L’ipocrisia
Le cronache mediatiche senza memoria né pensiero critico tendono a rimuoverlo, ma se c’è un tratto che segna da decenni le politiche italiane come pienamente europee è certamente quello che riguarda le ipocrisie sulle persone migranti. Ogni 9 novembre l’Europa dei mercati e delle tecnocrazie non manca di celebrare l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, ma il giorno prima e quello dopo, puntuale, progetta discretamente come alzare nuovi muri e fili spinati contro la pressione delle “invasioni” dei disperati, i barbari disarmati del nostro tempo, gente da cui bisogna difendersi. L’Italia incarna alla perfezione quell’ipocrisia. Dalla fine del secolo scorso, ministri e governi di ogni colore si distinguono per la predica della fermezza e del rigore nella generosa accoglienza. Lo fanno inventando mostruosità giuridiche – dalla detenzione amministrativa della legge Turco-Napolitano del ’98 ai recentissimi sbarchi selettivi, passando per i lager da esportazione di Minniti (di cui si condannano “gli eccessi”) e per la guerra alle Ong (profittatrici del lassismo italico) di Conte-Di Maio e Salvini. E lo fanno attraverso i media, che truccano le statistiche, esaltano le percezioni distorte di realtà inesistenti, istigano alla creazione di capri espiatori responsabili dell’insicurezza e del disagio di milioni di persone spogliate di ogni diritto tranne quello alla “preferenza nazionale”. Guai, però, a parlare di razzismo. L’Italia ne è storicamente immune, si sa, tutt’al più va potenziato il contrasto di un indistinto odio che inevitabilmente s’affaccia qua e là anche nelle migliori patrie e famiglie
La tragedia che riguarda i migranti non conosce tregua. Ancora una volta vengono alla luce tutte le ambiguità di questa Europa, da parte delle sue istituzioni pseudocomunitarie e da parte dei popoli residenti.
Per quanto riguarda le prime, rappresentanti di una Unione pressochè economico-monetaria, sono evidenti tutte le anomalie e le incapacità nel delineare un comune indirizzo politico. Invece, per ciò che concerne la popolazione europea, il comportamento altalenante delle masse – la solidarietà verso i fuggitivi bianchi ucraini, l’ostilità verso gli extraeuropei – è frutto sia di un passivo adeguamento alla narrazione calata dall’alto, quanto di un crescente impoverimento, che ha molteplici cause: le politiche neoliberiste, la crisi finanziaria, l’austerity come dogma, e da ultimo le crisi postpandemica ed energetica.
Una Europa nata da secoli di migrazioni ed incroci fra culture, il cui disegno comunitario postbellico avrebbe dovuto consolidare la solidarietà fra i popoli e l’apertura verso l’esterno. Di fatto si è rafforzato solo il pensiero unico occidentale, quello che si vanta delle sue radici cristiane ma ne ha una concezione particolare da adeguare secondo le circostanze.
Mentre alcuni Stati come la Francia o la Germania sono, pur con tutti i limiti (pensiamo alle politiche postcoloniali o ai salariati sottoproletarizzati), storicamente più preparati a convivere con gli altri, anche qui le vittime sacrificali del depauperamento e del conseguente imbarbarimento indigeno sono gli stranieri residenti o di nuova generazione.
Una tecnocrazia europea incapace di tenere a bada le crescenti spinte nazionalistiche e che è diventata il perfetto mix tra capitalismo e fondamentalismo consumistico-religioso.
L’Europa dei mercati che ha l’ipocrisia di festeggiare l’anniversario della caduta del Muro di Berlino ma contemporaneamente è circondata di muri e fili spinati.
Con campi di detenzione disseminati ovunque.
Una ipocrisia tipica anche dei governi italiani.
Da quando il fenomeno migratorio è diventato questione epocale, a causa dei tanti e troppi conflitti sparsi nel Mondo, ma anche per colpa dei mutamenti climatici o della mancanza di possibilità di una vita economicamente sostenibile, nessun decisore politico ha voluto intraprendere serie politiche di gestione dei flussi.
Nell’Italia degli ultimi venticinque anni i governi similari di centrosinistra e centrodestra hanno adottato provvedimenti in continuità con una visione allarmistica e securitaria. Basterebbe citare solo alcune leggi: la Turco-Napolitano del ’98 o la Bossi-Fini del 2002, fino ad arrivare in tempi recenti al decreto Minniti-Orlando o ai decreti di Salvini nel governo Conte.
