19 marzo 2023

EDUCARE CONTROVENTO

 


Conoscenza e riconoscenza


Franco Lorenzoni
19 Marzo 2023

Non è possibile insegnare senza metterci in gioco profondamente, dando vita a piccole comunità di ricerca. Non è possibile trasmettere cultura e conoscenza ma solo costruire e ricostruire, ciascuno a modo suo, possibilmente insieme. Non è possibile educare senza creare strumenti per arricchire le qualità di ciascuno, senza alimentare la fiducia in se stessi, senza la capacità di seminare inquietudine e domande. Scrive Franco Lorenzoni nell’introduzione del nuovo libro Educare controvento. Storie di maestre e maestri ribelli (Sellerio): “Non penso ci possa essere preparazione al mestiere dell’educare senza imparare da chi ha saputo vedere ciò che altri non vedevano e rovesciare con atti concreti convenzioni e convinzioni consolidate…”

Tutti ricordiamo l’esperienza di una porzione di arte o scienza che abbiamo incontrato e amato perché qualcuno ce l’ha presentata con convinzione e trasporto. Qualcuno capace di condividere il desiderio di conoscenza che gli suscitavano le ombre nella pittura di Caravaggio, il modo in cui Čechov tratta i suoi personaggi, l’infinito racchiuso nella radice di 2, il suono della chitarra di Jimi Hendrix, la geografia di paesaggi lontani o il faticoso affermarsi dell’idea di uguaglianza nella storia.

Senza quel tramite, senza l’incontro con quella passione incarnata, probabilmente non ci saremmo affacciati a quel linguaggio o a quell’ambito del sapere, a quel mestiere, a quella tensione sociale, e non avremmo trovato il coraggio di seguire l’inquietudine che ci ha spinto a viaggiare o a cambiare città, a operare scelte che hanno segnato il nostro destino.

Negli anni mi sono andato sempre più convincendo della stretta connessione che lega la conoscenza alla riconoscenza.

Ed è la gratitudine che provo verso maestre e maestri del passato e del presente che ho avuto la fortuna di incrociare che mi ha spinto a scrivere Educare controvento, che conclude la trilogia iniziata con I bambini pensano grande e proseguita con I bambini ci guardano. Al centro dei primi due libri c’erano le bambine e bambini di Giove e le molte cose che mi hanno insegnato, perché l’educare si fonda sempre sulla reciprocità.

In questo libro ho desiderato raccontare i tanti incontri, esperienze e letture che hanno variamente accompagnato la mia ricerca.

Sono stato maestro di scuola dell’infanzia per tre anni, maestro elementare per trentasette e dal 1980 abito in una casa-laboratorio che ospita campi scuola e stage di ricerca e formazione. L’infanzia e l’educazione sono dunque l’orizzonte in cui ha preso forma la mia vita, anche se restano tracce della passione politica e di un desiderio di rivoluzione che ha infiammato la mia giovinezza.

Sono grato alle circostanze casuali che nel 1977, in un momento particolarmente difficile, mi hanno fatto scoprire la scuola elementare come luogo vitale di crescita e trasformazione, e alle compagne e compagni del Movimento di Cooperazione Educativa che mi hanno fatto comprendere che non è possibile insegnare senza metterci in gioco profondamente, dando vita a piccole comunità di ricerca.

In quel gruppo particolarmente vivace ho imparato a cercare ciò che auspicava il maestro Alberto Manzi quando affermava che

«la rivoluzione è una perpetua sfida alle incrostazioni dell’abitudine, all’insolenza dell’autorità incontestata, alla compiacente idolizzazione di sé e dei miti imposti dai mezzi di informazione. Per questo la rivoluzione deve essere un evento normale, un continuo rinnovamento, un continuo riflettere e fare, discutere e fare».

La peggiore offesa all’infanzia sta nel costringere bambine e bambini e adolescenti a trascorrere ore e ore a scuola insieme ad adulti pigri, demotivati e frustrati, a insegnanti che hanno smesso di ricercare e credere nella cultura come luogo di conoscenza di sé e leva di trasformazioni individuali e collettive.

Certo, il nostro mestiere è da decenni sottostimato, malpagato e avvilito da politiche che hanno impoverito la scuola pubblica. È svalutato socialmente e spesso poco riconosciuto dalle famiglie. Ma noi che abbiamo scelto di insegnare non abbiamo il diritto di far pagare alle future generazioni il malgoverno della scuola. Al contrario, dobbiamo fare la nostra parte per cercare di risarcire le giovani generazioni dalla cecità di una società e di politiche che sembrano incapaci di pensare al futuro con lungimiranza.

Il cuore dell’educazione attiva sta nel costruire strumenti per arricchire le qualità e potenzialità di ciascuno alimentando la fiducia in se stessi e, al tempo stesso, nella capacità di seminare inquietudine, cercando ogni modo per moltiplicare le domande.

