È uscito di recente, per Mucchi Editore, La dialettica dei miti moderni.
Faust e don Giovanni, Amleto e don Chisciotte nella ricezione romantica,
di Francesco Marola. Il libro ricostruisce le origini dell’associazione, come
coppie di opposti, dei miti letterari moderni: dalla cultura letteraria tedesca
dell’età classico-romantica fino all’irradiazione in diversi autori del primo
Ottocento europeo. Proponiamo un estratto dell’introduzione che riprendiamo dal
sito https://www.leparoleelecose.it/?p=48760
INTRODUZIONE ALLA DIALETTICA DEI
MITI MODERNI
di Francesco
Marola
Nel suo ultimo studio considerato tra i classici della mitocritica
letteraria, Myths of Modern Individualism. Faust, Don Quixote, Don
Juan, Robinson Crusoe (1996), Ian Watt prendeva in analisi quelli che
definiva i «quattro miti del mondo moderno», espressione della «spinta positiva
dell’individualismo»[1]. Tra i quattro
riconosceva una genesi organica per i primi tre a cavallo dei secoli XVI e
XVII, differente da quella posteriore di Crusoe, sentendo di doversi
giustificare per la scelta di quest’ultimo compiuta a discapito di
Amleto: lo riteneva più degno della qualifica di mito poiché, a suo dire,
più popolare rispetto al principe shakespeariano, caratterizzato da una
tematica intellettuale, ossia filosofica. Non sarà difficile riconoscere invece
che la figura di Amleto non solo è contigua alle altre, ma anche assai più
ricorrente nell’immaginario, quantomeno in quello letterario.
Watt individuava due momenti fondamentali nella storia dei moderni
miti letterari (specificazione in lui assente, che è opportuno
porre fin d’ora). Dapprima la nascita come exempla negativi
nell’epoca della Controriforma, al fine ideologico di arginare il nascente
individualismo rinascimentale con esiti punitivi o derisori. Successivamente,
una loro profonda riformulazione in epoca romantica, quando gli intenti
originari vennero rovesciati da letture idealizzanti o comunque simpatetiche,
dovute alla piena affermazione dell’individualismo con l’ascesa della
borghesia. Lo studio si diffonde sul momento delle origini, mentre alla
trasformazione romantica dedica poche pagine, appena 35 sulle 280 dell’edizione
originale. Fu la malattia dell’autore a impedire lo sviluppo del volume,
pubblicato grazie alla cura degli allievi. Ma al di là di questo limite
oggettivo, Watt stesso riconosceva dei limiti soggettivi nella trattazione di
un argomento tanto vasto, auspicandone un completamento futuro: «credo che
l’idea in generale sia interessante e importante e spero che altri, soprattutto
gli storici e gli studiosi di letteratura comparata, la riprenderanno in modo
più soddisfacente»[2].
Il proposito del mio libro è per l’appunto raccogliere l’appello del
critico inglese, restituendo però ad Amleto il suo trono usurpato. Ho dunque
preso in analisi il momento tralasciato della ‘ricezione romantica’: più
esattamente, della ricezione propria dell’età classico-romantica della cultura
letteraria tedesca, che nella lettura qui proposta è il momento determinante
alla loro riformulazione, dimostrato dall’influenza sugli sviluppi letterari
europei. In riferimento al contesto germanistico, il termine ‘romantico’ è
dunque inteso nell’accezione più ampia, come categoria estetica non
strettamente coincidente con le partizioni della storiografia letteraria.
Piuttosto che un individualismo connotato in termini morali, a essere
tematizzata in quest’epoca è la nuova prospettiva della soggettività, coi nuovi
conflitti e contraddizioni che essa comporta. All’interno di questa
‘rivoluzione’ dei quattro miti moderni, ho analizzato un fenomeno ulteriore che
li coinvolge, affrontato solo episodicamente dalla critica e mai – da quanto mi
risulta – per il loro insieme: il fenomeno della loro polarizzazione
dialettica, per cui Faust e don Giovanni da una parte, Amleto e don Chisciotte
dall’altra, vengono associati in coppie di opposti. Ancor prima, ho esaminato
il concetto stesso di mito moderno, usualmente impiegato per definirli,
tentandone una ricostruzione genealogica.
La tesi fondamentale che ho cercato di dimostrare nel primo capitolo (Letteratura
come mitologia. Alle origini dell’estetica romantica) è che alla cultura
tedesca dell’età classico-romantica sia dovuta la ricezione stessa delle
quattro figure letterarie attraverso la categoria del mito. Ho preso pertanto
in analisi i testi di estetica e di poetica che, in quell’epoca, riformulano
progressivamente i concetti di mito e di mitologia volgendoli
all’interpretazione della modernità letteraria. Questa riconcettualizzazione dà
luogo a un nuovo senso comune, a cui può essere ricondotta la nostra idea di
‘mito letterario’.
