piero cartosio
PIERO CARTOSIO
IL MIO INCONTRO CON DANILO DOLCI
Il mio primo incontro con Danilo Dolci avvenne
quando avevo dieci anni. Una domenica della tarda estate fui invitato insieme
alla mia famiglia nella sua casa di Partinico, dove trovammo, fra gli altri,il compositore e pianista Eliodoro Sollima,del quale fece
ascoltare e commentare una sonata per pianoforte riprodotta da un
registratore. Alla fine dell’incontro
Danilo propose a me e ai fratelli di dedicarci al flauto dolce e destinò a ognuno
di noi una taglia di strumento coerente con l’età. A me, che ero il più giovane, toccò quello più piccolo. Già a
quell’epoca i suoi figli, benché giovanissimi, avevano formato un quartetto di
flauti ed eseguivano, anche in occasioni pubbliche, i corali delle cantate di
Bach. In seguito alcuni di loro sarebbero diventati professionisti della
musica.
Credo che il compositore preferito da Dolci sia
stato proprio Bach, anche per le sue virtù umane, oltre che musicali, fra le
quali il rappresentare la musica come paradigma di dialoghi virtuosi. Danilo
aveva studiato un poco l’organo, prevalentemente da autodidatta.) Nella
polifonia le voci devono tenere rigorosamente conto di ciò che è stato esposto
prima; nella musica d’insieme è indispensabile una costante sensibilità sociale
con gli altri esecutori e con il pubblico, per il raggiungimento di un
risultato convincente, univoco e ispirato: il “miracolo”, come Dolci stesso
usava dire per sottolineare come un ascolto attento lo potesse provocare. Non
meno importanti e “strategici” sono, nella produzione di Bach, i corali delle
cantate, dove il massimo di espressione musicale si affianca agli scarni mezzi
espressivi che il compositore si obbliga a rispettare,una prodigiosa leva
(termine a lui molto consueto) in chiave pedagogica. Ben presto, attraverso
questa ed altre leve, collaborando con le scuole e con l’accondiscendenza degli
amministratori pubblici, nei primi anni’70 Danilo avvicinò alla musica e ai
suoi paradigmi diverse decine di giovani di Partinico: felici, fra l’altro, di
poter acquistare uno strumentino di legno ben intonato che veniva fornito dalla
fabbrica svizzera Küng al prezzo modico di mille lire. I giovani ebbero come
docente un anziano ed esile, quanto autorevole, professore inglese, Edwin
Alton, che collaborò in vari periodi con Dolci facendo lezione a gruppi di
allievi, talvolta numerosissimi, che si riunivano a Partinico nel salone del
“Centro Studi e Iniziative” di Largo Scalia o della scuola media “Privitera”.
Grazie ai cordiali rapporti di Dolci col musicologo
Giancarlo Rostirolla, presidente della Società Italiana del Flauto Dolce di
Roma furono realizzati nel campus di
Borgo di Dio a Trappeto diversi seminari di flauto dolce e di musica barocca
con docenti e allievi provenienti da tutta Europa. Fra i docenti fu presente
una volta Edgar Hunt, che da giovane aveva fatto parte del cenacolo di pionieri
che avevano riscoperto e riproposto il flauto dolce nei primi decenni del ‘900
dopo un silenzio per quasi due secoli, e Ferdinand Conrad, fra i primi a
registrare dischi in vinile con musica per flauto dolce.
L’attenzione musicale di Dolci non si limitava al
flauto dolce e alla musica barocca: intorno alla fine degli anni ’60 e nella
prima metà degli anni ’70 il sociologo triestino propose concerti di musica
classica e di musica del Novecento nell’auditorium del Borgo di Dio, nella
“Festa Popolare-settembre al borgo”, in occasione di gruppi in
visita e con i più vari pretesti. Per queste iniziative concertistico-educative
Dolci sensibilizzò un po’ tutti i migliori musicisti dell’area palermitana, a
iniziare dalle prime parti Orchestra Sinfonica Siciliana che si era costituita
da pochi anni. Alcuni di essi diventarono amici di Danilo; altri si defilarono.
Ai concerti si trovava sempre un programma stampato che tutti potevano portare
a casa per rileggerlo o per farselo leggere; Dolci controllava personalmente la
loro redazione.
Fra gli interessi musicali di Dolci non mancava
dunque la musica contemporanea, con una speciale predilezione per Bela Bartòk.
Nel compositore ungherese e nella sua opera di rielaborazione e sublimazione
del linguaggio popolare balcanico in veste classica trovano tutti gli
ingredienti della musica di finissima, talvolta rarefatta qualità, nella quale
lo sperimentalismo non è fine a se stesso ma poggia su solide basi. In anni di
“musica impegnata”, nei quali a gusti musicali diversi corrispondevano
necessariamente opposte Weltanschaungen,
Danilo coltivò amicizie con compositori come Luigi Nono, politicamente
impegnato all’interno del partito comunista italiano.
Piero Cartosio
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