Filosofia della comunicazione nell’era digitale
Un nuovo saggio di Jürgen Habermas ci invita a una riflessione sugli effetti dei media online sulla sfera pubblica politica
Il
grande filosofo tedesco Jürgen Habermas ci mostra come la cosiddetta
«rivoluzione digitale» abbia mutato
radicalmente la sfera pubblica politica.
Lo spiega in un saggio – contenuto nel suo nuovo libro, per ora
disponibile solo in tedesco – del quale ci ha offerto una sintesi
il filosofo italiano Sebastiano Maffettone sul Sole 24 Ore del 13
novembre.
Il libro in questione è Ein
neuer Strukturwandel der Öffentlichkeit und die deliberative
Politik (in
italiano suona più o meno così: «Una nuova trasformazione
strutturale della sfera pubblica e della politica deliberativa»),
l’editore è Suhrkamp Verlag.
Nel 1962 Habermas scrisse un libro fondamentale, Storia e critica dell’opinione pubblica (Laterza) sulla formazione e trasformazione della sfera pubblica borghese, scrive Maffettone, in una versione storico-sociologica in chiave di filosofia critica.
Nella
sfera pubblica, la discussione sulle questioni di interesse
collettivo dovrebbe essere libera, aperta a tutti, «in condizioni di
eguaglianza istituzionalmente garantita tra i cittadini».
Secondo
Habermas, l’idea normativa della sfera pubblica borghese è che
l’autorità centrale – ricorda Maffettone – dovrebbe essere
«sistematicamente messa in discussione e controllata da un pubblico
di intellettuali. Ma il realizzarsi di tale idea, figlia
dell’Illuminismo, viene fortemente ostacolato
dalla differenza tra classi, generi sessuali, etnie e culture. Tutto
ciò è oggi reso evidente da una formidabile crisi della democrazia
e della comunicazione politica».
La crisi della democrazia causata da questa crisi – forse dovremmo dire fallimento – della sfera pubblica, si accentua dunque con la trasformazione prodotta dall’avvento dei nuovi media digitali, che ha cambiato completamente «il modo in cui formiamo le nostre opinioni».
Il modo in cui il digitale ha in effetti contribuito allo sviluppo dell’azione politica nel mondo è sotto i nostri occhi. Da Black Lives Matter al Mee too, ai Gilet Gialli; e poi il Movimento Cinque Stelle in Italia, ma anche le Primavere arabe e ancora prima Occupy Wall Street: sono fenomeni politici tutti segnati, in modi diversi ma nel profondo, dall’uso dei media digitali.
Maffettone, a questo punto sottolinea opportunamente che i critici della comunicazione digitale ci mostrano come in questa società dominata da tali media sia molto difficile garantire la protezione dell’accesso dei cittadini a «un’informazione seria ed affidabile». La quale presuppone il valore della competenza, la trasparenza delle fonti, «la riduzione al minimo degli attacchi ad personam». E tale difficoltà mette l’informazione in un rapporto sempre più complicato con la verità e la conoscenza.
Nel suo saggio, Habermas si concentra in particolare sulle caratteristiche di due tipi di informazione:
-i media tradizionali (giornali e tv, soprattutto)
-i media on line.
Come prevedibile, per Habermas i media digitali da un lato promettono maggiore inclusione, ma dall’altro comportano rischi notevoli per la sfera politica.
Habermas, ci ricorda Maffettone – da insegnante attento -, presuppone una società idealizzata. Perché il «formarsi dell’opinione pubblica è orientato dalla ragione pubblica e le premesse per cui ciò è possibile consistono in un condiviso rispetto per i fondamenti della democrazia, in un’ampia partecipazione popolare, nel fatto che i cittadini si percepiscano come liberi ed eguali».
Vediamo
bene che tale visione idealizzata della società non può essere
evitata, dal punto di vista di chi ha un progetto normativo nel
quale l’informazione
viene concepita «come un bene pubblico al servizio della
democrazia».
Ma
proprio la «deformazione della sfera pubblica politica», che i
media digitali possono causare, mette a repentaglio un tale progetto.
La confusione tra sfera pubblica e sfera privata
Insomma, l’innovazione digitale può eliminare ostacoli e confini, ma può portare alla dissoluzione della sfera pubblica.
Dissoluzione
– e questo è un passaggio decisivo – che porta
la sfera pubblica a non distinguersi più dalla sfera privata.
In
particolare, questo dipende dal fatto che i soggetti politici
diventano anche direttamente attori nel processo comunicativo.
Infatti, così Maffettone spiega il pensiero di Habermas, i media
digitali non producono più notizie e programmi ma sono
come lavagne bianche su cui ognuno può scrivere.
Salta
dunque – o almeno diventa complesso e confuso – l’equilibrio
tra la sfera privata e la sfera pubblica che dovrebbe caratterizzare
la comunicazione democratica.
Una delle implicazioni di questa condizione è che si diventa autori anche senza averne le competenze. Perché diventare autori di una comunicazione nella sfera pubblica non è facile, richiede tempo per imparare.
Da qui il rischio di frammentazione della sfera pubblica digitale così formata.
Le reti comunicative digitali – spiega Maffettone – possono avvolgersi intorno a sé stesse oppure disperdersi in modo centrifugo. In entrambi i casi, l’effetto è quello di «sfere pubbliche perturbate» (espressione di Habermas), nel cui ambito è molto difficile separare la verità dalla menzogna.
Maffettone conclude il suo ragionamento ricordandoci che Habermas, classe 1929, è uno tra i pochi teorici della politica di alto livello ad affrontare la questione dei media on line «confrontandolo con quello dei media tradizionali e collocandolo all’interno del suo celebrato paradigma di democrazia deliberativa».
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