I taccuini universitari del giovane Pirandello.
Pirandello non ebbe una vita universitaria semplice. Diplomatosi a Palermo presso il liceo classico Vittorio Emanuele II, frequentò sempre nel capoluogo siciliano il primo anno di università, entrando in contatto con Giuseppe Pitrè che si occupava delle tradizioni popolari e con l'italianista Cesareo, docenti di grande prestigio e intelligenza che mantennero anche negli anni successivi rapporti col giovane studente come si evince una serie di epistole. Proprio i due docenti dell'Ateneo palermitano suggerirono a Pirandello di trasferirsi a Roma presso La Sapienza. Tuttavia nella capitale cominciarono problemi non indifferenti. Narrano Le cronache che Pirandello insieme a un collega, un seminarista, cominciarono a ridere Durante le lezioni del professore di latino che a quanto pare non era particolarmente preparato. Ne conseguì che Pirandello fu espulso dall'università di Roma, cosa che Nei fatti equivaleva a una espulsione da tutte le università italiane dove non avrebbe mai trovato un terreno fertile o favorevole per conseguire la laurea. Quindi Pirandello decise di trasferirsi a Bonn. Questi sono fatti noti di cui si è a lungo parlato. E aggiungo che Sciascia osservava, quando fu pubblicato un primo abbozzo di una Novella pirandelliana, che, all'età di 18 anni e prima di lasciare la Sicilia, Pirandello era già integralmente formato come lo avremmo conosciuto in seguito: Dunque prima ancora di imbattersi nel razionalismo d'oltralpe lo scrittore siciliano si portava dietro una non meno irrazionale
" follia" siciliana. Per gli anni di Bonn si sa qualche cosa. per esempio si sa che Pirandello si dedicò a svariati amori, in particolare l'amore verso una studentessa americana che sarebbe poi diventata la governante istruttrice di un figlio di un presidente americano. Si sa che non fu esattamente uno studente molto attento, che scriveva una serie di menzogne alla famiglia parlando di ottimi risultati universitari quando le cose non andavano molto bene, che prendeva tempo che richiedeva continuamente soldi che ingannava la famiglia anche
sull' esito di alcuni esami, sui tempu della laurea. adesso vengono pubblicati i taccuini che Pirandello scrisse durante il periodo tedesco. Di questo si occupa l'interessante articolo che adesso posto scritto da Salvatore Ferlita per l'edizione siciliana di Repubblica. (B. Puleio)
IL DRAMMATURGO AI RAGGI X
“Il taccuino di Bonn” che svela Pirandello
La pubblicazione degli appunti e dei disegni risalenti al periodo tedesco e una mostra documentaria restuiscono l’officina giovanile dello scrittore
diSalvatore Ferlita Se Pirandello non fosse andato a Bonn, se non si fosse appassionato alla “filosofia della vita”, probabilmente sarebbe stato un autore più vicino, per la poetica e soprattutto per la visione del mondo, all’amico Luigi Capuana e quindi più collegato alla tradizione letteraria siciliana. Così la pensava Leonardo Sciascia, confortato oltretutto da quanto ebbe a scrivere Vitaliano Brancati sul Pirandello tedesco: «Nelle vecchie leggende il diavolo frequenta le università, specie quelle tedesche. E Pirandello, da buon diavolo, nascondendo nel bavero del cappotto un sorriso che egli scambiava per un ghigno, salì le scale dell’Università di Bonn. Mentre ascoltava le lezioni di filosofia, e prendeva appunti su Hegel e Fichte, e si sentiva dentro, a quelle parole e concetti, muoversi sinistramente la macchina della malignità, non pensò mai di essere un bravo siciliano, della nobile e casta razza di Verga». Galeotta dunque fu Bonn, dove lo scrittore agrigentino si trasferì su sollecitazione del professor Ernesto Monaci, lasciando Roma e rimanendo in territorio tedesco dall’autunno 1889 alla primavera del 1891. A questo legame decisivo ha reso omaggio la doppia iniziativa promossa dal Parco archeologico e Valle dei templi su impulso del direttore Roberto Sciarratta, svoltasi ieri nel Museo archeologico di Agrigento. Da un lato, è stato presentato il cofanetto che allinea la ristampa anastatica del “Taccuino di Bonn” e il