Nel confronto della modernità con l’antico, particolarmente intenso nel
secondo Settecento tedesco, dapprima Herder auspica una riformulazione più
libera e creativa del repertorio mitologico, per adattarlo alla significazione
allegorica del presente. Successivamente, passando per l’interpretazione della
mitologia classica come linguaggio della fantasia formulata da Moritz, e per il
concetto di rappresentazione simbolica posto da Kant, è il principale teorico
della Frühromantik, Friedrich Schlegel, a interpretare per primo le
opere fondative della modernità letteraria nei termini di una «nuova
mitologia», che è detta «nuova» per l’appunto perché propriamente moderna. In
questa chiave, Schlegel legge l’opera di Cervantes e di Shakespeare come
espressione di una «mitologia indiretta». Ritengo che questa lettura sia resa
possibile, in Schlegel, dalla declinazione in senso prettamente estetico e
morfologico del concetto di mitologia, svincolato quindi dalla valenza
teoretica, etico-pratica o religiosa presente in altre teorie neomitologiche,
come ad esempio nella filosofia del giovane Hegel (lo Ältestes
Systemprogramm des deutschen Idealismus), che pure prenderò qui in esame.
La lettura che propongo si differenzia pertanto da importanti studi monografici
sull’argomento, che a diversi livelli hanno assimilato la teoria schlegeliana
ad altre concezioni coeve. Diverso ancora è poi il caso di Schelling, che nelle
lezioni di estetica del 1802-1803 sviluppa un concetto di rappresentazione
simbolica embrionalmente elaborato da Goethe, associandolo a quello di mito
nell’interpretazione della modernità letteraria: in particolare per le figure
di Faust e don Chisciotte. Sebbene si rifaccia ampiamente alle acquisizioni dei
fratelli Schlegel, soprattutto alla critica storico-letteraria di August
Wilhelm, Schelling concepisce il mito-simbolo secondo una valenza gnoseologica
che è persino antitetica a quella implicata dalla formulazione di Friedrich
Schlegel.
Nonostante queste differenze, Schlegel e Schelling sono entrambi pionieri
della reinterpretazione del nuovo canone moderno, e in particolare delle opere
oggetto del nostro studio, attraverso la categoria del mito. Di ciò si occupa
il secondo capitolo del libro (Miti letterari moderni, miti romantici).
Sono le singole opere, e non il complesso delle narrazioni tradizionali dei
nostri quattro personaggi, a essere intese come miti per via della loro
ricchezza simbolica. Parlo pertanto a tal proposito di ‘opere-mito’ del
romanticismo, per distinguere questo concetto di mito letterario da quello
relativo alle tradizioni narrative rielaborate nel tempo, come avveniva con
l’antica mitologia, per cui uso invece la definizione di ‘miti tradizionali’.
Faust e don Giovanni si configurano come miti moderni anche in questi
termini ulteriori, essendo stati, più di Amleto e don Chisciotte, riformulati
da molteplici riscritture, e avendo conosciuto un primo sviluppo anche nel
folclore. Inoltre, Faust e don Giovanni sono inizialmente portatori di elementi
sovrannaturali e di un tema teologico (la superbia o l’irriverenza nei
confronti della Grazia divina) che li avvicinano anch’essi alle narrazioni
dell’antichità. Diversamente, Amleto e don Chisciotte, oltre ad essere esenti
da particolari tematiche teologiche, sfuggono all’accezione di miti
tradizionali in quanto espressi all’origine dalle opere-mito di Shakespeare e
Cervantes (poco conta la figura di Amleth delle Gesta Danorum, mero
materiale narrativo per il dramma). Faust e don Giovanni trovano invece la
propria opera-mito nel tardo Settecento, con le versioni di Goethe e di Mozart.
Ciò dunque riguardo alla ricezione in senso mitologico dei quattro miti
letterari moderni qui presi in esame. Il secondo fenomeno che li coinvolge in
modo organico è quello che definisco della loro dialettica: il
processo per cui i protagonisti delle due coppie di miti letterari, Faust e don
Giovanni da una parte, Amleto e don Chisciotte dall’altra, vengono associati e
contrapposti come tipi antitetici, per arrivare in alcuni casi a una loro
sintesi o ibridazione in un’unica opera, o in un’unica figura: ad esempio, un
Amleto donchisciottesco o un don Giovanni faustiano. Entrambe le coppie di miti
letterari vengono associate, dalla critica o direttamente dalle opere
letterarie, nel riconoscimento di un’analogia tematica di fondo, a partire
dalla quale i protagonisti vengono interpretati come personificazioni di
facoltà o di caratteristiche opposte: spiritualità e sensualità, riflessione e
azione, tipicità nordica e meridionale, idealismo e scetticismo, visione del
mondo tragica e comica.
Note
[1] Watt,
Ian, Myths of Modern Individualism: Faust, Don Quixote, Don Juan,
Robinson Crusoe, Cambridge University Press, Cambridge 1996; trad.
it. Miti dell’individualismo moderno. Faust, Don Chisciotte, Don
Giovanni, Robinson Crusoe, trad. di M. Baiocchi e M. Gnoli, Donzelli, Roma
1998, p. vii.
[2] Trad.
it., p. xii.
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