevano il 3 o il 4 aprile
per pronosticare le condizioni meteorologiche dei successivi quaranta
giorni: se in quelle giornate avesse piovuto, si prevedeva pioggia
per quaranta giorni (se non in continuazione almeno con una certa
frequenza); e non sarebbe stato male, perché sarebbe stata evitata
la siccità.
Esisteva
un’altra credenza ancor più minuziosa, che precisava la durata
delle precipitazioni che ci si dovevano aspettare: venti giorni se
pioveva il 1° aprile, 30 se pioveva il 2 (come oggi), 40 in caso di
precipitazioni il 3.
Da
qui i detti popolari siciliani (di fine ‘800): «I tri brillanti
quaranta jorna tira avanti» oppure «Tri brillanti quaranta jorna
continuanti». In altre parole, se il 3 aprile c’è cattivo tempo,
questo continuerà per quaranta giorni.
Ma
perché “brillanti”? Secondo alcuni studiosi, i primi quattro
giorni del mese erano chiamati popolarmente “brillanti” per
assonanza; infatti un antico detto definiva “aprilante” il primo
giorno di aprile quando era piovoso.
Il
dizionario Devoto-Oli ne dà conferma, riportando l’aggettivo (?)
“aprilante” (derivato di “aprile”) e spiegandolo così:
"D’aprile: solo nel proverbio 'quarto (o terzo) aprilante
quaranta dì durante', il tempo che fa il quarto (o terzo) giorno
d’aprile dura quaranta giorni”.
Il
detto “terzo brillante” mi ha fatto sempre simpatia e mi è
entrato in testa; e inevitabilmente, appena ad aprile cade un po’
di pioggia, parte il mio grido esultante e controcorrente: “Terzo
brillante!”. E chi mi capisce mi capisce.
Non
solo: quando piove, diluvia e tira vento, e tutti sono scocciati e
invocano il sole, allora in tono rassicurante proclamo: «Però, che
beneficio per la campagna!» (attirando sguardi perplessi degli
interlocutori zuppi d’acqua).
Inoltre,
se tutti si lamentano del freddo persistente e del cattivo tempo, io
- con intonazione sicula - proclamo rassicurante: «Al massimo, cosa
di tre-quattro mesi può essere!», intendendo dire che da qui
all’estate il tempo cambierà per forza. [La stessa formula può
essere usata in estate, quando tutti squagliano di caldo: «Cosa di
tre-quattro mesi può essere!». Vale la pena di lamentarsi per
qualcosa che deve finire?].
Piove
ancora, a ondate.
Mario Pintacuda
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