07 gennaio 2024

GRAMSCI PIU' VIVO CHE MAI

 




Io m’immagino Antonio Gramsci di nuovo tra di noi, passeggiare per le sue strade di Ales, Ghilarza, Santulussurgiu, Cagliari, Torino, Roma. “Uno spettro”, fatto “della stessa sostanza dei sogni”, che percorre – con passo agile e deciso – gli scenari d’Italia e d’Europa. Davanti ai suoi occhi indagatori lo spettacolo non nuovo di una sinistra confusa, in dicoltà, che stenta a frequentare alcune invenzioni linguistiche e culturali senza età. Come l’egemonia, che invita ad avventurarsi lungo sentieri tortuosi e non ancora esplorati. Che illumina i suoi scritti visionari, capaci ancora di liberare idee, intuizioni, di suggerire progetti, visioni.

Volevano impedire al suo cervello di funzionare, dietro le sbarre del carcere fascista e fortunatamente non ci riuscirono. Ma, se ci fossero riusciti, Gramsci sarebbe stato comunque un protagonista del nostro Novecento. E se avesse trovato spazio in altro campo? Se sul politico geniale avesse prevalso il prodigioso critico teatrale?

Eccolo Nino, nel 1908. Ha 17 anni. Vive col fratello Gennaro e frequenta il liceo Dettori. Cagliari è una città ancora scossa dai moti contro il carovita del 1906. È culturalmente vivace, ci sono due teatri, il Civico e il Politeama Regina Margherita. E lui – cito dalla biograa di Giuseppe Fiori – è “studente scapigliato”, “loggionista tumultuoso”. Divertito, irriverente, incurante del giudizio dei benpensanti, di quelli che si piegano al vento del senso comune, si descrive così: ”Per la mia splendida criniera, che mi ondeggia ad ogni soo, mi hanno preso per una ragazza e si sono meravigliati che una donna facesse tanto chiasso in un teatro, perché vedevano solo la testa e una mano che faceva un sonoro pernacchio. Io non me la sono presa a male, anzi ho ringraziato dell’attenzione che mi usavano.”

Sembra il ritratto di un poeta futurista che, dalla platea, contesta i confezionatori di drammi insinceri, di intrecci con personaggi di cartapesta. Così come a Torino, la città della scelta marxista, dalle pagine de l’Avanti! riserverà oensive fulminanti, al vetriolo, agli autori del teatro borghese, digestivo, in cui il pubblico sonnecchiante ama rispecchiarsi. E sarà tra i primi a dare importanza a Pirandello, al grottesco, a opere come “La maschera e il volto”, che rovesciano le commedie zeppe di falsa coscienza. Un linguaggio assolutamente rivoluzionario, che s’innerva sul Secolo Breve (da Sergio Tofano a Carmelo Bene, da Petrolini a Troisi) per arrivare ad oggi, a chi ancora cerca di orientarsi su tragitti sconosciuti. Senza dimenticare Nino Gramsci, quello “studente scapigliato”, quel “loggionista tumultuoso”. Quel ragazzo come tanti, inquieto, curioso del mondo, aamato di libri e teatro, che ancora non sapeva cosa avrebbe fatto da grande.

ATTILIO  GATTO


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