11 novembre 2018

Intorno alla fine del "Santo Ufficio" dell'Inquisizione

Roma - L'accesso all'ex Sant'Uffizio
 

Archivi vaticani. La vendita delle Bolle nella Parigi della Restaurazione

Insieme all'Archivio Segreto, i documenti dell’Inquisizione furono inviati a Parigi nel 1809 per entrare a far parte dell’archivio centrale napoleonico della cultura europea. Tremila casse vennero spedite con diversi convogli in pieno inverno. Due carri caddero in un torrente vicino a Parma, otto casse precipitarono in un canale tra Torino e Susa. Dopo la caduta di Napoleone, e nuovamente dopo i cento giorni e la sua seconda caduta, il Vaticano cercò di organizzare il rimpatrio dei documenti. Il costo del trasporto a Roma era esorbitante - il Ministero dell’interno francese rifiutò di collaborare («Non siamo un ministero delle spese») - e il conte Giulio Ginnasi, delegato a risolvere la questione, fu costretto a prendere rapide decisioni. Aveva avuto l’incarico di concentrarsi sugli editti dottrinali, che dovevano tutti essere restituiti, altrimenti gli era stato detto di disfarsi del materiale nel modo che riteneva più opportuno.
Il conte decise di vendere il primo gruppo di processi alle rosticcerie parigine, perché servissero a incartare gli alimenti. Furono vendute centinaia di bolle appartenenti alla Dataria, un altro degli uffici pontifici, e quando le rimanenti giunsero a Roma vi furono grandi proteste perché si ritenne che fossero mancanti quelle veramente utili e necessarie. Il commissario pontificio si recò in fretta a Parigi, reclamò alcune bolle della Dataria, ma vendette altri 2600 volumi di processi dell’inquisizione come carta straccia, sebbene avesse la prontezza di farli prima in mille pezzi. Andò distrutto un totale di 4158 volumi, circa metà dell’archivio.
Settantasette volumi sono comparsi in seguito al Trinity College di Dublino, altri sono stati trovati a Bruxelles. Il resto - tutto rimescolato e in parte distrutto - venne riportato a Roma e lì rimase, a parte tre brevi occupazioni militari del palazzo durante l’Ottocento. Dal 1940 lavorano alla documentazione due Gesuiti e finalmente, nel 1998, è stata aperta agli studiosi una piccola sala del palazzo. Ha scritto Pietro Redondi, esperto di Galileo eccezionalmente ammesso alcuni anni prima che l’archivio fosse aperto al pubblico: «Questo palazzo, una stazione obbligata per chiunque voglia compiere un pellegrinaggio ideale sui luoghi della storia delle idee nell Europa moderna. Qui, dove piccoli e grandi delatori, piccoli e grandi inquisitori, piccoli e grandi imputati hanno scritto molti paragrafi noti e sconosciuti di quella storia difficile».

da Fullen OrderL'ordine cattolico decaduto, Newton & Compton editori, 2005
 
Brano ripreso dal blog di Salvatore Lo Leggio

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