18 marzo 2023

LE PAROLE SONO PIETRE. DANILO DOLCI E CARLO LEVI

 





Nel dicembre 2012 sul n. 2 della rivista NUOVABUSAMBRA abbiamo pubblicato per la prima volta il testo integrale dell'introduzione di Carlo Levi al celebre Convegno dell'aprile 1960 svoltosi a Palma di Montechiaro (AG) su iniziativa di Danilo Dolci. Nello stesso numero riproponevamo l'intervento di Leonardo Sciascia che prendeva le mosse dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Oggi sono stati finalmente pubblicati, come da noi auspicato, gli Atti integrali di quel Convegno al quale, tra gli altri, partecipò il giovane Giorgio Napolitano ancora non pentito di aver militato nel PCI.
Oggi ci piace riprendere dall'archivio del giornale La Repubblica un articolo che riassume il senso di quel Convegno.


 Palma di Montechiaro 1960.

 Sos di Danilo Dolci sul degrado 

di  Salvatore Ferlita

Per ben tre giorni, dal 27 al 29 aprile del 1960, Palma di Montechiaro, da paese depresso divenne il teatro del possibile cambiamento, ospitando il convegno sulle Condizioni di vita e di salute in zone arretrate della Sicilia occidentale. A promuovere l' iniziativa fu Danilo Dolci, che in quello stesso anno avrebbe pubblicato uno dei suoi libri più noti, Spreco (Einaudi).
 Accanto al sociologo triestino, tra gli altri, Carlo Levi e Leonardo Sciascia: entrambi autori, nel 1955, rispettivamente di Le parole sono pietre Cronache scolastiche, due testi fondamentali per conoscere la Sicilia di quel periodo, da allineare oltretutto a Banditi a Partinico, il libro-manifesto di Danilo Dolci uscito in quello stesso anno.
 Non a caso dunque, nel 1960, questi tre scrittori si trovarono gomito a gomito in occasione di un convegno che dal quotidiano "L' Ora" fu seguito con grande attenzione, come testimoniano i pezzi di Roberto Ciuni e di Leonardo Sciascia, a Palma nella doppia veste di relatore e di inviato.
 Certo, la coppia Sciascia-Dolci sembra il risultato di un cortocircuito ideologico, se si tengono in considerazione le parole che l' autore di Todo modo nel 1955 scrisse in una lettera al critico Valerio Volpini: «Recensirò Dolci. Uomini come lui mi irritano: ma in un senso ambivalente. La mia natura e formazione, più "libertina" che mistica, ripugna a simili "biografie"; e d' altra parte riconosco che stiamo dalla stessa parte della barricata e loro, comunque, hanno più coraggio di me». 
Superata quindi una certa naturale refrattarietà alla vita e all' operato di Dolci, Sciascia decise di prendere parte ai lavori del convegno. Il suo intervento (riesumato dalla rivista "Segno" nel 1999) prende le mosse dal riferimento di Carlo Levi al romanzo di Tomasi di Lampedusa: «Nel suo discorso Carlo Levi ha parlato del Gattopardo di Giuseppe Tomasi, dandone, anche se fuggevolmente, equilibrato giudizio». Un giudizio che l' autore di Cristo s' è fermato a Eboli così formula: «Qui siamo nella terra del Gattopardo: il cui pensiero amaro è che nulla può essere fatto, che la realtà è immobile. Ma il convegno è una specie di confutazione del Gattopardo, nella sua stessa terra, confutazione che è necessario non sia velleitaria né generica, ma concreta, precisa, legata alle cose minime e vere».
 Già un anno prima Sciascia si era espresso sul capolavoro di Lampedusa, manifestando, da intellettuale progressista, le sue riserve riguardo alle reminiscenze e alle suggestioni che lo componevano. Giudizio, questo, che col tempo e con l' esacerbarsi del pessimismo di Sciascia, sarebbe radicalmente mutato. Si legge infatti nel saggio I luoghi del Gattopardo, raccolto nel 1989 in Fatti diversi di storia letteraria e civile: «Chi, come me, avanzò allora delle riserve sui contenuti del romanzo, oggi è portato a riconoscere che quello che allora parve inaccettabile e irritante nel libro, s' apparteneva a delle costanti della nostra storia che allora era legittimo ricusare o tentare di ricusare. Certo, mancherebbe molto, alla letteratura italiana di questi anni, se il libro non fosse stato pubblicato. E credo sia venuto il momento di rileggerlo». 
Lo Sciascia di Palma di Montechiaro, come si può evincere dal suo intervento che qui di seguito viene pubblicato, è uno scrittore che rilegge l' esperienza neorealista a petto di un' idea di letteratura come grimaldello con cui forzare le porte della dura, «greve» realtà. Da qui il riferimento, fatto dallo stesso Sciascia, alle mutate condizioni di vita dei salinari, grazie alla pubblicazione di un suo libro, in cui veniva descritto l' inferno delle saline. Sull' onda lunga di quel fatto straordinario, va forse rubricato quello che accadde all' indomani del convegno di Palma, ossia l' approvazione da parte dell' Assemblea regionale di una mozione per Palma e Licata, che prevedeva la costruzione di dighe, la realizzazione di fogne, strade e, per Palma, l' assegnazione di 118 milioni. Di tutto questo si è conservata memoria grazie allo studioso Salvatore Costantino, autore del saggio L' immaginazione sociologica e la costruzione della società civile in Danilo Dolci, in cui si trovano precisi rimandi a quella circostanza. «Per scongiurare il rischio che tutto ciò venga risucchiato dall' oblio - spiega Costantino - mi sto muovendo affinché siano pubblicati gli atti del convegno, che per un certo periodo circolarono in una copia ciclostilasta, a cura di due collaboratori di Dolci, Antonio Pasqualino e Romano Trizzino, funzionario del ministero delle finanze e autore di un romanzo inedito sulla sua esperienza a Partinico. Oltretutto, il comune di Palma è particolarmente interessato a questa operazione culturale».

SALVATORE FERLITA  su  La Repubblica 23 ottobre 2005

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