Oggi su L’unità Alberto Crespi
ricorda così Michelangelo Antonioni:
Antonioni: il
regista dell'incomunicabilità
Se dovessimo
citare la prima scena di un film di Antonioni che ci viene in mente, sarebbe un
momento di «Zabriskie Point». Mark Frechette, il giovane protagonista, viene
fermato durante una manifestazione e i poliziotti gli chiedono le generalità.
Lui, alla domanda «come ti chiami?», risponde «Karl Marx». Quelli, ignoranti!,
non fanno una piega. Ora, non è certo una battuta da cinepanettone, e nemmeno
da commedia all’italiana, però ricordiamo benissimo che quando vedemmo
Zabriskie Point per la prima volta, nei lontanissimi anni 70, ci fece ridere.
Direte: vi accontentavate di poco. Vero, ma forse la risata veniva dalla
sorpresa.
Andando a vedere i film di Antonioni, tutto ci si aspettava meno che il divertimento. Scoprire che in un’opera di siffatto regista si annidava un grammo di ironia era cosa del tutto inaspettato. Oggi Michelangelo Antonioni compirebbe cent’anni, come un Manoel de Oliveira qualsiasi. In realtà il grande portoghese, il prossimo 11 dicembre, di anni ne farà 104: è del 1908, e nell’ambiente circola una leggenda metropolitana secondo la quale se ne toglierebbe due, per civetteria. Ne avrebbe, quindi, 106! Antonioni è arrivato quasi a 95: nato a Ferrara il 29 settembre 1912, è morto a Roma il 30 luglio 2007, lo stesso giorno di Ingmar Bergman. Tornando per un attimo a Oliveira, noi speriamo sinceramente che l’affettuosa malignità (passateci l’ossimoro) sulla sua età sia vera: trasformerebbe il Maestro in un uomo, ed è la stessa cosa che ci piacerebbe fare con Antonioni. Spinti, in questo, da un vecchio amico che è arrivato, anche lui, ai 95: Mario Monicelli.
Come tutti ricorderete, Antonioni e Monicelli a un certo punto si «passarono» la Musa: Monica Vitti, che aveva incarnato le eroine dei famosi film sull’incomunicabilità ( L’avventura , La notte , L’eclisse , Deserto rosso ), saltò il fosso, fece La ragazza con la pistola e diventò una star comica. La ragazza con la pistola (che per metà si svolge in Inghilterra) è quasi coevo di Blow Up , ed è davvero curioso che due cineasti italiani, nel mezzo degli anni 60, siano andati a raccontare la Swingin’ London sia pure con stili e toni così diversi. Ma quando facevamo notare a Monicelli questa coincidenza, lui ci guardava come fossimo gli scopritori dell’ombrello: «Beh, erano gli anni 60, le novità venivano da lì, non eravamo mica scemi!». Dietro la battuta, in realtà, si nascondeva una fortissima stima reciproca: Antonioni e Monicelli erano amici, si frequentavano spesso, e fu nel corso di lunghe chiacchierate che Mario scoprì quanto Monica fosse buffa. «Li vedevo spesso e pensavo: ma guarda questa quanto è simpatica, potrebbe essere una grande attrice comica e Michelangelo le fa fare solo quei ruoli tristi…».
Da lì venne l’idea, che naturalmente gli allora compagni di vita, Vitti & Antonioni, abbracciarono. È molto bello rivedere certi film di Antonioni (non tutti). Occorrerebbe, ad esempio, rivalutare i primissimi film, Cronaca di un amore , La signora senza camelie : bellissimi. E sono sempre godibili i film del periodo «anglofono»: i citati Blow Up e Zabriskie Point , e il successivo Professione: reporter . Dire Antonioni significa normalmente evocare i suddetti film «dell’incomunicabilità», in realtà i lavori meno datati del regista sembrano, oggi, quelli della prima e della penultima fase della carriera (lasciamo perdere l’ultima, da Identificazione di una donna in poi). Ma la verità è un’altra: la perfezione formale e la ricchezza strutturale dell’opera hanno messo in secondo piano gli aspetti più curiosi dell’uomo. A noi piacerebbe molto leggere una biografia (anche «non autorizzata») che rimettesse in primo piano l’uomo, perché gli scarni racconti che, a spizzichi e bocconi, vanno oltre l’apparenza del Grande Artista sono spesso illuminanti. Secondo Monicelli, appunto, Antonioni era simpatico: e ammetterete che, vedendo i film, non si direbbe. Anche altri grandi della commedia, come Scola e Risi, confermano: ma nei loro film l’hanno qua e là preso in giro. Scola in C’eravamo tanto amati , dove Elide - la meravigliosa Giovanna Ralli -, moglie ignorante e coatta di Gassman, appende quadri vuoti alle pareti dopo aver visto l’eclisse ed esserne rimasta «stranita»; Risi nel Sorpasso , dove Bruno Cortona/Gassman confessa di aver visto… L’eclisse , sempre quello!, e di averci dormito sopra. «Bel regista, Antonioni - prosegue Gassman - c’ha un Flaminia Zagato che una volta sulla fettuccia di Terracina m’ha fatto allungà er collo».
