07 novembre 2017

SULLA POESIA DI SANDRO PENNA





PENNA E LA FELICITA' DI ESSERE DIVERSI
di Nicola Vacca

Finalmente giustizia è stata fatta per Sandro Penna. Uno dei più grandi poeti del Novecento entra a far parte dei Meridiani con un volume corposo che comprende tutta la sua opera. Poesie, prose e diari per un totale di 1600 pagine( a cura di Roberto Deidier). Un omaggio doveroso, anche se arriva in ritardo, a un poeta immenso che per troppo tempo è stato dimenticato.

«Sandro Penna è uno dei più grandi poeti italiani del Novecento: non dico il più grande, solo perché non amo le graduatorie. Penna è stato, in questo secolo, il solo poeta italiano che abbia parlato a gola spiegata, dicendo chiaramente chi era e che cosa voleva, in contrasto con la grande e vincente formula montaliana di negatività, e quindi a prezzo di un continuo accento di sfida e di una terribile infrazione sistematica che sarebbe riduttivo limitare al tema omosessuale. In una formula, si può definire l’opera di Penna come una riflessione sul desiderio».Così scrisse di lui Cesare Garboli nel 1989.
Sandro Penna è un poeta adamantino e i suoi versi hanno una straordinaria chiarezza che non tradiscono mai un dettato dell’esplicito, che soprattutto arriva al cuore di chi legge la sua poesia.
La sua poesia conserva intatta una semplicità mai banale che racchiude mondi e stati d’animo complessi.
Penna è una delle voci più alte del Novecento italiano, anche se molti lo considerano un poeta di nicchia.
Come Umberto Saba, Sandro Penna non rinuncia a fare della poesia una cosa onesta e nella sua scrittura è cristallino nell’usare le forme metriche tradizionali.
Il rifiuto del linguaggio di corte fa di Penna uno di quei pochi straordinari poeti che scrisse e pensò stando sempre ai margini del mondo letterario italiano.
«Questo, tuttavia, – scrive Silvia Ferrari – si traduce in un vantaggio per il lettore moderno. Penna è poeta ermetico: rifiuta l’utilizzo di un linguaggio aulico e di ardite analogie per concentrarsi piuttosto su espressioni e concetti che descrivono in modo puntuale ciò che egli vuole comunicare. È più interessato al variare dei dettagli che compongono una situazione che ai modi ricercati in cui essa può essere descritta. Il risultato è una poesia facile da leggere, che colpisce nel giro di pochi versi con la sua immediatezza. Nel suo corpus, tuttavia, è inevitabile una certa monotonia».
Schiettezza, trasparenza, sincerità, possono essere questi tre modi di definire la sua poesia che non cerca mai dissimulazione nelle parole  e nemmeno modi di nascondersi.
Nel labirinto del tempo il poeta in maniera emotiva dà voce ai suoi tumulti amorosi. Con una dolce malinconia interpreta senza alcuna finzione la sua « strana gioia di vivere» senza mai mascherare  le emozioni e senza avere pudore per il suo bisogno di desiderio.
La sua poesia prima di tutto canta l’amore per la vita. Un amore forte che sarà insopprimibile anche nel dolore.
La poesia di Sandro Penna ha una grazia unica e irripetibile. Il poeta sa andare al cuore dell’esperienza e ne mette a nudo il cuore delle cose e il desiderio. «La poesia di Penna  – scrive Cesare Garboli – è fatta di solitudine: ma è la solitudine ardente, ricchissima, vasta com’è vasta la promessa della felicità, di chi non ha bisogno d’altro, per vivere, che dello spettacolo della vita, […] Penna è incapace di pensare che il piacere di vivere dipenda da altro che da se stessi».
La forma pura, cristallina e innocente della poesia di Sandro Penna è la forza vitale che oggi arriva fino a noi e che va assolutamente rilanciata e rivalutata insieme alla sua opera da contrapporre come modello valido a molti poeti di oggi che si incartano in una retorica troppo compiaciuta e in un’afasia che li rende sempre più mistificatori della parola.
Quella di Penna è vera poesia, perché vero era lui che prima di farsi poeta, come Umberto Saba e Giuseppe Ungaretti, non si vergogna di anteporre ai versi la sua natura di uomo con tutte le sue «stranezze».
Ed è soprattutto l’uomo che vede nella (sua) poesia un luogo di confessione in cui aprire il cuore con tutta quella felicità di essere diverso.

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