Lo spirito di sistema e i carri armati
ALFIO SQUILLACI
L'ultimo Colletti fu una figura tragica. Dopo tutta una vita intellettuale vissuta dentro l'ideologia del "Dio che ha fallito" - come Koestler chiamava il comunismo -, si accorge che il marxismo ha un motore filosofico fallace ossia la dialettica hegeliana, tutt'altro che scientifica. (Cfr. la celebre intervista politico-filosofica del '75 e il successivo "Tra marxismo e no"). Di qui la sua "disperazione" filosofica. Diceva in qualche intervista che aveva ucciso la mucca (il marxismo) che l'aveva nutrito. Figura tragica e in parte forse grottesca, ma intellettualmente sincera e coraggiosa.
Ma più che la dialettica hegeliana, penso che il passaggio del testimone tra i due, Hegel>Marx, consistesse nello sguardo, nell'approccio mentale "totalitario" - certo nel suo significato filosofico non politico - insito nello "spirito di sistema", ossia quel sistema filosofico che pretende di spiegare tutto, il filugello e Dio, il cielo e la terra, la natura e la società, l'economia e la storia e l'arte ecc. con un'unica rete concettuale a maglie strette.
Lo storico inglese Donald Sassoon minimizza l'hegelismo di Marx e nella sua recente immaginaria "Intervista a Karl Marx" gli fa rispondere: «Oddio, Hegel! Le dirò un segreto. Non ho mai veramente letto se non nel modo più superficiale, la "Fenomenologia dello spirito" di Hegel o la sua "Logica". La vita è troppo breve». Tutt'altro che quella pretesa lettura da cima a fondo di cui scriveva Marx.
Ma il "sistema" no. È tipico del filosofo-panzer-tedesco lo spirito di sistema (cui Nietzsche fu il primo a opporsi). Il filosofo Galvano Della Volpe, maestro di Colletti, quando era fascista scrisse su "Primato" una "Estetica del carro armato" (v. Mirella Serri "I redenti"). Ecco, lo spirito di "sistema" con la sua forza di un carro armato che tutto schiaccia e tutto spiega passa da Hegel a Marx. Se Amleto a tal proposito ricordava con giusto scetticismo che ci sono più cose in cielo e in terra che nella nostra filosofia, Musil centrava il problema quando scriveva: i "filosofi sono dei violenti che non avendo a disposizione un esercito si impadroniscono del mondo chiudendolo in un sistema".
La filosofia mi ha catturato in gioventù se mi sono laureato scegliendo quella facoltà per pura mimesi col prof di liceo bravo. E il fascino di Hegel, che mi ha attratto, è ciò che cattura e respinge: l'esplicitazione del mondo nella sua totalità. Ma chi non ha il suo spirito tetragono sta dalla parte di Amleto: ossia cerca di capire tutte quelle cose, spesso inesplicabili ahimè, che stanno in cielo e in terra e che scappano a un sistema, È questo il terreno della letteratura: limitarsi a narrare ciò che non si sa, non si vuole o non si può spiegare. Mostrando il tutto semplicemente in quel romanzo, genere che a sua volta ha spesso tutte le configurazioni di un sistema, perché chiude il mondo nel perimetro di una storia più o meno esemplare.
(Certo le "storie" hanno una loro "filosofia", un "sugo" direbbe qualcuno, una "formula" che "tutto" tiene nell'arco narrativo, ma un autore vocato sa mostrare quel tutto: il vero e il falso, il reale e il finto, le passioni vere e quelle dissimulate, o le ragioni di un protagonista come quelle del suo antagonista. Ci dà il mondo come tragedia permanente ove i conflitti esplodono non perché uno abbia ragione e l'altro torto, ma perché TUTTI hanno ragione, la PROPRIA ragione).
Alfio Squillaci, LA FRUSTA LETTERARIA
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