02 febbraio 2024

IN MEMORIA DI GIAIME PINTOR

 


“Con "Vittorini che conosce il mondo offeso fu facile parlare di quegli argomenti che un congresso della letteratura europea non può affrontare; della letteratura come onesta vocazione, e soprattutto dell’Europa: una cosa che ci pareva troppo grande e incerta e afflitta perché trecento signori riuniti a Weimar nell’ottobre del 1942 potessero parlare in suo nome.”
Così Giaime Pintor, il mondo offeso. Scrittori a WeimarIl Sangue d’Europa – Einaudi.
Germanista, traduttore di Rilke, Kleist, Hofmannsthal. Aveva curato per Bompiani la grande antologia del teatro tedesco. Nato a Roma il 30 ottobre del 1919, nei ricordi Cagliari con i suoi bastioni e la spiaggia quasi africana. Negli occhi un Continente senza frontiere.
Sembra incredibile come un giovane appena 24enne, morto nel 1943, abbia divorato tanta cultura in un pugno d’anni. Un gigante. Fu ucciso da una mina tedesca mentre tentava di raggiungere Roma per combattere il nazifascismo.
È qui il punto. L’intellettuale capace di abbandonare specializzazioni e presunzioni. Giaime lo spiega nell’ultima lettera al fratello Luigi:
“Una società moderna si basa su una grande varietà di specificazioni, ma può sussistere soltanto se conserva la possibilità di abolirle a un certo momento per sacrificare tutto a un’unica esigenza rivoluzionaria. È questo il senso morale, non tecnico, della mobilitazione: una gioventù che non si conserva disponibile, che si perde completamente nelle varie tecniche, è compromessa. A un certo momento gli intellettuali devono essere capaci di trasferire la loro esperienza sul terreno dell’utilità comune…”
La lettera – senza dubbio tra le testimonianze più alte della Guerra di Liberazione – è del 28 novembre 1943. La tragica fine di Giame, solo tre giorno dopo. E così a Luigi Pintor restava un’eredità bella e amara al tempo stesso. Un’eredità che lo ha accompagnato per tutta una vita vissuta intensamente: la Resistenza a Roma con i GAP, imprigionato e torturato dalla banda koch, la condanna a morte e la libertà con l’arrivo degli Alleati, la lunga militanza politica a sinistra, l’intelligenza al servizio del giornalismo e dell’attività di scrittore.
Nelle pagine di Servabo ( Bollati Boringhieri) la memoria scava tra i ricordi e spesso lavora con disincanto, non incrinando però gli ideali trasmessi dalla lettera di Giaime Pintor.
Resta intatto Il sangue d’Europa.
Nel libro Giaime Pintor, una vita per la libertà, a cura di Aldo Brigaglia e Giuseppe Podda per le edizioni Tema, gli interventi tracciano una figura di intellettuale che – come sottolinea Umberto Cardia - indica all’intelligenza dei giovani italiani la via di un rinnovamento integrale, nel cui ambito la cultura assolva alla sua funzione liberatrice, e sia una grande forza al servizio della pace, della civiltà degli uomini.
Giaime ha solo 20 anni quando, nel 1939, scoppia la guerra – scrive Aldo Brigaglia. – Ed è proprio il conflitto a far capire, a lui come ad altri giovani che insieme a lui hanno coltivato fino ad allora un generico antifascismo, che non si può più distinguere tra politica e cultura: che tutti e ciascuno sono chiamati a combattere per la libertà.
Il che significa – per Giuseppe Podda – assegnare alla politica e alla cultura due poteri precisi e allo stesso tempo una logica etica inscindibile. Occorre essere ben coscienti che politica e cultura sono impegno, non propaganda e futili parole al vento.
Dice Franco Rodano nel discorso di commemorazione, a Roma, il 1º dicembre del 1944, a un anno dalla morte di Giaime Pintor: Avere Gìaime come amico per tutti noi che l’abbiamo conosciuto intimamente è stato, lo sappiamo bene, un fatto prezioso. Credo sia la cosa più esatta definire preziosa l’amicizia di Giaime, poiché Giaime non era semplicemente un amico singolarmente buono, eccezionalmente vicino; non era semplicemente l’amico capace di seguire passo passo, di mantenere in modo intimo e profondo i legami anche nella lontananza, non era soltanto l’amico capace di seguire noi nel nostro percorso sia di studi che di vita, di seguirci nel nostro cammino quotidiano, nella nostra vita sentimentale e intima; Giaime non era solo questo, sebbene lo fosse in maniera eccezionale, ma era anche un amico che era a un tempo un maestro.
E Alfredo Reichlin lo ricorda nel libro Il midollo del leone ma anche in un convegno sulla Resistenza Romana dedicato a Valentino Gerratana. Per Reichlin, Giaime era il fratello maggiore, un grande amico alla Alain Fournier. “Perciò non posso dimenticare quella sera, tristissima, dell’inverno 1943 quando Luigi, il fratello, mio compagno di scuola e di banco venne a dirmi che era giunta notizia della morte di Giaime, lacerato da una mina in un campo dell’Alto Volturno mentre tentava di passare le linee e unirsi ai partigiani. Fu allora che noi decidemmo di prendere le armi che erano cadute dalla sue mani. Entrammo nei Gap.”
L’importante è che la morte ci trovi vivi, diceva Marcello Marchesi. Questo giovane morto a soli 24 anni è ancora vivo.

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