Roberto Esposito - Ritrovare Nietzsche oltre il nichilismo
Prima
di scoprire chi sia il bue squartato cui Sossio Giametta allude nel titolo del
libro-intervista con Giuseppe Girgenti (Il bue squartato e altri macelli,
Mursia), è bene premettere qualcosa sull’autore. Non abbastanza noto al
pubblico – per una marcata autonomia rispetto ai riti dell’accademia e ai
vincoli del politicamente corretto, di cui la parte finale del volume fornisce
ampia testimonianza- Giametta è un saggista, scrittore e soprattutto traduttore
tra i più prolifici e validi della cultura filosofica italiana. Autore di testi
narrativi e di vari saggi, il suo lavoro più prezioso è costituito dalle
traduzioni di classici di assoluta rilevanza come l’Ethica di Spinoza,
Il Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer e vari tomi
dell’edizione critica di Nietzsche, del quale è uno dei maggiori conoscitori. È
proprio il filosofo tedesco il “bue” del titolo – smembrato da una serie di
interpretazioni parziali, più utili a fornire ragguagli sulla prospettiva
degli interpreti che su quella del loro oggetto. Nessuna di esse – si pensi a
quelle, celebri, di Heidegger, Jaspers, Bataille, Klossowski, Deleuze- riesce,
secondo Giametta, a penetrare fino in fondo nel cuore della filosofia di
Nietzsche.
Fermo
restando che proprio questa inafferrabilità – l’aver potuto dare luogo a
letture tanto diverse ed anche opposte – è la prova più palese della
straordinaria ricchezza della filosofia nietzscheana, lo strumento adoperato
dall’autore per riscoprirla in tutta la sua complessità è un metodo
intensamente storico. Il segreto che resta ancora celato nella scrittura
aforistica di Nietzsche è l’effetto ambivalente del rapporto con il suo tempo,
in una modalità che da un lato ne riporta impressi i segni e dall’altro, come
accade ai grandi autori, si spinge oltre di esso. Se, come moralista, Nietzsche
decostruisce i grandi apparati logici con cui il sapere filosofico, fin dalla
sua matrice platonica, si difende dalla caoticità dell’esperienza e dalla
imprevedibilità del divenire, come pensatore, elabora un lessico filosofico
talmente nuovo da entrare in contraddizione con se stesso fino al punto
di poter essere appropriato dalla propaganda fascista.
Dove porta – si chiede Giametta – la
trasvalutazione di tutti i valori spirituali in semplici entità fisiologiche? E
come tenere insieme due vettori apparentemente contrastanti come quelli della
volontà di potenza e dell’eterno ritorno? Per cogliere il senso d’insieme della
sua risposta bisogna collocarla all’interno della costellazione di pensiero
tracciata nel libro. Essa, pur percorrendo l’intera tradizione filosofica,
converge intorno ai quattro nomi di Bruno, Spinoza, Schopenhauer e appunto
Nietzsche. Cosa li connette al di là delle tante differenze di contesto e di
ispirazione? Si tratta di una comune tendenza a situare l’uomo all’interno
dell’universo biologico-naturale, sottraendogli la sua assoluta centralità
rispetto agli altri esseri viventi. Soltanto se riconosce il proprio
radicamento nella falda della vita che lo assimila alle altre specie animali,
l’uomo sarà in grado di rompere la gabbia della propria determinazione,
aprendosi a una possibilità di scelta autonoma. In questo senso la sua libertà,
ben diversa dal libero arbitrio della concezione cristiana e personalistica, fa
tutt’uno con l’impulso della sua natura. In questo modo Giametta, allontanando
Nietzsche dalle interpretazioni cristiane, lo sottrae, insieme, a quella
radicalmente nichilistica. La forza della sua filosofia si gioca sulla
possibilità, inedita e altamente problematica, di cercare il futuro dell’uomo
non in una fuga da se stesso, ma nel nodo irresolubile che lo salda alla sua
radice naturale.
DA La Repubblica 4 agosto 2012
Vedi pure: Raffaele La Capria Il
vero Nietzsche moralista e poeta
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