IL BEL PAESE – UN TRAGICOMICO VIAGGIO NELL’ITALIA DEI FURBI
Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dalla prefazione di Sandro Bonvissuto al libro di Andrea Comincini Il Bel Paese – Un tragicomico viaggio nell’Italia dei furbi, uscito per Cartacanta editore.
di Sandro Bonvissuto
Non saprei come definire il libro di Andrea Comincini, se un romanzo atipico, un trattato sociologico narrativo, la sceneggiatura di un docufilm sull’Italia recente e meno recente, un’intervista a un superstite del lavoro salariato, le riflessioni di un uomo qualunque messe su carta in una lingua fluida e convincente, oppure tutte queste cose insieme; apporre etichette non è stata mai la mia specialità.
Posso però dirvi che di certo queste sono pagine partorite da una mente filosofica. Lo sfondo del libro è un paese abbastanza arretrato socialmente e culturalmente, il nostro, dato in pasto al consumismo capitalista da una classe politica che non ci ha pensato sopra due volte. Anzi, nemmeno una.
Il protagonista della storia è un alcolizzato peripatetico di scuola aristotelica classica, di quelli che oggi chiameremmo fannulloni, un alfiere della mediocrità, un fallito autentico, e questo è un colpo strategico a livello letterario, perché colloca il libro all’interno di quella lunga tradizione di opere narrative dedicate alle persone inutili, e alla loro singolare, direi unica, prospettiva sul mondo. È un individuo che ha anche un’etica, che nello specifico sarebbe quella di astenersi dal produrre. Ma visto che nella nostra cultura il mondo va avanti solo se lavori, finisce poi per doversi impiegare per forza in un ufficio pubblico semplicemente mostruoso, sede di ogni malversazione possibile, pieno di dipendenti incapaci, inutili e corrotti, un luogo dove tutti cercano di non lavorare, per non mettere in difficoltà gli altri che non lavorano, e nemmeno sarebbero capaci di farlo.
Lui, suo malgrado, ogni tanto si sbaglia e lavora davvero, e questo lo mette in cattiva luce agli occhi dei colleghi e dei dirigenti. L’impiego in questo ente kafkiano ci consente di riflettere circa le aporie insite nel concetto stesso di meritocrazia.
Proverò a spiegarmi meglio: l’istruzione scolastica si è assunta l’impegno di renderci tutti ugualmente meritevoli di fronte al mercato del lavoro, quindi la preferenza che si accorda a qualcuno rispetto a qualcun altro, cade su soggetti che risultano avvantaggiati rispetto ai colleghi ma per motivi diversi dalla competenza e dal merito, individui che finiscono per essere preferiti perché appartenenti a categorie sociali privilegiate o più profondamente inserite nel tessuto socio-politico, o esperte delle sue oscure diplomazie. Quindi si parte per esercitare una scelta meritocratica, e si finisce invece per legittimare lo stato di fatto esistente prima che venisse esercitata una scelta dei soggetti basata sui meriti scolastici.
In una società nella quale la disparità economica è la regola, l’applicazione di principi meritocratici finisce banalmente per premiare di nuovo chi è più ricco, e la disuguaglianza sociale si allarga ancora di più. L’onestà e l’integrità di un percorso formativo accademico costituiscono qualcosa di intraducibile in termini economici, per questo chi ha successo oggi ha potuto fare a meno del talento e dell’impegno. Elementi che risultano nella società moderna non più necessari, non più indispensabili per un’affermazione professionale: si arriva meglio e prima percorrendo altre strade.
[…]
Un racconto incredibile che pure non ha nulla a che fare con la fantasia o con la mitologia, anzi è tremendamente vero. La narrazione non ha il pregio di dilatare la storia, ma di rendere l’orizzonte esistenziale del protagonista sempre più angusto e misero.
Leggerete questo libro in preda a sentimenti controversi; da una parte qualche inevitabile sorriso, generato dalle situazioni paradossali, se non comiche, narrate nelle pagine, e dall’altra la tristezza che ci assale quando veniamo messi di fronte al destino che è toccato al nostro paese, il posto più bello e più brutto del mondo. Una società che, dopo 40 anni di berlusconismo e di sinistra salottiera, è composta da individui che pensano ai soldi, al sesso, alle scommesse sul pallone nelle sale da gioco, al gossip, ai programmi pomeridiani trash della TV commerciale, alle opinioni di influencer analfabeti.
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