Roma - L'accesso all'ex Sant'Uffizio
Archivi vaticani. La vendita delle Bolle nella Parigi della Restaurazione
Insieme all'Archivio
Segreto, i documenti dell’Inquisizione furono inviati a Parigi nel
1809 per entrare a far parte dell’archivio centrale napoleonico
della cultura europea. Tremila casse vennero spedite con diversi
convogli in pieno inverno. Due carri caddero in un torrente vicino a
Parma, otto casse precipitarono in un canale tra Torino e Susa. Dopo
la caduta di Napoleone, e nuovamente dopo i cento giorni e la sua
seconda caduta, il Vaticano cercò di organizzare il rimpatrio dei
documenti. Il costo del trasporto a Roma era esorbitante - il
Ministero dell’interno francese rifiutò di collaborare («Non
siamo un ministero delle spese») - e il conte Giulio Ginnasi,
delegato a risolvere la questione, fu costretto a prendere rapide
decisioni. Aveva avuto l’incarico di concentrarsi sugli editti
dottrinali, che dovevano tutti essere restituiti, altrimenti gli era
stato detto di disfarsi del materiale nel modo che riteneva più
opportuno.
Il conte decise di
vendere il primo gruppo di processi alle rosticcerie parigine, perché
servissero a incartare gli alimenti. Furono vendute centinaia di
bolle appartenenti alla Dataria, un altro degli uffici pontifici, e
quando le rimanenti giunsero a Roma vi furono grandi proteste perché
si ritenne che fossero mancanti quelle veramente utili e necessarie.
Il commissario pontificio si recò in fretta a Parigi, reclamò
alcune bolle della Dataria, ma vendette altri 2600 volumi di processi
dell’inquisizione come carta straccia, sebbene avesse la prontezza
di farli prima in mille pezzi. Andò distrutto un totale di 4158
volumi, circa metà dell’archivio.
Settantasette volumi sono
comparsi in seguito al Trinity College di Dublino, altri sono stati
trovati a Bruxelles. Il resto - tutto rimescolato e in parte
distrutto - venne riportato a Roma e lì rimase, a parte tre brevi
occupazioni militari del palazzo durante l’Ottocento. Dal 1940
lavorano alla documentazione due Gesuiti e finalmente, nel 1998, è
stata aperta agli studiosi una piccola sala del palazzo. Ha scritto
Pietro Redondi, esperto di Galileo eccezionalmente ammesso alcuni
anni prima che l’archivio fosse aperto al pubblico: «Questo
palazzo, una stazione obbligata per chiunque voglia compiere un
pellegrinaggio ideale sui luoghi della storia delle idee nell Europa
moderna. Qui, dove piccoli e grandi delatori, piccoli e grandi
inquisitori, piccoli e grandi imputati hanno scritto molti paragrafi
noti e sconosciuti di quella storia difficile».
da Fullen Order, L'ordine cattolico decaduto, Newton & Compton editori, 2005
Brano ripreso dal blog di Salvatore Lo Leggio
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