Ecco: mancano, ad esempio, testimonianze dirette (o comunque noi non ne abbiamo mai incontrate) su come Antonioni reagisse a queste punzecchiature, amabili ma anche feroci, della commedia all’italiana. Avrà riso? Si sarà arrabbiato? Difficile indovinarlo. Perché un’altra caratteristica dell’Antonioni privato è una lieve permalosità. Stavolta la fonte è diretta: Francesco Maselli, suo storico aiuto-regista (ed è confermata nell’autobiografia di un’attrice americana che ha lavorato con entrambi, nel Grido e nei Delfini : Betsy Blair). Quando Maselli esordisce nella regia con Gli sbandati , nel 1955, comincia naturalmente a concedere svariate interviste in cui gli viene immancabilmente chiesto quali siano i suoi maestri, i suoi registi di riferimento. E invece di citare Antonioni, cita spesso e volentieri Kenji Mizoguchi, il grande giapponese di O-Haru e L’intendente Sansho (per altro, un sommo cineasta che spesso, nelle storie del cinema, viene accostato ad Antonioni). Qualche tempo dopo, Antonioni e Maselli si ritrovano ad una tavolata al ristorante (c’è anche, appunto, Betsy Blair). Arriva il momento del conto. Maselli si fruga le tasche e scopre di aver dimenticato il portafogli. A quel punto, chiede ad Antonioni se può prestargli 10.000 lire. La risposta di Michelangelo è raggelante: «Fattele prestare da Mizoguchi».
Ecco, a noi piacerebbe leggere un libro pieno di storie così. L’Antonioni che si incazza (anche giustamente, suvvia!) perché il discepolo non l’ha omaggiato nei modi dovuti è, appunto, umano. Antonioni ripeteva sempre, in ogni intervista, che per lui fare cinema era un modo di vivere, non era «un’altra cosa» da fare mentre si viveva. Ci piacerebbe andare a fondo su questa identità fra arte e vita, partendo però dalla vita, che è stata lunga ed emozionante. Perché non bisognerebbe mai dimenticare che, essendo nato nel ’12, Antonioni ha vissuto due guerre mondiali, ha scritto sulla rivista Cinema già durante il fascismo (è rimasta famosa e controversa una sua recensione positiva del film nazista e antisemita Suss l’ebreo), è stato uno dei creatori teorici del neorealismo per poi abbandonarlo e superarlo, ne ha insomma combinate - in senso buono - di tutti i colori. Prima o poi accadrà. Nel frattempo tanti auguri, Michelangelo. 100 anni sono una bella età. Ci risentiamo quando ne farai 106, come Oliveira.
Andando a vedere i film di Antonioni, tutto ci si aspettava meno che il divertimento. Scoprire che in un’opera di siffatto regista si annidava un grammo di ironia era cosa del tutto inaspettato. Oggi Michelangelo Antonioni compirebbe cent’anni, come un Manoel de Oliveira qualsiasi. In realtà il grande portoghese, il prossimo 11 dicembre, di anni ne farà 104: è del 1908, e nell’ambiente circola una leggenda metropolitana secondo la quale se ne toglierebbe due, per civetteria. Ne avrebbe, quindi, 106! Antonioni è arrivato quasi a 95: nato a Ferrara il 29 settembre 1912, è morto a Roma il 30 luglio 2007, lo stesso giorno di Ingmar Bergman. Tornando per un attimo a Oliveira, noi speriamo sinceramente che l’affettuosa malignità (passateci l’ossimoro) sulla sua età sia vera: trasformerebbe il Maestro in un uomo, ed è la stessa cosa che ci piacerebbe fare con Antonioni. Spinti, in questo, da un vecchio amico che è arrivato, anche lui, ai 95: Mario Monicelli.
Come tutti ricorderete, Antonioni e Monicelli a un certo punto si «passarono» la Musa: Monica Vitti, che aveva incarnato le eroine dei famosi film sull’incomunicabilità ( L’avventura , La notte , L’eclisse , Deserto rosso ), saltò il fosso, fece La ragazza con la pistola e diventò una star comica. La ragazza con la pistola (che per metà si svolge in Inghilterra) è quasi coevo di Blow Up , ed è davvero curioso che due cineasti italiani, nel mezzo degli anni 60, siano andati a raccontare la Swingin’ London sia pure con stili e toni così diversi. Ma quando facevamo notare a Monicelli questa coincidenza, lui ci guardava come fossimo gli scopritori dell’ombrello: «Beh, erano gli anni 60, le novità venivano da lì, non eravamo mica scemi!». Dietro la battuta, in realtà, si nascondeva una fortissima stima reciproca: Antonioni e Monicelli erano amici, si frequentavano spesso, e fu nel corso di lunghe chiacchierate che Mario scoprì quanto Monica fosse buffa. «Li vedevo spesso e pensavo: ma guarda questa quanto è simpatica, potrebbe essere una grande attrice comica e Michelangelo le fa fare solo quei ruoli tristi…».
