18 settembre 2012

LINGUE DELLA MEMORIA. Diari premiati a Pieve.





Chimento, come negli anni scorsi Bordonaro e Rabito, vince il premio Pieve di Santo Stefano 2012

Foto di Castrenze Chimento

 


Proprio come Tommaso Bordonaro e Vincenzo Rabito, Castrenze Chimento è il nuovo vincitore del premio Pieve Saverio Tutino dedicato ai diari. “Nelle sue memorie rievoca una infanzia di abusi, abbandono e violenze con una scrittura allo stesso tempo sorgiva, lirica e visionaria, capace di una empatia quasi magica con la natura e gli animali”: così la Giuria del Premio Pieve Saverio Tutino si è espressa decretando Castrenze Chimento - siciliano analfabeta, che ha imparato a scrivere a 74 anni proprio per raccontare la sua storia - vincitore della 28esima edizione della manifestazione.

Ospite d'onore dell'evento promosso dall'Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano (Arezzo) è stato il regista, attore e produttore cinematografico Nanni Moretti, al quale è stato conferito il premio Città del diario 2012.

Chimento, nato ad Alia (Palermo) nel 1935, nella sua memoria racconta episodi avvenuti tra il 1940 e il 1956. Lo fa con grande intensità e, si legge ancora nella motivazione, “traducendo l'oralità sulla pagina, testimonia la fiducia nel potere sacrale della scrittura”. A colpire in particolar modo la giuria inoltre è stata la sua volontà di imparare a scrivere per poter poi raccontare la sua vita. L'autore infatti si è iscritto all'età di 74 anni a un Centro territoriale permanente per l'educazione degli adulti di Palermo ed è riuscito finalmente a realizzare il suo sogno. 

Qualche  notizia  su Pieve e sul suo Premio

 Al confine tra Toscana, Umbria e Romagna sorge il borgo di Pieve Santo Stefano. Siamo nel cuore della Valtiberina, lembo di Toscana ancora incontaminato dai flussi turistici, nonostante ci si trovi nella patria di Piero della Francesca, di Michelangelo, d’Alberto Burri. Il paese antico è stato completamente distrutto nell’agosto 1944 dalle mine dell’esercito tedesco, che, prima della ritirata, aveva tracciato sopra Pieve, verso Nord, un tratto della Linea Gotica. Tra i pochi edifici rimasti in piedi, il palazzo comunale, a forma di L come un libro aperto sul leggio, con gli stemmi delle casate alle pareti.

Quarant’anni dopo la fine della guerra, in un’ala di quell’edificio, è sorta una casa della memoria: una sede pubblica per conservare scritti di memorie private. Si tratta infatti di un Archivio pubblico, che raccoglie scritti di gente comune in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e la storia d’Italia: sono diari, epistolari, memorie autobiografiche.
L’Archivio, che da tempo ha attirato l’attenzione di studiosi e giornalisti anche fuori d’Italia, è stato ideato e fondato dallo scrittore e giornalista Saverio Tutino (Milano 1923). Attivo resistente durante la guerra, Tutino ha lavorato in seguito nella stampa comunista come inviato e corrispondente in diversi paesi del mondo e in particolare in America Latina. Ha partecipato nel 1975 alla nascita del quotidiano «La Repubblica» dove ha lavorato fino al 1985. Nel 1984 ha l’idea di fondare a Pieve Santo Stefano un luogo in cui accogliere le scritture autobiografiche degli italiani e pensa subito di creare un concorso per diari.
Questo luogo serve non solo a conservare, come un museo, brani di scrittura popolare, vuole far fruttare in vario modo la ricchezza che in esso viene depositata. Fra taccuini delle trincee di guerra, lettere d’amore dei secoli passati, diari di giovani chiusi a chiave con il lucchetto, racconti di migranti, segreti affidati a pagine di quaderni, spicca il Lenzuolo a due piazze che la Clelia Marchi, contadina, ha riempito di fitte righe con la storia della sua vita, composte con pazienza, con un pennarello, quando è morto suo marito Anteo. Una notte, Clelia non trova un pezzo di carta in tutta la casa. Di colpo la memoria le restituisce il volto della maestra elementare. «Martini Angiolina raccontava che gli Etruschi avvolgevano le mummie nelle lenzuola». Apre l’armadio e prende un lenzuolo bianco del corredo, di una dote che non serve più. Lo poggia su un cuscino che adagia sulle ginocchia. Incolla sulla sinistra la foto del marito, sulla destra la sua e al centro il sacro cuore di Gesù. Di getto, incomincia a scrivere la storia della sua vita, solo verità e «Gnanca na busia» (Neppure una bugia).


 

È proprio grazie all’Archivio, dunque, che Pieve, dopo aver vista cancellato il proprio passato, è diventata la capitale della memoria. Come una sorta di risarcimento per il danno subito.
Barbara Musetti
Per saperne di più www.archiviodiari.it
Fondazione Archivio Diaristico Nazionale – onlus
Piazza Amintore Fanfani, 14 52036 Pieve Santo Stefano (AR)



 

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