Buena Vista Social Club: Ippolita Luzzo
Il mio Regno per un libro ( buono)
di
Francesco Forlani
Questa rubrica è normalmente dedicata alle “cose belle” trovate sui Social, a dimostrazione del fatto che fare rete è oggi, più che mai, una risorsa. Oltre alle cose anche le persone attraversano talvolta le misteriose maglie delle reti, e sconfinano come pensieri liberi. Ippolita Luzzo ha dalla sua generosità e responsabilità. Ecco perché ho deciso di chiederle due, tre cose, anzi dieci per l’esattezza come gli anni di vita del suo Regno della Litweb.
Ci dici chi sei con un tweet?
Chi sono io? Un’astrazione mentale come modo di vivere. Un blog, un diario, un regno inventato nella libertà della Litweb.
Ci racconti com’è nata la Litweb? Il suo regno?
Bruno Corino, professore di filosofia e studioso del fenomeno, aveva scritto, più di dieci anni fa, un saggio sulla Litweb, la letteratura che si origina sul web, cammina sul web, e quando ha letto i miei pezzi sui forum di scrittura allora molto in voga ha deciso di aprirmi un blog donandomi un regno. Il regno è nato proprio in quanto chiamandomi Ippolita già nella mitologia un regno avevo.
Com’è cambiata la rete in questi dieci anni?
Lo spazio sembrava immenso, ma ogni fenomeno umano più si allarga più diventa asfittico. Dall’iniziale sensazione di libertà ora ci troviamo di nuovo in un non luogo abitatissimo da troppe proposte, troppe riviste, troppi blog, e di libri ormai ne parlano tutti con un chiacchiericcio incessante. Per non parlare dei video su tik tok che veicolano il libro come un semplice oggetto di bellezza
Ci sono dei modelli a cui hai pensato quando ti sei lanciata nella magnifica impresa?
Ho amato moltissimo gli studi classici e i miei modelli sono rimasti i greci, Senofonte, Aristofane, Euripide, Sofocle, e via via Eraclito, e poi la poesia Mimnermo, Callimaco. Vado così a memoria come si presentano, amandoli tutti. I riferimenti rimangono i greci, e nei presocratici troviamo tutte le intuizioni che sono valide ancora oggi. Sono proprio loro insieme ai latini, a Lucrezio, a Orazio, a Ovidio, i modelli che ci hanno formato e che ci permettono di distinguere le scemenze dalle cose fatte bene.
Quali le belle sorprese e quali le delusioni?
Sorprese moltissime. Mi sembra di vivere in un mondo magico. Dalla periferia della periferia e solo con in mano i miei pezzi ho avuto il piacere di partecipare come giurata al Premio Brancati e trascorrere la serata con Renzo Paris e chiacchierare con lui amichevolmente tanto da sentirmi paragonare da lui per il mio modo di fare a Dario Bellezza! Ti rendi conto? Io al settimo cielo. E poi giurata in molti altri premi nazionali, come l’ultimo, in ordine di tempo, Il Premio Malerba. Un onore per me far parte delle amicizie di Anna Lapenna, moglie dello scrittore e ideatrice del premio.
Le delusioni vengono sempre lasciate dietro alle spalle, sono legate ad individui che non conoscono il dono della riconoscenza e quindi dopo avermi chiesto di presentare i loro libri, o di scrivere un pezzo, mi dimenticano. Ma ciò serve a conoscere l’animo umano, non tutti hanno la generosità di riconoscere chi ci fa del bene.
Cosa ti piacerebbe che accadesse nel mondo culturale?
Mi piacerebbe maggiore serietà e meno piaggeria, mi piacerebbe che la scuola venisse risparmiata dai fenomeni di mercato e non invasa da progetti e proposte senza un autentico valore. Mi piacerebbe una televisione meno inquinata da figure di baraccone, mi piacerebbe ci fossero meno libri pubblicati, perché il proverbio ci insegna che il troppo storpia e non fa vivere la cultura che sarebbe anche piacere di cercare, di separare, di desiderare.