Da lì venne l’idea, che naturalmente gli allora compagni di vita, Vitti & Antonioni, abbracciarono. È molto bello rivedere certi film di Antonioni (non tutti). Occorrerebbe, ad esempio, rivalutare i primissimi film, Cronaca di un amore , La signora senza camelie : bellissimi. E sono sempre godibili i film del periodo «anglofono»: i citati Blow Up e Zabriskie Point , e il successivo Professione: reporter . Dire Antonioni significa normalmente evocare i suddetti film «dell’incomunicabilità», in realtà i lavori meno datati del regista sembrano, oggi, quelli della prima e della penultima fase della carriera (lasciamo perdere l’ultima, da Identificazione di una donna in poi). Ma la verità è un’altra: la perfezione formale e la ricchezza strutturale dell’opera hanno messo in secondo piano gli aspetti più curiosi dell’uomo. A noi piacerebbe molto leggere una biografia (anche «non autorizzata») che rimettesse in primo piano l’uomo, perché gli scarni racconti che, a spizzichi e bocconi, vanno oltre l’apparenza del Grande Artista sono spesso illuminanti. Secondo Monicelli, appunto, Antonioni era simpatico: e ammetterete che, vedendo i film, non si direbbe. Anche altri grandi della commedia, come Scola e Risi, confermano: ma nei loro film l’hanno qua e là preso in giro. Scola in C’eravamo tanto amati , dove Elide - la meravigliosa Giovanna Ralli -, moglie ignorante e coatta di Gassman, appende quadri vuoti alle pareti dopo aver visto l’eclisse ed esserne rimasta «stranita»; Risi nel Sorpasso , dove Bruno Cortona/Gassman confessa di aver visto… L’eclisse , sempre quello!, e di averci dormito sopra. «Bel regista, Antonioni - prosegue Gassman - c’ha un Flaminia Zagato che una volta sulla fettuccia di Terracina m’ha fatto allungà er collo».
Ecco: mancano, ad esempio, testimonianze dirette (o comunque noi non ne abbiamo mai incontrate) su come Antonioni reagisse a queste punzecchiature, amabili ma anche feroci, della commedia all’italiana. Avrà riso? Si sarà arrabbiato? Difficile indovinarlo. Perché un’altra caratteristica dell’Antonioni privato è una lieve permalosità. Stavolta la fonte è diretta: Francesco Maselli, suo storico aiuto-regista (ed è confermata nell’autobiografia di un’attrice americana che ha lavorato con entrambi, nel Grido e nei Delfini : Betsy Blair). Quando Maselli esordisce nella regia con Gli sbandati , nel 1955, comincia naturalmente a concedere svariate interviste in cui gli viene immancabilmente chiesto quali siano i suoi maestri, i suoi registi di riferimento. E invece di citare Antonioni, cita spesso e volentieri Kenji Mizoguchi, il grande giapponese di O-Haru e L’intendente Sansho (per altro, un sommo cineasta che spesso, nelle storie del cinema, viene accostato ad Antonioni). Qualche tempo dopo, Antonioni e Maselli si ritrovano ad una tavolata al ristorante (c’è anche, appunto, Betsy Blair). Arriva il momento del conto. Maselli si fruga le tasche e scopre di aver dimenticato il portafogli. A quel punto, chiede ad Antonioni se può prestargli 10.000 lire. La risposta di Michelangelo è raggelante: «Fattele prestare da Mizoguchi».
Ecco, a noi piacerebbe leggere un libro pieno di storie così. L’Antonioni che si incazza (anche giustamente, suvvia!) perché il discepolo non l’ha omaggiato nei modi dovuti è, appunto, umano. Antonioni ripeteva sempre, in ogni intervista, che per lui fare cinema era un modo di vivere, non era «un’altra cosa» da fare mentre si viveva. Ci piacerebbe andare a fondo su questa identità fra arte e vita, partendo però dalla vita, che è stata lunga ed emozionante. Perché non bisognerebbe mai dimenticare che, essendo nato nel ’12, Antonioni ha vissuto due guerre mondiali, ha scritto sulla rivista Cinema già durante il fascismo (è rimasta famosa e controversa una sua recensione positiva del film nazista e antisemita Suss l’ebreo), è stato uno dei creatori teorici del neorealismo per poi abbandonarlo e superarlo, ne ha insomma combinate - in senso buono - di tutti i colori. Prima o poi accadrà. Nel frattempo tanti auguri, Michelangelo. 100 anni sono una bella età. Ci risentiamo quando ne farai 106, come Oliveira.
Alberto Crespi, da L’unità del 29 settembre 2012.
Nessun commento:
Posta un commento