PENNA E LA FELICITA' DI ESSERE DIVERSI
di Nicola Vacca
Finalmente giustizia è stata fatta per
Sandro Penna. Uno dei più grandi poeti del Novecento entra a far parte
dei Meridiani con un volume corposo che comprende tutta la sua opera.
Poesie, prose e diari per un totale di 1600 pagine( a cura di Roberto
Deidier). Un omaggio doveroso, anche se arriva in ritardo, a un poeta
immenso che per troppo tempo è stato dimenticato.
«Sandro Penna è uno dei più grandi poeti
italiani del Novecento: non dico il più grande, solo perché non amo le
graduatorie. Penna è stato, in questo secolo, il solo poeta italiano che
abbia parlato a gola spiegata, dicendo chiaramente chi era e che cosa
voleva, in contrasto con la grande e vincente formula montaliana di
negatività, e quindi a prezzo di un continuo accento di sfida e di una
terribile infrazione sistematica che sarebbe riduttivo limitare al tema
omosessuale. In una formula, si può definire l’opera di Penna come una
riflessione sul desiderio».Così scrisse di lui Cesare Garboli nel 1989.
Sandro Penna è un poeta adamantino e i
suoi versi hanno una straordinaria chiarezza che non tradiscono mai un
dettato dell’esplicito, che soprattutto arriva al cuore di chi legge la
sua poesia.
La sua poesia conserva intatta una semplicità mai banale che racchiude mondi e stati d’animo complessi.
Penna è una delle voci più alte del Novecento italiano, anche se molti lo considerano un poeta di nicchia.
Come Umberto Saba, Sandro Penna non
rinuncia a fare della poesia una cosa onesta e nella sua scrittura è
cristallino nell’usare le forme metriche tradizionali.
Il rifiuto del linguaggio di corte fa di
Penna uno di quei pochi straordinari poeti che scrisse e pensò stando
sempre ai margini del mondo letterario italiano.
«Questo, tuttavia, – scrive Silvia
Ferrari – si traduce in un vantaggio per il lettore moderno. Penna è
poeta ermetico: rifiuta l’utilizzo di un linguaggio aulico e di ardite
analogie per concentrarsi piuttosto su espressioni e concetti che
descrivono in modo puntuale ciò che egli vuole comunicare. È più
interessato al variare dei dettagli che compongono una situazione che ai
modi ricercati in cui essa può essere descritta. Il risultato è una
poesia facile da leggere, che colpisce nel giro di pochi versi con la
sua immediatezza. Nel suo corpus, tuttavia, è inevitabile una certa monotonia».
Schiettezza, trasparenza, sincerità,
possono essere questi tre modi di definire la sua poesia che non cerca
mai dissimulazione nelle parole e nemmeno modi di nascondersi.
Nel labirinto del tempo il poeta in
maniera emotiva dà voce ai suoi tumulti amorosi. Con una dolce
malinconia interpreta senza alcuna finzione la sua « strana gioia di
vivere» senza mai mascherare le emozioni e senza avere pudore per il
suo bisogno di desiderio.
La sua poesia prima di tutto canta l’amore per la vita. Un amore forte che sarà insopprimibile anche nel dolore.
La poesia di Sandro Penna ha una grazia
unica e irripetibile. Il poeta sa andare al cuore dell’esperienza e ne
mette a nudo il cuore delle cose e il desiderio. «La poesia di Penna –
scrive Cesare Garboli – è fatta di solitudine: ma è la solitudine
ardente, ricchissima, vasta com’è vasta la promessa della felicità, di
chi non ha bisogno d’altro, per vivere, che dello spettacolo della vita,
[…] Penna è incapace di pensare che il piacere di vivere dipenda da
altro che da se stessi».
La forma pura, cristallina e innocente
della poesia di Sandro Penna è la forza vitale che oggi arriva fino a
noi e che va assolutamente rilanciata e rivalutata insieme alla sua
opera da contrapporre come modello valido a molti poeti di oggi che si
incartano in una retorica troppo compiaciuta e in un’afasia che li rende
sempre più mistificatori della parola.
Quella di Penna è vera poesia, perché
vero era lui che prima di farsi poeta, come Umberto Saba e Giuseppe
Ungaretti, non si vergogna di anteporre ai versi la sua natura di uomo
con tutte le sue «stranezze».
Ed è soprattutto l’uomo che vede nella
(sua) poesia un luogo di confessione in cui aprire il cuore con tutta
quella felicità di essere diverso.
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