Cosa ne pensi delle classifiche qualità?
Io ne faccio parte dal loro nascere, da quando la rivista l’Indiscreto ha deciso di riportarle in auge. Eravamo in duecento mi sembra, e fu proprio Vanni Santoni, nella sua generosità amicale, ad aggiungermi. All’inizio dunque era nata come un segnale forte di cernita fra i tanti titoli validi per mettere in luce i libri che non avevano spazio. Ricordo con emozione l’affermazione di Ezio Sinigaglia con Pantarei, ma tanti altri bellissimi, come il libro di Zanotti, il libro di Trevisan. Ora però il numero troppo elevato dei giurati, oltre seicento, mette in evidenza una varietà di indicazioni troppo vasta e mi sembra che anche qui il troppo non diventi più una scelta. Almeno è questa la mia impressione pur onorata di farne parte.
I dieci libri che anno dopo anno, uno per ognuno della vita della litweb, hai raccomandato e che sul lungo termine sono invecchiati bene
Io farò parlare i libri e ti metto anno dopo anno chi si presenta per primo alla mia attenzione. Poi vedrai che effettivamente una ragione ci sta
Breve trattato sulle coincidenze di Domenico Dara: il è del 2014 ed è stato ristampato ora in versione economica. Breve trattato sulle coincidenze che affabulando vanno da una Girifalco alle Langhe, da San Floro alla biblioteca di Borges, il luogo dei ritrovamenti, infatti è qui che ritroviamo e ci ritroviamo, come il postino ritrova il padre e Calogero, insieme a colui che chiarirà il mistero di lettere mai spedite.
Affabulando affabulando le coincidenze diventano una volta per tutte la nostra realtà, la vostra realtà, il tempo che abbiamo trascorso per far nostra la storia.
Panorama di Tommaso Pincio: Questo è un libro che si fa spazio fra l’importanza attribuita alla letteratura ” perché ciò che si dice di un uomo conta, in fin dei conti, più delle sue azioni” Qui nel libro di Tommaso Pincio la scrittura, in simbiosi con la trama, sta ferma. Il mondo è un foglio e un manoscritto. Inimicizie e vendette nascono per un manoscritto.
La forma fragile del silenzio di Fabio Ivan Pigola: Amo questa forma di scrittura che associa rughe al cielo, che avvicina concetti e crea coordinate dove sembra che non ce ne stiano. Amare uno stile narrativo vuol dire questo continuo copia e incolla dal testo per farvi conoscere un passaggio, un accostamento, una musica. Amare è far sentire una musica che vi entrerà in testa con suono e parole, immagini e personaggi.
Dietro l’arazzo conversazione di Antonio Tabucchi con Luca Cherici: Per la collana diretta da Paolo Di Paolo “Racconti d’Autore” questa intervista “Dietro l’arazzo” Conversazioni sulla scrittura, io penso sia un vademecum. Una guida. Comincia con “Consiglio” una poesia di Pessoa, citata da Tabucchi a memoria. Ciò che si deve mostrare agli altri, consiglia Pessoa, è una cosa coltivata, come un giardino. Non falsa, coltivata. Come un giardino. La letteratura come un giardino.
Il caso Braibanti di Massimiliano Palmese: Il testo è stato pubblicato nella collana Teatri di Carta dell’editore Caracò di Bologna. Il caso Braibanti rievoca un assurdo caso giudiziario degli anni sessanta, il processo ad Aldo Braibanti, partigiano, artista, filosofo e naturalista, accusato di plagio verso Giovanni Sanfratello. Assurdo, come il teatro dell’assurdo ci appare spesso il risultato della raccolta di atti quotidiani, del vivere fra i riti familiari e sociali, dello stare nelle carte processuali, dell’essere giudicati e processati per aver scelto quel che sembra difforme all”ortodossia imperante. Il processo Braibanti ci insegna che tutto può essere processabile, tutto, dal loro legame ad ogni altro comportamento diverso fino alla troppa castità intellettuale e fisica.
