15 novembre 2022

J. HABERMAS SULLA COMUNICAZIONE NELL' ERA DIGITALE

 







Filosofia della comunicazione nell’era digitale

luigi gavazzi


Un nuovo saggio di Jürgen Habermas ci invita a una riflessione sugli effetti dei media online sulla sfera pubblica politica

Il grande filosofo tedesco Jürgen Habermas ci mostra come la cosiddetta «rivoluzione digitale» abbia mutato radicalmente la sfera pubblica politica. Lo spiega in un saggio – contenuto nel suo nuovo libro, per ora disponibile solo in tedesco – del quale ci ha offerto una sintesi il filosofo italiano Sebastiano Maffettone sul Sole 24 Ore del 13 novembre.
Il libro in questione è 
Ein neuer Strukturwandel der Öffentlichkeit und die deliberative Politik (in italiano suona più o meno così: «Una nuova trasformazione strutturale della sfera pubblica e della politica deliberativa»), l’editore è Suhrkamp Verlag. 

Nel 1962 Habermas scrisse un libro fondamentale, Storia e critica dell’opinione pubblica (Laterza) sulla formazione e trasformazione della sfera pubblica borghese, scrive Maffettone, in una versione storico-sociologica in chiave di filosofia critica. 

Nella sfera pubblica, la discussione sulle questioni di interesse collettivo dovrebbe essere libera, aperta a tutti, «in condizioni di eguaglianza istituzionalmente garantita tra i cittadini».
Secondo Habermas, l’idea normativa della sfera pubblica borghese è che l’autorità centrale – ricorda Maffettone – dovrebbe essere «sistematicamente messa in discussione e controllata da un pubblico di intellettuali. Ma il realizzarsi di tale idea, figlia dell’Illuminismo, viene fortemente ostacolato dalla differenza tra classi, generi sessuali, etnie e culture. Tutto ciò è oggi reso evidente da una formidabile crisi della democrazia e della comunicazione politica».

La crisi della democrazia causata da questa crisi – forse dovremmo dire fallimento – della sfera pubblica, si accentua dunque con la trasformazione prodotta dall’avvento dei nuovi media digitali, che ha cambiato completamente «il modo in cui formiamo le nostre opinioni».

Il modo in cui il digitale ha in effetti contribuito allo sviluppo dell’azione politica nel mondo è sotto i nostri occhi. Da Black Lives Matter al Mee too, ai Gilet Gialli; e poi il Movimento Cinque Stelle in Italia, ma anche le Primavere arabe e ancora prima Occupy Wall Street: sono fenomeni politici tutti segnati, in modi diversi ma nel profondo, dall’uso dei media digitali.

Maffettone, a questo punto sottolinea opportunamente che i critici della comunicazione digitale ci mostrano come in questa società dominata da tali media sia molto difficile garantire la protezione dell’accesso dei cittadini a «un’informazione seria ed affidabile». La quale presuppone il valore della competenza, la trasparenza delle fonti, «la riduzione al minimo degli attacchi ad personam». E tale difficoltà mette l’informazione in un rapporto sempre più complicato con la verità e la conoscenza.

Nel suo saggio, Habermas si concentra in particolare sulle caratteristiche di due tipi di informazione: 

-i media tradizionali (giornali e tv, soprattutto)

-i media on line.

Come prevedibile, per Habermas i media digitali da un lato promettono maggiore inclusione, ma dall’altro comportano rischi notevoli per la sfera politica.

Habermas, ci ricorda Maffettone – da insegnante attento -, presuppone una società idealizzata. Perché il «formarsi dell’opinione pubblica è orientato dalla ragione pubblica e le premesse per cui ciò è possibile consistono in un condiviso rispetto per i fondamenti della democrazia, in un’ampia partecipazione popolare, nel fatto che i cittadini si percepiscano come liberi ed eguali».

Vediamo bene che tale visione idealizzata della società non può essere evitata, dal punto di vista di chi ha un progetto normativo nel quale l’informazione viene concepita «come un bene pubblico al servizio della democrazia».
Ma proprio la «deformazione della sfera pubblica politica», che i media digitali possono causare, mette a repentaglio un tale progetto.

La confusione tra sfera pubblica e sfera privata

Insomma, l’innovazione digitale può eliminare ostacoli e confini, ma può portare alla dissoluzione della sfera pubblica. 

Dissoluzione – e questo è un passaggio decisivo – che porta la sfera pubblica a non distinguersi più dalla sfera privata.
In particolare, questo dipende dal fatto che i soggetti politici diventano anche direttamente attori nel processo comunicativo. Infatti, così Maffettone spiega il pensiero di Habermas, i media digitali non producono più notizie e programmi ma sono come lavagne bianche su cui ognuno può scrivere.
Salta dunque – o almeno diventa complesso e confuso – l’equilibrio tra la sfera privata e la sfera pubblica che dovrebbe caratterizzare la comunicazione democratica.

Una delle implicazioni di questa condizione è che si diventa autori anche senza averne le competenze. Perché diventare autori di una comunicazione nella sfera pubblica non è facile, richiede tempo per imparare.

Da qui il rischio di frammentazione della sfera pubblica digitale così formata.

Le reti comunicative digitali – spiega Maffettone – possono avvolgersi intorno a sé stesse oppure disperdersi in modo centrifugo. In entrambi i casi, l’effetto è quello di «sfere pubbliche perturbate» (espressione di Habermas), nel cui ambito è molto difficile separare la verità dalla menzogna.

Maffettone conclude il suo ragionamento ricordandoci che Habermas, classe 1929, è uno tra i pochi teorici della politica di alto livello ad affrontare la questione dei media on line «confrontandolo con quello dei media tradizionali e collocandolo all’interno del suo celebrato paradigma di democrazia deliberativa».




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