29 novembre 2017

IN MEMORIA DI ALESSANDRO LEOGRANDE



Due giorni fa, per un improvviso malore, è morto un giovane scrittore che avevamo più volte ospitato in questo blog. Ci riconoscevamo nei suoi brevi e appassionati pezzi che mettevano alla berlina le indecenti classi dirigenti che stanno affossando il bel paese. E' stato uno dei migliori allievi di Goffredo Fofi e a noi dispiace tanto  che una delle poche voci libere dell'odierno giornalismo si sia spenta così. (fv)

 ALESSANDRO LEOGRANDE
di Nicola Lagioia

Ho conosciuto Alessandro Leogrande nella migliore scuola che io abbia mai frequentato, quella di Goffredo Fofi. Non avevamo trent’anni, venivamo entrambi dalla Puglia, eravamo da poco arrivati a Roma. Io in quella scuola ero appena uno studente, mentre Leogrande – pure più giovane di me – era già passato all’insegnamento. Aveva capito delle cose di cui molti di noi erano appena consci. Ad esempio il fatto che chi non capisce il sud, o non tenta di capirlo, non capisce niente non solo dell’Italia ma dell’Europa, e forse del mondo.
Per questo tentativo di comprensione, Leogrande si avvaleva di strumenti che all’epoca non usava quasi nessuno: il reportage narrativo, corroborato da una preparazione teorica saldissima, una rara capacità di affondare le mani nella realtà, la consapevolezza di valori non negoziabili. Per lui l’altro non era un’astrazione, e la giustizia sociale era una pratica continua. Non è un caso che abbia vinto il premio intitolato a Ryszard Kapuściński.
In un paese sempre più allo sbando, Alessandro Leogrande riusciva a unire lo spirito analitico alla passione civile. Si è occupato in modo serio di criminalità senza mai diventare un professionista dell’antimafia. Di sfruttamento sul lavoro senza retorica. Di migranti e migrazioni in modo così profondo che – visto lo spettacolo offerto negli ultimi mesi – l’intera classe politica nazionale di destra e di gran parte della sinistra dovrebbe sprofondare nella vergogna, per come non è stata capace di avvalersene. Ma la politica in Italia nemmeno ha idea di quali siano le menti migliori del paese.
L’Italia deve molto a questo ragazzo coraggioso e allergico alle scorciatoie. Chi lo frequentava sulla pagina – ancor più nella vita – vedeva in lui una pietra di paragone. La sua esistenza ti obbligava a essere più intelligente. Non potevamo scrivere di politica, di Mezzogiorno, di migrazioni, di mutamenti sociali senza pensare “che cosa ne penserebbe Alessandro?” Così, dopo esserci dati una risposta, dovevamo tornare sulle nostre pagine.
Se l’Italia delle ultime generazioni ha avuto un intellettuale pulito (uno per cui comprendere era più importante che esibirsi) era lui. E poi la nostra terra. La parte più sana di quell’incompiuta che è stata la primavera pugliese la si deve a persone come Alessandro. Andatevi a leggere le pagine di Leogrande su Taranto. Me lo ricordo sulla spiaggia di Castellaneta Marina. Alle spalle sapevamo di avere l’Ilva, e davanti l’illusione di una vita ancora tutta da giocare.

Pezzo ripreso da   http://www.minimaetmoralia.it/wp/alessandro-leogrande/ 
 
Qui trovate i pezzi che Alessando Leogrande amava raccogliere su questa piccola rivista

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