volume monografico di approfondimento, curato da Fausto De Michele, Cristina Angela Iacono e Antonino Perniciaro, coi saggi di studiosi italiani e stranieri che analizzano i contenuti del prezioso quaderno pirandelliano. Dall’altro, è stata inaugurata la mostra intitolata “Il giovane Pirandello e la Germania. Gli anni di studio a Bonn”. Insomma, adesso si può dire che del periodo cruciale della formazione del premio Nobel agrigentino sappiamo quasi tutto. Il taccuino è davvero uno scrigno sorprendente perché permette di entrare in punta di piedi nel laboratorio giovanile dell’autore, di compulsare i suoi scartafacci, di prendere visione dei ripensamenti. Esso, scritto nei due versi, allinea pagine zeppe di appunti, annotazioni, testi copiati da libri ed esercizi di tedesco scritti come in un quaderno di scuola, e poi disegni, abbozzi, ritratti, scarabocchi. La pubblicazione del taccuino si è fatta attendere fino ad oggi per via della poliglossia che lo caratterizza, fatta cioè di appunti scritti in ben quattro lingue: in italiano, siciliano, francese e tedesco. Le annotazioni in tedesco, spiegano i curatori, presentano poi un’ulteriore complessità dovuta alla grafia, una forma di scrittura a mano che i tedeschi utilizzavano alla fine dell’Ottocento. Il quadernetto custodisce i versi di vari poeti (Dante, Petrarca, Cellini ma anche Milton, Shakespeare, Lessing, Hoffman) e studi e osservazioni linguistiche che riguardano la “Divina Commedia”, come pure i frammenti delle “Elegie boreali”, il titolo originario poi mutato in “Elegie renane”, e in misura minore di “Pasqua di Gea”. Come si legge nell’introduzione, il taccuino avrebbe dovuto custodire anche il bel racconto della “Gita aKessenich”, che però, come spiega Elio Providenti nel suo saggio, è stato asportato da tempo da mani ignote. Troviamo altresì una pagina spensierata di diario scritta probabilmente da Jenny Schulz Lander, la giovane renana per la quale Pirandello persela testa, che racconta una crociera in battello sul Reno da Bonn a Wiesbaden. A questo proposito, tra i saggi dedicati al taccuino spicca quello di Domenica Elisa Cicala intitolato “Il giovane Pirandello e le donne conosciute a Bonn”, nel quale si analizza il rapporto del drammaturgo con le donne negli anni degli studi universitari nella città renana, mettendo a confronto le informazioni ricavabili dal “Taccuino di Bonn” con le tante osservazioni e i racconti presenti nella ricca produzione epistolare del periodo tedesco. Pagine attente e ricche di informazioni chedimostrano come le esperienze sentimentali di Pirandello con l’altro sesso nel periodouniversitario hanno certamente contribuito alla sua “formazione virile”, come chiosa lo stesso scrittore nel “Ricordo a Bonn am Rhein”. In tutto ciò, le “Elegie renane”, restituiscono al lettore un personaggio brancatiano, comeaveva già notato Sciascia. Pirandello vive “i caldi amori” renani come sensuale contraltare rispetto alla castità tutta isolana della sua fidanzata che l’aspetta in Sicilia. Dai saggi viene poi fuori la passione di Pirandello per gli studi di filologiaromanza, la sua vocazione poetica, ’importanza dell’incontro con la letteratura tedesca, il rilievo del vasto materiale iconografico presente nelle pagine del quaderno, la centralità della cultura visiva di Pirandello. Originale risulta l’interpretazione data da Michele Cometa di alcuni disegni, in modo particolare delle facce antropomorfe, ritenute da alcuni delle lune grottesche e riproposte invece qui in un’intrigante interpretazione come nove soli. La mostra, attraverso un intrigante percorso bibliografico, documentario e iconografico propone i due taccuini (Bonn e Provenzale), il libretto universitario, la tesi di laurea, una selezione di lettere relative alla corrispondenza epistolare da Bonn di Luigi con la sorella Rosolina, Giuseppe Schirò e Giuseppe Pipitone Federico, prime edizioni di raccolte poetiche, ritratti e cartoline storiche di Bonn.
SALVATORE FERLITA, in REPUBBLICA, Palermo 30 aprile 2022
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