ph di maria ribaudo
L’11
luglio 1906 Rainer Maria Rilke scrive a Parigi una poesia intitolata
“Früher Apollo”, “Apollo primitivo”. Essa fungerà da introduzione alla
raccolta delle “Nuove Poesie”, pubblicate nel 1907. La testa di Apollo,
simbolo della poesia, anche quando dalla sua bocca non è sgorgato alcun
verso è sempre promessa di poesia. Come quando dai rami spogli
occhieggia un mattino che è già primavera, così nulla può impedire che
nell’inverno della nostra vita lo splendore della poesia ci colpisca
quasi a morte. Ecco l’inizio del sonetto:
Wie manches Mal durch das noch unbelaubte
Gezweig ein Morgen durchsieht, der schon ganz
im Frühling ist: so ist in seinem Haupte
nichts, was verhindern könnte, dass der Glanz
aller Gedichte uns fast tödlich träfe.
Do la mia versione:
Come certe volte attraverso i rami ancora spogli
Guarda un mattino che è già di primavera;
Così nella sua testa non c’è nulla che potrebbe impedire
Che lo splendore di tutte le poesie ci colpisca quasi a morte.
La nostra vita è un susseguirsi di ombra e di luce, di inverno e primavera;
ma nell’ombra dell’inverno il presagio dello splendore della poesia al tempo stesso ci consola e ci squassa, ci guarisce con la più bella delle ferite.
Marco Ninci
Wie manches Mal durch das noch unbelaubte
Gezweig ein Morgen durchsieht, der schon ganz
im Frühling ist: so ist in seinem Haupte
nichts, was verhindern könnte, dass der Glanz
aller Gedichte uns fast tödlich träfe.
Do la mia versione:
Come certe volte attraverso i rami ancora spogli
Guarda un mattino che è già di primavera;
Così nella sua testa non c’è nulla che potrebbe impedire
Che lo splendore di tutte le poesie ci colpisca quasi a morte.
La nostra vita è un susseguirsi di ombra e di luce, di inverno e primavera;
ma nell’ombra dell’inverno il presagio dello splendore della poesia al tempo stesso ci consola e ci squassa, ci guarisce con la più bella delle ferite.
Marco Ninci
Nessun commento:
Posta un commento