ph. di henri cartier-bresson, Siviglia 1944
IL
900 VISTO DA HENRI CARTIER-BRESSON
Alla Galleria d’Arte Moderna di
Palermo sono esposte 140 fotografie di H. Cartier Bresson (1908-2004) che
mostrano come un occhio limpido e intelligente sia riuscito ad essere, oltre
che un grande artista, un onesto ed obiettivo testimone del 900.
La Mostra potrà essere visitata fino
al 25 febbraio 2018.
Quando scatta l’immagine guida che è
stata scelta per questa sua nuova rassegna monografica allestita a Palermo,
Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni. Ha comprato la sua prima Leica da
appena due anni, ma è ancora alla ricerca del suo futuro professionale. È
incerto e tentato da molte strade: dalla pittura, dal cinema. “Sono solo un
tipo nervoso, e amo la pittura.” … “Per quanto riguarda la fotografia, non ci
capisco nulla” affermava.
Non capire nulla di fotografia
significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti: è un
lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole apportare alcun
miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto
deve essere giudicato secondo quanto fatto nel qui e ora, nella risposta
immediata del soggetto. Per Cartier-Bresson la tecnica rappresenta solo un
mezzo che non deve prevaricare e sconvolgere l’esperienza iniziale, reale
momento in cui si decide il significato e la qualità di un’opera.
“Per me, la macchina fotografica è
come un block notes, uno strumento a supporto dell'intuito e della spontaneità,
il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso
tempo. Per "dare un senso" al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in
ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione,
disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un
utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.
Henri Cartier-Bresson non torna mai
ad inquadrare le sue fotografie, non opera alcuna scelta, le accetta o le
scarta. Nient’altro. Ha quindi pienamente ragione nell’affermare di non capire
nulla di fotografia, in un mondo, invece, che ha elevato quest’arte a strumento
dell’illusione per eccellenza.
Lo scatto è per lui il passaggio
dall’immaginario al reale. Un passaggio “nervoso”, nel senso di lucido, rapido,
caratterizzato dalla padronanza con la quale si lavora, senza farsi travolgere
e stravolgere. “Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre
facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In
quell'istante, la cattura dell'immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”.
I suoi scatti colgono la contemporaneità delle cose e della vita. Le sue
fotografie testimoniano la nitidezza e la precisione della sua percezione e
l’ordine delle forme.
Egli compone geometricamente solo
però nel breve istante tra la sorpresa e lo scatto. La composizione deriva da
una percezione subitanea e afferrata al volo, priva di qualsiasi analisi. La
composizione di Henri Cartier-Bresson è il riflesso che gli consente di
cogliere appieno quel che viene offerto dalle cose esistenti, che non sempre e
non da tutti vengono accolte, se non da un occhio disponibile come il
suo. “Fotografare, è riconoscere un fatto nello
stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme
percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. È mettere
sulla stessa linea di mira la mente, lo sguardo e il cuore”.
Per parlare di Henri Cartier-Bresson
- afferma Denis Curti, curatore della mostra a Palermo - è bene tenere in
vista la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde
totalmente con la sua vita privata. Due episodi la dicono lunga sul
personaggio: nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli
una mostra "postuma", credendolo morto in guerra e quando si mette in
contatto con i curatori, per chiarire la situazione, con immensa ironia dedica
oltre un anno alla preparazione dell'esposizione, inaugurata nel 1947. Sempre
nello stesso anno fonda,insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e
William Vandivert la famosa agenzia Magnum Photos. Insomma, Cartier – Bresson è
un fotografo destinato a restare immortale, capace di riscrivere il vocabolario
della fotografia moderna e di influenzare intere generazioni di fotografi a
venire.
A proposito della creazione Magnum
Photos, ancora oggi fondamentale punto di riferimento per il fotogiornalismo,
Ferdinando Scianna, per molti anni unico membro italiano ha scritto: Magnum
continua a sopravvivere secondo l’utopia egualitaria dei suoi fondatori. In
modo misterioso è riuscita finora a fare convivere le più violente
contraddizioni. Questa è la cosa che più mi appassiona. Per quanto mi riguarda,
sicilianissimo individualista, ho difficoltà a sentirmi parte di qualunque tipo
di gruppo, ma so che se devo riferirmi a una appartenenza culturale è in quella
tradizione che mi riconosco.
La mostra Henri Cartier Bresson
Fotografo è una selezione curata in origine dall’amico ed editore Robert
Delpire e realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson,
istituzione creata nel 2003 assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia
Mélanie e che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la
creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti. L’allestimento
attuale è curato da Denis Curti e Andrea Holzherr per conto di Magnum.
Obiettivo della rassegna è far
conoscere e capire il modus operandi di Henri Cartier-Bresson, la sua ricerca
del contatto con gli altri, nei luoghi e nelle situazioni più diverse, alla
ricerca della sorpresa che rompe le nostre abitudini, la meraviglia che
libererà le nostre menti, grazie alla fotocamera che ci aiuta ad essere pronti
a coglierne e ad immortalarne il contenuto.
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