Fascino e
alibi dell’uomo forte al potere
25 Febbraio 2024
C’era una volta un tema
vecchio e già narrato a fondo in tutti i suoi aspetti.
Quello del fascino che l’uomo forte
al potere suscita nella popolazione nostrana.
Il che non vuol dire affatto che forte lo sia sul serio. Ciò che conta è solo
l’atteggiamento, nella scelta della postura come del tono della voce, nello
sguardo e soprattutto nelle parole.
Ad ammaliare gli abitanti di
questo nostro stivale non è la forza in sé, bensì l’idea di quest’ultima, messa
in scena nel modo più convincente possibile.
Ciò nonostante, nessun uomo forte – ovvero solo nella farsa – lo è tale per
tutte le stagioni e differenti generazioni.
Cominciamo dal primo per
antonomasia nell’immaginario storico dei più: Benito
Mussolini, il primo capocomico di questo atavico spettacolo che
funziona sempre allo stesso modo. Ciò vuol dire che ottiene ogni volta
l’identico risultato negli occhi e nei cuori del popolo – o per meglio dire il
gregge – che guarda e ascolta: obbedienza, riverenza e paura.
Il Duce otteneva ciò con una singola espressione del volto, seria e corrucciata
e con l’ausilio di una mascella volitiva, il petto in fuori, le gambe
divaricate e le braccia che si agitavano con un’incoerente coerenza.
Dopo una successione di
leader più o meno in grado di guadagnarsi tale particolare tipologia di
asservimento da parte della cittadinanza – più meno che più – il secondo che mi
viene in mente è Giulio Andreotti,
soprannominato il “Papa nero”, il “divo”, o anche “Belzebù”, l’uomo forte – o
sembiante tale – il quale ha dominato la scena politica italiana dalla fine
degli anni ‘50 agli ultimi degli Ottanta. Ma Andreotti si meritava lo scettro
in modo differente. Non aveva dalla sua il classico physique
du rôle adatto al personaggio, sia per quanto riguardi la figura che
la voce, ma raggiungeva comunque lo scopo sopra citato: ottenere e incutere
obbedienza, riverenza e paura.
Semplicemente aveva intuito
che con la gente di questa penisola, stretta e allungata in un mare che per
secoli l’ha vista vulnerabile e preda di aggressioni da ogni dove, non serviva
neppure farlo vedere, l’uomo forte. Era sufficiente evocarne gli aspetti più
inquietanti e minacciosi tramite il “non detto” e il sottinteso, come accade
nei migliori film horror.
In ordine cronologico il terzo leader forte – perlomeno come scritto nel
copione – è stato ovviamente Bettino
Craxi. Qual era la sua specialità? Semplice quanto banale, se
preferite: l’arte della politica nella sua applicazione più elementare, che
consiste nell’assicurarsi il potere e la forza con cui tenere alleati ed
elettori in mano tramite la ricchezza di amici potenti e influenti. Ovvero, una
delle tante lezioni impartite dall’America: non serve pescare nel torbido per
godere di sostenitori straordinari. È sufficiente far emergere costoro dalla
melma rendendoli rispettabili.
Il problema è che prima o poi tale inaspettato eccesso di visibilità alimenta
la vanità, e quest’ultima presenta prima o poi un caro prezzo, e l’unico modo
per non precipitare è salire in cima più rapidamente. Il dramma è che quando si
è quasi arrivati lassù non c’è mai posto per due sul trono.
Eccoci quindi, senza
sorprese, a Silvio Berlusconi,
l’uomo forte del secondo Ventennio e anche di più. Si legga pure come colui che
ha capito che per meritarsi obbedienza, riverenza e paura bastava diversificare
il target, ostentando con gli uomini ricchezza e belle donne, preferibilmente
giovani, e propinando alle donne ore e ore di soap opere e televendite.
Caduto l’ennesimo leader capace di riuscire nella più prevedibile delle magie
si è creato un vuoto enorme difficile da colmare.
Tra banali funzionari a capo
di governi tecnici e ridicoli comparse imparagonabili al personaggio di cui
sopra, ecco che l’uomo forte arriva del web, anche se vi è entrato dalla tv: Beppe Grillo. C’è da dire che però nel
suo caso non si trattò propriamente di un’innovazione, bensì di un
aggiornamento. Perché su internet obbedienza, riverenza e paura te li guadagni
con il numero di follower e con la forza e la potenza che riesci a dimostrare
sui social, ma come fu per i suoi recenti predecessori, a fare tutta la
differenza del mondo sono sempre gli amici che forti e potenti lo sono sul
serio. Ecco perché quando se ne vanno, lo spettacolo finisce e il sipario
chiude.
Infine eccoci all’ultima
versione, l’uomo forte che in realtà è una donna. Giorgia Meloni non rappresenta una
conquista del genere femminile, ma è lì a dimostrare che alla fine della fiera
per l’italiano che ha un innato bisogno di mostrarsi arrendevole, ossequioso e
timoroso di fronte al leader di turno conta poco il sesso di quest’ultimo. È
cosa ci guadagna lui che vale ogni conseguenza della sua scelta. Sto parlando
di ciò che molti nostri concittadini, forse la maggioranza, ricercano come il
più ambito dei doni da quasi un secolo. Si chiama alibi ed è un qualcosa che è stato instillato e
alimentato come un valore prezioso dall’esterno, sin
dalla fine della seconda guerra mondiale.
Perché se c’è un uomo forte al potere, o donna che sia, l’italiano ha fatto propria l’idea che se poi costui cade la colpa di tutto quel che ha fatto di male al Paese è solo sua. E questo vale sia per chi l’ha votato che i suoi più stretti collaboratori. È successo con Mussolini e con tutti coloro che si sono succeduti. Accadrà anche con la Meloni, vedrete se non è così. In questo modo tutto cambia per non cambiare nulla. Un solo colpevole e tutti innocenti, un solo colpevole e tutti innocenti, e vai con il prossimo, o la prossima, da mettere sul temporaneo piedistallo…
Pezzo ripreso da https://comune-info.net/fascino-e-alibi-delluomo-forte-al-potere/
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