Parlare e scrivere di alienazione sembra che non sia più di moda. D'altra parte siamo talmente alienati ed immersi in essa da non vederla più. Ci voleva un ragazzo, che ha lavorato per qualche tempo in un grande centro commerciale catanese, per farcela rivedere e toccare con mano.
La poesia di Antonio Lanza è nata così, come tutte le cose vere, non dai libri ma dalla vita, dall'esperienza diretta. E mi sembra quasi miracoloso che qualcuno se ne sia accorto!
Riprendo di seguito alcuni suoi versi tratti dal poemetto Suite Etnapolis, inserito nel XIII Quaderno italiano di Poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2017), insieme ad una recensione che ne ha fatto Marco Marino.(fv)
Le silenziose
in camice giallo presto
al mattino adempiono alle pulizie
ordinarie; pulire dai residui
di escrementi i cessi, sostituire
la carta igienica dove manca,
aggiungere il sapone liquido
per le mani, lavare a dovere
i pavimenti. Lasciano andandosene l’odore
delle pulizie comandate, guasti
o intermittenti alcuni dei faretti, strisce
di sporco agli specchi, grumi sparsi
di unto di anni alle piastrelle, velate
di calcare le fontane. Sono donne minute
o corpulente, e le immagini poco
istruite ma piene di forza, puledre
resistenti alle fatiche, indurite
madonne. I forti guasti del vivere
tracciati su visi ormai corazzati,
sembrano
aver fatto di se stesse una collezione
a imbuto di sbagli: da ragazze, giovanotti
e buona sorte si alternarono in ginocchio,
i gradini delle scuole sembrando
un trampolino di tre metri da cui
staccarsi fiduciose per il tuffo; e poi,
come fu che poi l’aria a tradimento
si assottigliò, come fu che al salto
mancò velocità e rotazione, che l’atteso
ingresso in acqua avvenne di pancia,
con incresciosi schizzi dappertutto.
Voci dagli altoparlanti
I
Il lavoro che sta per iniziare l’inizio
del lavoro il lavoro che sta per finire
la fine del lavoro tutto qui è predefinito
da voci registrate tutto qui è finalizzato
a che siano in sincrono tutte le attività
ed è di donna gentile la voce che annuncia
l’apertura del centro che augura piacevole
permanenza a chi lo frequenta che dispensa
calorosi buon lavoro a chi vi passa le ore
ed è d’uomo di polso l’attitudine al comando
di uomo cui per istinto si concede ubbidienza
la voce che invita a guadagnare le uscite
la voce che ringrazia per la fiducia accordata.
III
E il divieto, cifra
del padre, parla a Etnapolis con voce
maschile: vietato entrare negli ascensori
con il carrello, vietato fumare,
vietato parcheggiare in un posto
riservato ai disabili.
Ma al di qua di questi
deboli steccati, a messe di auguri
di piacevole permanenza, di buoni
acquisti, di felice anno nuovo è
voce accogliente di donna perché alla donna
compete la sfera degli affetti,
i doveri di casa, le calde
mani sul viso.
Antonio Lanza
*****
Di un centro commerciale e delle vite che al suo interno
si snodano tratta il primo libro di poesie di Antonio Lanza dal titolo Suite Etnapolis, pubblicato quest’anno
nel XIII Quaderno italiano di
poesiacontemporanea della Marcos y Marcos.
Etnapolis non può essere definito soltanto un centro
commerciale situato sulla SS 121 Catania – Paternò. Il chilometro che occupa
veste nei panni della Citta del Tempo
Ritrovatouna dimensione acronica in cui il personale e i visitatori sono
intrappolati da un nuovo senso etico: i buoni propositi sono ormai stati
soppiantati dai buoni acquisti.
I giorni della settimana - che scandiscono i canti
della silloge - trascorrono meccanicamente invariabili in quel tempio eretico
di luce perenne ([…]Etnapolis,/ pista di
decollo, navicella spaziale, Ecclesia -/ piàcciati entrare intera nel mio
canto, le luci come l’immondo, p. 133). Ad Etnapolis Il tempo, e quindi la
storia, s’è trasformato nella fatale conta
del profitto, ogni neon illumina l’uomo perché esso possa fare parte di
quel calcolo. Pasolini, sessant’anni fa, in Le
ceneri di Gramscisi chiedeva: Ma come
possiedo io la storia, / essa mi possiede; ne sono illuminato:// ma a che serve
la luce?. Lanza, ribaltando i piani dell’illuminismo storico, ci offre una
risposta.
Abbacinati dallo spazio in cui sono costretti,Laura di Lovable, Alfredo il barista, Daniela la
cassiera, Samuele il libraio,
Vanessa di Father&Son sono i
nuovi antieroi dell’anti-epos occidentale. È indicativo che, a dispetto dell’epica
classica, gli epiteti non restituiscano più le qualità fisiche o psichiche dei
possessori ma solo il modo in cui questi novelli paladini del Mercato possono
essere spendibili nel campo di
battaglia armati di prezzatrici e sconti.
In questo scenario annichilente è lecito chiedersi
se esiste o no una exit strategy. Ebbene sì, da Omero ai nostri giorni è ancora
l’amore l’unica forza che riesce a frenare la rovina di un’epoca destinata
all’oblio del sentire umano. A pagina 116 leggiamo le parole di Cinzia, moglie
di Samuele il libraio: «E ma come faremo:/ i soldi potranno a
stento/ bastare, ma basterà l’amore? / Ora lo chiamo alla Mondadori/ e glielo
dico, con forza; dirò/ “Amarci basterà”, senza ulteriori spiegazioni».
Una poesia non può sovvertire la realtà che il mondo vuole - per richiamare alla
memoria la canzone della Coca-cola-, perché la realtà si modifica con l’esserci di uomini pronti al
cambiamento. Una poesia, anzi, una poesia civile ha il compito, però, di
rappresentare l’assuefazione di un presente che pensa di non avere più la
possibilità e l’occasione per esserci.
Antonio Lanza nei suoi versi si dimostra poeta
civile, profondamente conscio della lezione poetica di Giovanni Giudici: «L’essere è più del dire – siamo d’accordo./
Ma non dire è talvolta anche non essere».
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