07 giugno 2017

VITO PARRINELLO VISTO DA D. BILLITTERI




VITO, A MODO MIO
di Daniele Billitteri

Dante fece capire che per andare in paradiso come residente, bisognava passare dall’Inferno attipo reception. Perché meglio dei dannati nessuno sa a chi ci attocca di andare con gli angeli. Così Vituzzo Parrinello si presentò al fiume Oreto dove un Totuccio Dimonio si offrì di traghettarlo e tale Virgilio Pensabene di accompagnarlo in questo passaggio obbligato. Nell’inferno palermitano Vito incontrò una poco di persone conosciute. Ma siccome la classe non è acqua che scorre, tutti furono trattati con rispetto e curiosità, con gentilezza e umiltà. Anche quelli che avevano fatto male assai. Vito era religioso. Conosceva la procedura dell’amore.
Non che porgesse l’altra guancia perché uno deve essere rispettoso. No fissa. D’altra parte Vito era uno che si faceva rispettare nel modo più semplice e inequivocabile: in primis era Buono (una volta sola, che ci abbasta), poi coltivava amore nella serra rigogliosa della sua vita e lo faceva con passione, senza risparmiarsi. Inoltre sapeva le cose e le sapeva bene. Difficile prenderlo in castagna perché, laddove ritenesse di correre questo rischio, faceva un passo indietro e dovendo scegliere tra cattedra e banchi, sceglieva senza esitazione i secondi. Diceva di sapere solo “quattro accordi” ma ne sapeva almeno quaranta e abbracciava la chitarra, seconda solo alla sua Rosa. Avere rispetto di un uomo così era automatico.
In più di tutte queste cose, carissimi amici miei, aveva un’energia speciale e contagiosa. Basta andare a vedere il DNA di Elisa e Giovanni, che un minuto fermi non sanno stare e sembrano diavolicchi dentro la bottiglia. Quanta arte ha consegnato a quei ragazzi?
Vito passò anche dai gironi della passione, di Paolo e Francesca. Ma vuoi mettere? Vito e Rosa? Io lo so, li ho visti. Vito, quando Rosa avvia i suoi ricami profumati di canto e poesia, semplicemente piange. Come un nutrico. Uno di quelli che aveva il segreto del pianto. Lui sapeva che si può piangere anche per una cosa bella, di felicità, di ammirazione. E piangeva per i figli e piangeva per le nipotine. Piangeva per Martorio o per Ninnarò o per le cento e cento bellezze che scovava nelle cantine dimenticate della tradizione popolare. Senza trulòallero truillallà, senza sberleffo volgare. Mai. Tutte lacrime belle.

Daniele Billitteri 
Pezzo ripreso da http://www.maredolce.com/2017/06/05/vito-modo-mio/

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