"Entrato con tutti gli onori nelle fila della società detta "affluente", Pasolini si avvalse degli stessi strumenti di cui essa gli faceva copia per fustigarla in piena faccia. La società "affluente" sorrideva o anzi applaudiva sotto le percosse, lieta che la sua liberalità si ornasse di un tanto eretico accarezzato, scambiandolo certo per un esibizionista compiaciuto di paradossi.
Pasolini invece combatteva seriamente (benché, è da temere, con la tattica meno efficace, posto il modo di contraddittore che gli era ufficialmente assegnato) contro il cosiddetto consumismo e i dogmi di comportamento che esso importava. La sostanza di Pasolini è anti-illuminista (com'è chiaro alla formulazione non razionalistica, anzi simbolistica, ermetica, "passionale". Di ogni sua scrittura ideologica, in verso o in prosa).
Le virtù che egli rimpiange sono quelle sicure ma probabilmente condannate a morte, appartenenti a una società arcaica, agricola, patriarcale. La sua utopia non è prospettica ma nostalgica. E non è questo l'aspetto meno drammatico d'un esistenza tutta drammatica (in quanto contenente un selvaggio desiderio di vita, anche in questo lato retrospettivo).
Significativo è il suo tardo ritorno alla poesia dialettale nella nuova edizione della "Meglio gioventù" che egli si giustifica di continuare a dedicarmi, anche in quello che tutto esorbita da un mio incoraggiamento mentale alla pensabilità."
Gianfranco #Contini
"Pier Paolo Pasolini Testimonianze" (1982)
Da
CITTAPASOLINI
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