Da un ottimo romanzo un film lirico e feroce. La
fotografia straziante di una Palermo degradata e violenta, terribilmente umana
nella sua miseria materiale e morale e per questo così tanto simile a noi.
Curzio Maltese - E' stato il figlio
La commedia
all’italiana è morta a metà degli anni 70, ferita da Brutti, sporchi e cattivi
di Scola e sepolta da Il borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli. I
“mostri” dello schermo erano diventati troppo mostri nella realtà per essere
raccontati. O almeno per garantire una minima identificazione da parte degli
spettatori.
Il lavoro di
Daniele Ciprì comincia dov’è finita la lezione dei maestri Risi e Monicelli, la
riprende con la necessaria dote di necrofilia e la conduce alle conseguenze
estreme.
La famiglia
Ciraulo di E’ stato il figlio non è grazie al cielo «la famiglia che tutti
potremmo essere », come sostiene l’autore, ma è di sicuro la famiglia che
l’Italia di questi anni ha cercato di farci diventare. Un gruppo di “mostri”
dominato dalla miseria, rischiarato da un unico e misterioso dono, la bellezza
della piccola Serenella, che si perde quasi subito. La bimba viene uccisa da
una pallottola vagante durante un regolamento di conti nella periferia di
Palermo. Nel buio della disperazione, un vicino di casa fa balenare la
scintilla avida di un risarcimento da parte dello Stato per le vittime di
mafia.
La sola
promessa del danaro sconvolge la vita dei Ciraulo, li porta a indebitarsi prima
coi commercianti e poi con gli strozzini, in attesa che si compia l’estenuante
iter burocratico. Alla fine, quando i soldi arrivano davvero, sono diventati
pochi per alimentare il sogno di miracolo economico. Bastano appena per
coronarne una parvenza consumistica, l’acquisto di una fiammante Mercedes.
L’auto di lusso restituisce a Nicola, che la tratta meglio della povera figlia,
una paradossale fierezza paterna. Ma sarà la prevedibile fonte della definitiva
tragedia.
E’ stato il
figlio segna il ritorno di un talento prezioso, Daniele Ciprì. Oltre alla
conferma, semmai ve ne fosse bisogno, della grandezza di Toni Servillo, un
Nicola indimenticabile fin dalla prima camminata. A parte questo, pensando alle
doti profetiche dell’autore, fa paura. Al principio degli anni ‘90 la “Cinico
Tv” di Ciprì e Maresco pareva una galleria di mostri esasperati e si è rivelata
invece l’annuncio della classe dirigente che avremmo trovato di lì a poco in
Parlamento. Speriamo soltanto, per il bene della nazione, che stavolta Ciprì
abbia esagerato con i suoi cieli plumbei sulle nostre disgrazie.
(Da: http://trovacinema.repubblica.it/)
Il libro
Un romanzo che sembra una pièce
teatrale, una tragedia greca; con un incedere costante, senza cedimenti. Questo
è E' stato il figlio, ultima fatica letteraria di Roberto Alajmo, edito da
Mondadori. Era difficile, dopo il grande successo di Cuore di madre, con il
quale il giornalista e scrittore palermitano è arrivato, nel 2003, buon secondo
alla finale del Premio Strega, tornare in libreria e stupire di nuovo i
lettori, ma Alajmo ci riesce; e lo fa con stile.
La trama è molto semplice, tutto
sembra già chiaro fin dal titolo; "è stato il figlio", il ventenne
Tancredi, a uccidere Nicola Ciraulo, un Ellesseù (lavoratore socialmente
utile); il motivo sembra essere un banale incidente causato da Tancredi, un
graffio sulla fiancata dello "status symbol"; la Volvo che Nicola ha
da poco acquistato con i soldi ricevuti per la morte della figlia. Serenella, 6
anni, è stata uccisa per sbaglio durante una sparatoria mafiosa, sotto casa, a
Palermo.
Tancredi finisce in carcere, ma c'è
qualcosa che non convince gli inquirenti.
Perché il ragazzo si rifiuta di
parlare con gli inquirenti e di confessare? Perché la pistola con cui
l'omicidio è stato commesso non si riesce a trovare e sembra sparita nel nulla?
Della trama non diremo di più, ai
lettori il piacere di scoprire che piega riesce a prendere questa storia
palermitana, dove la città è quasi assente "fisicamente" ma sempre
presente nelle frasi, nei pensieri.
C'è, nel libro, un'atmosfera
claustrofobica. Il luogo topico, attorno al quale ruota tutto l'incedere del
romanzo, è la casa familiare: dove si consuma il delitto vero e palese, cioè
l'uccisione di Nicola, ma dove si consumano anche i piccoli delitti nascosti, i
soprusi psicologici della madre e della nonna di Tancredi, figure
indimenticabili e inquietanti. Figure che sembrano confermare ciò che scrisse
Leonardo Sciascia, nel famoso articolo intitolato Le zie di Sicilia pubblicato
su L'Espresso nel 1974: il matriarcato siciliano visto come nucleo originario
della mafiosità.
C'è da parte dell'autore un'ottima
"immedesimazione" nei personaggi: troviamo descrizioni perfette, un
linguaggio vivo e reale. Espressioni tipicamente siciliane con numerose
inversioni degli elementi del periodo. Frasi smontate e rimontate, in una
narrazione che ruota su sé stessa lasciando fino all'ultimo una sensazione di
attesa e sospensione.
Il capitolo sulla morte di Serenella
è un piccolo capolavoro narrativo; lo sguardo della bambina, la sua
non-consapevolezza della morte, l'innocenza totale e disarmante dei suoi
pensieri, sono cose che scuotono e fanno pensare. Ma sempre, in ogni pagina,
anche nelle più drammatiche, Alajmo riesce a scrivere con tocco leggero, con un
umorismo sottile e strisciante; riesce a dare una luce meno amara alla realtà
di una famiglia e di una società dove la speranza, la bellezza della vita, la
fiducia, sono irrimediabilmente fuori dalla porta; che è sbarrata.
Robero Alajmo
E' stato il figlio
Arnoldo Mondadori Editore, 2005
16,00 euro
(Da:
http://www.ilportaledelsud.org/)
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