Seminare inquietudine dovrebbe essere un anelito costante in chi educa, con la consapevolezza che a scuola stiamo svolgendo una funzione politica nel senso più ampio e autentico del termine, cioè di allenamento all’arte del convivere e di cura del bene comune. Se i progressi civili sono sempre legati a un allargamento del noi, la scuola pubblica deve fare la sua parte.

Non è affatto semplice contrastare le tante forme di discriminazione presenti nella società, che sono fonte di sofferenze che si moltiplicano nel tempo. Ma è assolutamente necessario in un paese che è al penultimo posto per numero di laureati in Europa e in cui, se sei nato da genitori non diplomati, in due casi su tre non terminerai i tuoi studi.

Sono profondamente convinto che la cultura e la conoscenza non si possano trasmettere ma solo costruire e ricostruire, ciascuno a modo suo, possibilmente insieme. Per farlo dobbiamo sperimentarci in un artigianato dell’educare, da arricchire e mettere a punto in continui confronti.

Questo libro ha due andamenti che si alimentano reciprocamente. Nei sette capitoli dispari ho provato a ragionare intorno a sette questioni educative che mi stanno a cuore: la scelta, il corpo, lo spazio, il tempo, il dialogo, l’arte del convivere, la conversione ecologica. Ne parlo a partire dalla mia esperienza, ma mi accompagnano tante maestre e maestri a cui devo qualcosa.

Nei capitoli pari, per arricchire e fare da contrappunto alle proposte narrate, ho desiderato raccontare alcune storie di nove di loro, che in epoche e contesti diversi hanno promosso ribellioni efficaci. Sono quattro uomini, tre donne e due giovani ragazze.

Riflettendo su cosa abbiano in comune vite tanto diverse, penso che incarnino una qualità dell’attenzione di una intensità particolare. Attenzione verso gli altri e verso le storture del mondo a cui hanno saputo reagire. Attenzione che ha caratterizzato il loro operare e da cui è nato uno spirito di rivolta che ha preso forma in modi assai differenti. Spirito di rivolta che sento più che mai necessario oggi, se non ci accontentiamo di come va il mondo e desideriamo coltivare una visione dell’educazione capace di apertura e lungimiranza.

Piero Calamandrei giurista e costituente nato nel 1889, lo incontriamo appena tornato dalla grande guerra. Uno dei modi in cui fa i conti e cerca di affrancarsi da quella carneficina sta nell’ascolto delle prime parole di suo figlio, nato quando era al fronte, verso cui mostra un’attenzione sottile e partecipe.

Alessandra Ginzburg, pedagoga e psicoanalista nata nel 1943, si ribella alla segregazione in cui erano costrette a vivere bambine e bambini con disabilità, prima che si aprisse loro la scuola nel 1977.

Emma Castelnuovo, docente di matematica e ricercatrice nata nel 1913, si ribella a un insegnamento della matematica che avvilisce le intelligenze invece di esaltare le capacità di scoperta di tutte e tutti.

Nora Giacobini, insegnante e formatrice nata nel 1916, si ribella all’etnocentrismo occidentale proponendo un corpo a corpo con la storia come ricerca e vicinanza con i più fragili e i vinti.

Mario Lodi, maestro elementare e scrittore nato nel 1922, si ribella a una scuola che nega la parola a bambine e bambini.

Don Lorenzo Milani, priore e maestro nato nel 1923, si ribella all’ignoranza dentro cui si vorrebbero confinare i poveri.

Alexander Langer, militante ecologista e pacifista nato nel 1946, si ribella a ogni accettazione passiva delle segregazioni etniche, che ciclicamente riemergono insanguinando la storia.

Malala Yousafzai, paladina della libertà di istruzione delle donne nata nel 1997, si ribella alla pretesa di impedire l’accesso alla scuola di bambine e ragazze.

Greta Thunberg, attivista nella lotta contro il riscaldamento globale nata nel 2003, si ribella alla sottrazione di futuro di cui sono responsabili le generazioni adulte che governano il mondo.

Si tratta di ribellioni singolari anche se non compiute in solitudine, che mi fanno tornare in mente la frase con cui Albert Camus conclude il primo capitolo de L’uomo in rivolta: «Mi ribello dunque siamo». Non penso infatti ci possa essere preparazione al mestiere dell’educare senza imparare da chi ha saputo vedere ciò che altri non vedevano e rovesciare con atti concreti convenzioni e convinzioni consolidate.


Introduzione a “Educare controvento. Storie di maestre e maestri ribelli“, pubblicato da Sellerio. Scrive Franco Lorenzoni: “C’è una coincidenza che mi commuove perché fu nel primo giorno di primavera di venticinque anni fa che Nora Giacobini ci ha lasciato, dopo avere vissuto gli ultimi dodici anni della sua vita a Cenci. E Nora è certamente la maestra a cui sono più grato”.


Nell’archivio di Comune sono leggibili oltre cento articoli di Franco Lorenzoni.


Nessun commento:

Posta un commento