La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti: Stampato nel 1997 da E/O e riproposto nel 2015 e poi con ristampa a Marzo 2018 da Il Palindromo. Un racconto seducente, condotto con virtuosismo e conoscenza dei luoghi e delle situazioni, strutturato con quella verità di fondo che fa scolorare le fiabe più terribili, la fiaba della realtà.
L’invenzione dell’amore di Josè Ovejero: Nel ricordare tutti gli scambi su cui si reggono i tòpoi della letteratura rintraccio il filo conduttore della lettura ammaliante, della prigionia di un racconto ipnotico, affabulante e tanto vicino ai nostri più semplici e complessi pensieri.
Casa di morti di Francesca Farina: un romanzo immenso, una grande saga che avrebbe dovuto avere maggiore spazio sui giornali, nelle televisioni, nelle librerie ed avere moltissimi lettori. La storia dei Barones,
Il cadavere di Nino Sciarra di Davide Morganti: Tantissimi gli autori ormai dimenticati, autori del Novecento, spariti e ritrovati fra le stanze di una villa che dovrebbe nascondere un cadavere. Con questo espediente l’autore ci presenta, ci legge, ci parla e a sua volta parla con loro, con scrittori che non leggiamo più.
Pantarei di Ezio Sinigaglia credo che insieme al libro di Davide Morganti sia il libro che parla di altri libri, di come i libri vivano se invecchiano bene restando nella testa e nelle pagine di altri libri. Tutto il contrario di ciò che succede nel mercato editoriale. Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia ha una lunga storia, ne sentivo parlare da anni da Giuseppe Girimonti Greco, traduttore e consulente editoriale, nonché amico di Ezio. Insieme, loro due, in alcune avventure: traduzioni di racconti, curatele. Entrambi una vita trascorsa nella letteratura. Ezio Sinigaglia scriverà questo romanzo dall’ottobre del 1976 al maggio del 1980, ed il titolo iniziale era I romanzi e i giorni.
Avrebbe dovuto raccontare il romanzo, come un ascensore, i romanzi stavano sull’ascensore di sinistra, i giorni su quella di destra. La dimostrazione che il romanzo non fosse morto. Il fascino sta tutto nella sparizione, sta tutto nella freschezza di un mondo eterno nelle sue dinamiche, nelle sue passioni per Proust, citato nel capitolo primo in una edizione francese, per Joyce, per Svevo, per Cèline, per Robbe-Grillet.
Il Pantarèi corre nei corridoi della letteratura con la stessa leggerezza con cui Ezio Sinigaglia passeggia fra la sua sterminata conoscenza regalandoci il romanzo per eccellenza.
Ovviamente non ho scelto io i libri, anno per anno, ma sono i libri ad essersi presentati, mentre io consultavo il blog per dare una risposta. Troverete nel blog il pezzo su ognuno di questi libri e su moltissimi altri, letti e amati nell’Attimo nascente. Libri che non hanno età.
Tutto il contrario di ciò che succede nel mercato editoriale
Il tuo pronostico per lo Strega
Qualche anno fa già a marzo io avevo pronosticato la vittoria di Emanuele Trevi, con Due vite, libro da me amatissimo, unico anno in cui hanno vinto in tre, Rocco Carbone e Pia Pera insieme ad Emanuele Trevi.
Questo anno vince una donna, sì vince una donna e io anche se so che sarà impossibile mi sento di vedere almeno in finale Francesca Veltri con Malapace.
Come va?
“Come stai che vuoi che dica che va bene dir che ho tutto e non ho niente non conviene” sono le parole di Serena, una canzone del ’73 che mi canta nella testa nel risponderti con tutta la serenità che mi ritrovo nell’avere il piacere di aver parlato con te, di essere su Nazione Indiana, un mito di rivista nella mitologia del Regno della Litweb. Grazie di esistere!
Pezzo ripreso da https://www.nazioneindiana.com/2023/03/19/buena-vista-social-club-ippolita-luzzo/
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