Esiste lo scrittore e la funzione che ha sulla società. Questa funzione a volte sorpassa l’autore stesso, e cioè la qualità artistica della sua opera. Annie Ernaux è autrice di un unico romanzo, squadernato in tantissimi piccoli romanzi che di fatto ne sono un capitolo. Un romanzo ‘in fieri’, che si va facendo cioè, che si rivela a poco a poco all’autrice stessa e, dopo, alla donna.
La funzione che Annie Ernaux ha avuto e ha è di aver incarnato un modello di donna che solo adesso e dopo alcuni decenni dalla sua comparsa nel panorama letterario, inizia a essere apprezzato e soprattutto riconosciuto: la ricezione dei modelli ha sempre tempi più lunghi dell’arte. Per appropriarsi del modello di donna che la Ernaux ha rappresentato, la società ha avuto bisogno appunto di circa tre decenni.
Mi riferisco qui a un panorama ormai vecchissimo le cui dinamiche per fortuna sono state assai sdoganate, le cose sono molto cambiate, e taglio con l’ascia ma ci sono casi in cui le generalizzazioni e l’estremizzazione di un ragionamento servono a vederlo: tante sono state le scrittrici ma se hanno parlato di sesso, di corpo, di aborto, di vergogna, del loro 'privato' personale, sono state stigmatizzate.
Anais Nin per esempio, autrice immensa, è stata ridotta alla sua ‘vulgata’ e cioè a scrittrice ‘erotica’ in senso dispregiativo o quantomeno limitativo. Nella percezione sociale, una scrittrice che affrontava, insieme a tanti altri temi, anche quello del sesso come esplorazione e sconfinamento era la fatalona, l’outsider, la senza-figli, la malafèmmena, l’amante perfetta, la ‘donna libera’, la mangiatrice di uomini.
Dall’altra parte ci stava la scrittrice intellettuale di grande statura, che poteva eccellere nella ricostruzione storica (forse potremmo dire la Yourcenar) o in tutti i generi, generalmente appannaggio degli scrittori. Scrittrici eccellenti ma forse meno carnali nei temi della loro scrittura, meno compromesse con la maternità, il corpo, il sesso, le incombenze pratiche delle vite normali, la prosa del quotidiano.
In mezzo, più di trent’anni fa, si colloca Annie Ernaux:
‘Venivo dalla provincia, avevo un bambino di due anni e mezzo e il mio primo incarico d’insegnante a 40 km da casa. Non avevo tempo di scrivere.’
E ancora, ‘Le donne non hanno avuto un linguaggio. Ci sono parole che non hanno potuto dire, perché appartenevano al linguaggio maschile e ogni impedimento al linguaggio è una violenza alla persona. Bisogna parlare. Non bisogna avere paura’.
E dopo, ‘Io lo sapevo già che intorno a me, nel mio ambiente di provincia, nessuno avrebbe capito. Che mi avrebbero detto “ma perché scrivi queste cose?” E infatti è andata esattamente così. Non hanno capito, me lo hanno chiesto’.
E infine, 'Avevo ormai raggiunto una libertà dalla quale non potevo più tornare indietro'.
In circa trent’anni, la Ernaux si è imposta con la sua identità di donna che ha fatto ma ha anche rifiutato in tempo tutti i ‘lavori materiali’ della famiglia, che ha avuto figli e lavoro, che ha fatto i conti con la realtà e che voleva scrivere. Disperatamente, scrivere. Ecco, io credo che la ‘funzione-Ernaux’ sia questa e che il grande seguito che ha sia dovuto, più ancora che alla qualità dell’opera, al fatto che tantissime si riconoscono in questa figura 'di mezzo', di intellettuale: quella che viene dalla provincia, dalla povertà, che se l’è sfangata, che ha lavorato sodo, che ha operato a lungo dentro le realtà politiche (la Ernaux è un’autrice molto politica. In Francia, una bandiera della Sinistra e dei movimenti femministi, ça va sans dire), che ha studiato e si è fatta da sola, senza diventare la fatalona né maschilizzarsi, ma tenendo tutte insieme le dimensioni che una donna ha: professoressa, mamma, moglie, ex moglie, amante, lavoratrice, intellettuale, attivista, etc. Annie Ernaux ha dato voce a un’intera generazione (ma anche a due o tre) di donne che avevano tanto talento e però non ce l’hanno fatta, che oggi a farsi quattro conti si chiedono se la loro vita non poteva essere diversa qualora fossero state uomini. Annie Ernaux ha parlato per loro. E per tutte loro, ha vinto.
PS: Oggi, al teatro della monnaie di Bruxelles, un pubblico di migliaia di spettatori le tributa una standing ovation.
Marta Aiello
Nessun commento:
Posta un commento