L’avvocato Conte è diventato il paladino della sinistra che non c’è, con attegiamenti camaleontici e mutevoli giravolte su se stesso. Oggi se ne apprezzano le dichiarazioni contro l’invio delle armi in Ucraina, ma qualcuno finge di dimenticare come sotto il suo governo le spese militari siano aumentate, nonostante fossimo in piena restrizione pandemica. Evidentemente le famose dichiarazioni dell’allora presidente degli Usa Trump che chiedeva un aumento sul pil delle spese belliche hanno avuto il loro effetto.
E’ arrivata la guerra Nato-Russia, panacea per il sostituto ora alla Casa Bianca, e per il confermato ministro della difesa Guerini nei governi Conte-Draghi. Gli affari nel mondo militare e l’affidamento della Difesa agli esponenti pd sono risaputi da tempo: pensiamo a Violante e a Minniti, alla Pinotti e alla Fondazione Leonardo. Ora a fregarsi le mani per gli affari bellici è il neoministo Crosetto, già a capo della Confindustria militare.
Comportamenti sconcertanti da parte dei politici italiani, come quelli del noto statista ed esperto in politica estera Di Maio, famoso per le sue dichiarazioni sui “taxi del mare” ma anche per la gaffe su Pinochet. Trombato elettoralmente, ritorna grazie a Draghi dalla porta di servizio come esperto del Medio Oriente, chissà se oltre a garantire le commesse e gli affari alle multinazionali sarà in grado di accorgersi fra le tante della questione yemenita o di quella palestinese.
Le doppiezze riguardano anche il ruolo che vogliamo assegnare alle ONG. Queste diventano attendibili quando si tratta di informazioni provenienti dall’Ucraina, ma si generalizza nella loro criminalizzazione quando di tratta di salvare vite.
Il paradosso è che affidabili per il contenimento sono la guardia costiera libica o il sultano Erdogan, a cui elargiamo miliardi di euro ed attrezzature. E questi continuano con il loro doppiogioco ricattatorio e le violazioni dei diritti umani.
Come sempre è la guerra dei numeri a farla da padrone. Si invoca giustamente un maggior coinvolgimento degli altri paesi nell’affrontare la questione.
La realtà però ci dice che al di là dei racconti allarmistici ai fini del consenso, se è pur vero che il Mediterraneo è luogo di transito e sbarco, chi scappa in genere ha già una meta in mente. L’Italia dei barconi accoglie meno migranti non solo rispetto a paesi come la Francia o la Germania, ma anche rispetto alla piccola Malta. Quanto alla Germania non dimentichiamo i milioni di siriani accolti anni fa, o la recente estensione dei sussidi per gli stranieri.
Questo solo per evidenziare alcune differenze rispetto a noi, dove si preferisce non regolarizzare, al fine di sfruttare l’esercito di riserva autoctono e forestiero.
Ci si lamenta di un Paese che invecchia, sceso dopo 15 anni sotto i 59 milioni, e si trascura l’apporto in termini di pil degli stranieri.
Sono questioni quindi, che riguardano tutti i paesi europei. Come le 25 mila morti dal 2014 e le 2000 di quest’anno.
La fortezza Europa ha scelto un’altra strada, diminuendo i flussi extracomunitari, ridottisi di oltre un terzo nel decennio 2005-2015.
Aumenta la migrazione economica intraeuropea, solo per fare un esempio sono tantissimi gli italiani che hanno trovato all’estero quella stabilità lavorativa e quelle condizioni economiche che da noi sono una chimera. Secondo i dati Istat, nel decennio 2010-2019 sono 900 mila gli italiani espatriati all’estero.
La destra di governo e i media si scoprono umani quando sottolineano il trattamento a cui sono sottoposti i migranti dalla gendarmeria francese, come se altrove, nel territorio slavo di confine avvenisse altro. Ad ogni modo, sono anni che le ONG e i volontari ci raccontano dei soprusi a cui sono sottoposte “le non persone”, ma un po’ come per il concetto di cristianità se na fa un uso ed abuso a seconda delle convenienze.
Il problema di fondo rimane quello di un mondo diseguale.
Si scappa dalle guerre e dalla miseria, qualcuno ci guadagna e in milioni sono disperati. In attesa di capire a quali tra tanti fuggitivi sarà concesso il lusso dell’accoglimento rimane l’ipocrisia di chi pensa solo ai suoi sporchi interessi.
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