Un uomo come Kafka.
Lettura di una pagina poco inflazionata
Severino Cesari
Un impiegato, gli operai
indifferenti e le macchine che uccidono
Leggiamo una pagina poco
Inflazionata di Franz Kafka:
Le nostre illustrazioni presentano
la differenza tra l’albero quadrangolare e l’albero rotondo dal punto di vista
della protezione contro gli infortuni. Le lame dell’albero quadrangolare
saldate mediante viti direttamente all’albero, fanno da 3800 a 4000 giri al
minuto col taglio scoperto...
L’operaio estremamente cauto poteva
bensì badare che durante il lavoro, cioè passando il pezzo di legno sopra la
testata della pialla, nessun dito sporgesse oltre il legno in lavorazione, ma
il pericolo principale era superiore a qualunque prudenza. La mano dell’operaio
più prudente doveva infilarsi nell’incavatura delle lame quando il legno
scivolava in basso o, come avveniva non di rado, era spinto all’indietro nel
momento in cui una mano premeva il legno da piallare sulla tavola della
macchina e l’altra mano lo accostava all’albero munito di lame. Questo
sollevarsi e scattare indietro del pezzo di legno non poteva essere previsto né
impedito perché ciò avveniva già per il fatto che il legno in certi punti
presentava nodi o punti più duri e le lame non giravano abbastanza velocemente
o erano in posizione errata o la pressione delle mani non era uniformemente
distribuita sul legno. Un siffatto infortunio però provocava l’amputazione di
qualche falange, se non di dita intere.
Ma non solo le misure precauzionali,
anche le disposizioni protettive risultavano inutili di fronte a questo rischio
in quanto o erano del tutto insufficienti o per un verso diminuivano il rischio
(quando le lame erano automaticamente coperte da custodie di latta o dalla
misura ridotta della sede delle lame), per l’altro verso invece aumentavano il
pericolo in quanto non lasciavano spazio sufficiente alla segatura, sicché la
sede delle lame si intasava e nel momento in cui l’operaio cercava di liberarla
dalle segature si avevano frequenti ferite alle dita.
A questo albero quadrangolare il
progetto contrappone come esempio di albero tondo un albero di sicurezza.
Le lame di quest’albero sono
perfettamente protette e incassate tra il coperchio o un cuneo e il corpo
massiccio dell’albero...
Ma il punto protettivo più
importante consiste nel fatto che le lame sporgono soltanto col taglio e che
formando quasi un corpo unico coll’albero possono essere molto sottili senza
pericoli di rottura.
Coi dispositivi indicati si elimina,
da una parte, la preponderante eventualità che le dita si infilino
nell’incavatura dell’albero quadrangolare e, d’altra parte, perfino nel caso
che le dita vi si infilino, si ottiene che possano darsi soltanto ferite
insignificanti, lacerazioni che non richiedono neanche interruzioni del lavoro.
Per chi non lo conosce già, il brano
è tratto dal libretto utilissimo di Klaus Wagenbach, Kafka (Il
Saggiatore, da molti anni non ristampato, mi pare).
Fa parte di una pubblicazione che si
chiana Relazione annuale dell’Istituto. Naturalmente, «è il titolo di un
romanzo o di un racconto di Kafka», qualcuno dirà. La «scrittura», la
«minuziosità» terrificante, ecc. ecc. E invece no: è proprio la «Relazione
annuale dell’Istituto». L’Istituto è lo «Istituto d’assicurazioni contro gli
Infortuni del lavoratori», che non è una invenzione di Kafka ma dell’Impero
asburgico. La data è il gennaio - dicembre 1909. Kafka si è appena trasferito,
dopo nove mesi di servizio, dal posto precedente, le «Assicurazioni generali»;
che aveva accettato, nonostante il rigidissimo regolamento, l’orario pesante e
la paga scarsa, soprattutto per essere libero dalla famiglia. È un giovane di
nemmeno trent’anni. Rimarrà all’Istituto fino al luglio 1922, anno del suo
precoce pensionamento perché malato di tubercolosi, dopo avere raggiunto il
grado di segretario superiore. Morirà due anni dopo.
Quando entra all’Istituto, non ha
ancora scritto nessuno del suol racconti o romanzi maggiori. Tutta la sua vita
di scrittore, si può dire, è accompagnata — salvo alcune pause obbligate per la
malattia, spesso le più creative —, dal lavoro in questa sorta di strana terra
di frontiera tra la sua solitudine di scrittore, che è ancora comodo immaginare
totale e obbligata e fatale, e le grandi masse, i cui movimenti preparavano
l’avvenire. Un rapporto complicato, che può rivelare sorprese. L’impiegato
Kafka, riconosciuto «minutante egregio», ma anche «cocco dell’ufficio», per
quanto ebreo, svolse una attività fittissima di disbrigo di pratiche, stesura
di articoli di propaganda (senza firma), contese con le aziende che tentavano
di continuo frodi al danni dei lavoratori, in materia di assicurazione e
prevenzione.
Kafka guardava con sgomento
questioni delicatissime cadere nelle mani di chi non era capace «di afferrarne
la parte tecnica», mentre i lavoratori, «benché si trattasse dei loro interessi
vitali, si mantenevano indifferenti».
È assai strano che Deleuze e
Guattari, nel loro bello studio su Kafka (Kafka. Per una letteratura minore,
Feltrinelli), così dominato dalla ossessione della macchina, non si siano
accorti come le macchine di Kafka (quelle che lo scrittore rappresenta In modo
esplicito, ma anche il «macchinismo» della sua prodigiosa scrittura) siano
simili a quelle concrete macchine, da lui perfettamente conosciute anche «nella
parte tecnica», contro la cui quotidiana produzione di sofferenza e dolore
egli, dolce ragazzo al margini degli indifferenti cortei operai, combatte una
lotta puntigliosa e tutta pervasa di una speranza che davvero, in questo mondo,
«non è per noi».
E s’intende, al tempo stesso egli
progetta altre macchine, come abbiamo letto, macchine che non daranno dolore,
ma piacere: come la sua scrittura. Che del resto, dona piacere anche se
raffigura macchine di tortura.
Questa pagina che potrebbe essere
davvero tratta da un suo romanzo o racconto, insegna più cose sull’.arte dello
scrivere» che la lettura di molti saggisti oggi in voga, anche i più brillanti.
L’autore proprio in quei mesi
partecipava a certe conferenze socialiste, ricorda un testimone riportato da
Wagenbach, e di solito «era seduto in disparte, nessuno lo conosceva,
osservatore minuzioso e attento... Ognuno offriva quel che poteva, perlopiù
erano centesimi o monetine. L’ospite invitato invece offriva modestamente e
senza dar nell’occhio un pezzo di cinque corone». E a una tempestosa riunione
sciolta dalla polizia, contro l’esecuzione dell’anarchico Liabeuf a Parigi, fu
difficile non notare «un uomo come Kafka, il quale era di una testa più alto
dei comuni mortali, e non cercava affatto di non farsi scorgere, ma rimase
tranquillo in mezzo al tafferuglio fra la polizia e i manifestanti. E siccome
in nome della legge non si allontanò, venne accompagnato al più vicino posto di
polizia dove in compenso si procedette con clemenza: o un fiorino di penale o
ventiquattr’ore di prigione. Kafka, che ogni mattina arrivava puntualmente in
ufficio, non rimase là quella notte, ma pagò il fiorino».
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