Pirandello al quadrato
ANTONINA NOCERA
Pezzo pubblicato il Novembre 2, 2022 nel suo blog http://www.bibliovorax.it/2022/11/02/pirandello-al-quadrato/
Luigi Pirandello ritorna in Sicilia nell’occasione della morte della sua balia, e si imbatte nella compagnia dei tragicomici Onofrio e Bastiano, attore e aspirante drammaturgo di una compagnia di amatori in fase di realizzazione del loro spettacolo “La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu”.
Questa la struttura realista del film di Andò, che ripercorre la tappa siciliana di Pirandello, il suo incontro con Verga, e conclude con la prima di Sei personaggi in cerca di autore, fischiato dal pubblico romano del teatro Valle, poco prima che il dramma diventasse il modello di un nuovo teatro, nel podio dei piu grandi drammaturghi europei, fino al Nobel. Interviene poi nella struttura a cornice, la storia parallela, innervata dalla stranezza, la stranizza tutta siciliana, visionaria e obliqua, che spezzetta la realtà in frammenti disseminati che tutti assieme hanno il loro senso, la loro “quadra”. È un senso che esige l’abbandono della verosimiglianza, delle regole classiche del teatro, di tutti quei patti narrativi che hanno permesso all’arte di svolgere il suo mestiere e al teatro di essere catarsi e rispecchiamento. La stranizza, come la rottura della quarta scenica è una folata di scirocco che ci rende tutti pazzi, ma lucidi, come Enrico IV alle prese con il suo sdoppiamento. Non va compresa ma “intesa”, respirata, come tutte le piccole follie siciliane che Sciascia (cui peraltro è dedicato il film come si legge nei titoli di coda) ha tratteggiato, con la precisione di un cesellatore, di modo che apparissero- borgesianamente- reali più del reale stesso. Andò tenta allora di applicare il metateatro pirandelliano ai personaggi che animano questo film, ne fa visioni, personaggi del processo creativo, follie animate, macchiette spiritate. Gli appaiono, sono reali e surreali, immagini e persone, sono maschere anch’essi. Il serbatoio di questo processo che porta i segni del cortocircuito tra vertà e arte- già maturo – è quella Sicilia che è rappresentata soprattutto dalla farsa, dalla battuta mordace, dallo stereotipo che si fa carne pensante, da quell’apparente semplicità che è complessa come il sorriso della balia morta, l’irrisione della morte, ancestrale e tragica. Come è arcaico, del resto, il legame con il farsesco e la commedia: non è forse stato Plauto ad anticipare il metateatro e la rottura della quarta parete? E si ride allora, con i magistrali Ficarra e Picone deuteragonisti invasati da una gioia della recitazione che si percepisce a ogni singola battuta. Si ride di noi, della vita che ci supera, di Pirandello che ci ha raccontato le nostre maschere, i nostri amari sorrisi, la nostra “stranizza”. E’ un film che ha reso meno cerebrale Pirandello e lo ha giustamente annodato a radici terragne che probabilmente, come tutti i siciliani emigrati, tendono a diventare vagheggiamento nostalgico. Un affastellarsi di grumi spazio temporali che – e ci sta pure- riportano tempo e memoria a uno stato coscienziale più che reale. Non cercate insomma la genesi dei Sei personaggi n Sicilia, non cercate il viaggio nostalgico di Pirandello, perchè la stranezza, come il flusso della vita, non la puoi rinchiudere nelle forme. Interviene la leggerezza della boutade siciliana a raccordare tutto, riuscendo nel suo intento primario.
Nessun commento:
Posta un commento