16 marzo 2023

I TRAFFICANTI D' ARMI HANNO INTERESSE A FAR DURARE LE GUERRE

 


Una spesa bellica infinita


Laura Tussi
15 Marzo 2023

La spesa per le armi aumenta ovunque nel mondo e l’Italia non fa eccezione, con una percentuale pari all’1,54% del PIL, superiore alla media europea e in costante aumento, anche per lo scandaloso acquisto dei cacciabombardieri F35

Le spese per gli armamenti e per la difesa in generale, come noto, ammontano a molti miliardi ogni anno: soltanto in Italia, nel 2022, hanno raggiunto la colossale cifra di 26 miliardi di euro. Secondo il Sipri (Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma) e il Milex (Osservatorio sulle Spese Militari Italiane), le cifre relative al 2022 sono in esponenziale incremento, nonostante la crisi.

Alcuni dati

Il grafico delle spese militari nel mondo è in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2.113 miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. 

I primi dieci Paesi per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici, con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo posto la Cina, mentre al terzo l’India.


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Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono insieme più di 25.000 armi nucleari e di queste più di 5.000 sono pronte all’uso e al lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che nel 2021 lo ha incrementato del 2,9%, portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.

L’Italia e gli F35

Per quanto riguarda il nostro paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano, come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12.

Inoltre è esorbitante la cifra che l’Italia spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 15 miliardi di euro per 90 di questi apparecchi e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35 iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme, soprattutto in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali, scuole, per i più deboli, per i malati. 

È stato calcolato che con la spesa per gli F35 si potrebbero costruire 4.500 nuovi asili nido, acquistare 10 milioni di pannelli solari per dare energia pulita a tutto il paese, costruire 50 ospedali, mettere in sicurezza anche antisismica 12mila scuole, e quindi creare 100mila posti di lavoro a fronte di circa ottocento che si dovrebbero creare con il progetto F35. 

Le proteste

È dal 2005 che i pacifisti denunciano l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino alla città. Si tratta di un coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione attivate. Come un corteo a Novara con oltre mille partecipanti e una due giorni di dibattito contro il militarismo e contro l’industria degli armamenti. Nel tempo sono stati organizzati altre grosse iniziative che hanno coinvolto il mondo nonviolento e la società civile, come una marcia da Novara all’aeroporto di Cameri, un presidio a Torino, l’invio di una lettera aperta al prefetto di Novara. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara. Recentemente alcuni organismi come la Tavola della PaceUnimondoSbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.

Contro il progetto F35 si era schierato addirittura l’oncologo Umberto Veronesi, che sulla Repubblica dell’agosto 2010 aveva scritto: “Come iniziatore del movimento Scienza per la pace e soprattutto come uomo che ha vissuto la guerra, mi sono sentito in dovere di presentare in Senato una mozione – avanzata dalla Rete italiana per il disarmo – per fermare il progetto, a cui partecipa il nostro paese, per la realizzazione di 2.700 cacciabombardiere Joint Strike Fighter F35 a un costo complessivo stimato di 250 miliardi di dollari”. La mozione è stata sottoscritta da 27 senatori e da 16 deputati. Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di sapere.

Il bilancio della difesa per la “guerra impossibile” è di 28,7 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia destina alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota del 2%, mentre investe una percentuale inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica.

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