COSA C’ENTRANO POOR THINGS E LA REPUBBLICA DI PLATONE?
di minima&moralia pubblicato
mercoledì, 14 Febbraio 2024 ·
di Giovanni
Ruggiero
Ad accomunare Platone e Lanthimos non è
solo l’appartenenza alla grecità e la medesima città di nascita, Atene. Il
nuovo film di Lanthimos ci spiega che dopo la tirannide torna la filosofia.
L’happy ending
sta per compiersi. Bella Baxter, la principessa di questa fiaba al contrario, è
finalmente sull’altare, vestita di bianco, pronta a sposare il giovane studioso
Max McCandles, principe sotto le spoglie di scienziato. Ma l’arrivo del vecchio
marito, Alfie Blessington, spazza via ogni speranza di vedersi felicemente
conclusa la nostra storia. Prima, infatti, c’è l’ultima e più dura prova: la
venuta della tirannide. Bella accetta di seguire il nuovo marito finendo per
rinchiudersi in un carcere d’oro. Una fortezza tenuta nell’ordine dal gelo
metallico di un revolver puntato sulla servitù, e poi anche su Bella. Il nuovo
marito è tirannico: il grado più alto dell’infelicità umana, secondo Platone,
il quale contrappone nella Repubblica la vita più bella in
assoluto, quella del filosofo, a quella più sventurata: la vita del tiranno. Il
tiranno, infatti, non solo ha sete di potere e di dominio su tutti coloro che
lo circondano, ma si trova, per sua sfortuna, anche nelle condizioni di poter
esercitare tale dominio. Questo accade nella penultima casa di Bella, dove il
desiderio di reprimere qualsiasi fattore destabilizzante e sfuggente all’ordine
sterile e silenzioso imposto del maschio tirannico porta il marito a volerle
strappare il clitoride che nella medicina dell’epoca era la radice della forza
travolgente e degli impulsi libertari della donna. Per fortuna Lanthimos ci
mostra quello che Platone non ci dice. Che dopo la tirannide il cerchio non si
chiude, ma ritorna al suo principio, la filosofia. Il filosofo greco
nell’ottavo libro della Repubblica aveva creato un ciclo,
una sequenza di regimi politici per mostrare l’intrinseca degenerazione umana
dal grado di libertà più alto a quello massimo di schiavitù. Regno filosofico,
poi oligarchico, timocratico, la democrazia e, infine, la tirannide. Ma cosa
c’era dopo di essa? Platone non ce l’ha detto, lasciandoci tutti senza
risposta. Tra i tanti a tentare di rispondere alla domanda, c’è Lanthimos, con
una pausa di qualche millennio.
Cade la
tirannide: e ci ritroviamo di nuovo al principio, ma questa volta è un
principio diverso. Il marito tiranno ha, per contrappasso, la sorte di
diventare una bestia prona, una capra erbivora e prostrata. E la donna succube,
invece, quello di diventare la regina-filosofa del proprio eden, il giardino
dove tutto segue un principio di ordine. Bella, nuova Ipazia dell’anatomia, che
giunge alla conoscenza del Sé e di sé attraverso il lungo viaggio, corona
quella meta che Platone aveva prestabilito per gli esseri umani più
ardimentosi: la vita filosofica. Questa è la vita concessa a chi supera le tre
prove, i tre “incantamenti” della vita, ed è assai curioso che lo stesso
Platone, proprio come nel film di Lanthimos, parli dei patimenti umani e delle
emozioni in termini di magia.
A questo,
infatti, assistiamo: Bella ha da attraversare le numerose prove e i numerosi
tipi di vita (i bioi li chiamerebbe Platone), scanditi
durante la pellicola da immagini di passaggio in bianco e nero che segnano col
nome di una città o di una fase il nuovo capitolo del viaggio. Dapprima, il
regno del controllo, della campana di vetro ha un che di filosofico. Tuttavia,
non è Bella la fautrice e la garante di tale ordine: non lo ha messo in piedi
lei, ma ne è oggetto di osservazione, corpo studiato. È un “regno filosofico” a
metà. E parimenti si tratta di un mondo oligarchico, proprio come nella
sequenza delle forme di stato che il filosofo di Atene descrive nell’ottavo
libro della Repubblica. Pochi al governo, la realtà è animata dal
Signore, Godwin (uno spettacolare Willem Dafoe) padre-scienziato, dio
demiurgico da un lato, e dal dio figlio dall’altro, Max McCandles, il futuro
sposo di Bella. Lanthimos apre una breccia in questo spazio col bianco e nero,
coi suoni stridenti di un pianoforte: è musica atonale. Il simbolo di un suono
che fuoriesce dal sistema tonale: come Bella dai toni e dai modi della società
perbene. È inconsapevolezza e dunque cognizione senza limite.
Il vero cammino
verso il mondo fattuale inizia con Lisbona, dove la Bella inizia a scoprire le
delizie, i piaceri della vita: un destino edonistico. I pasteis de Belem, la
strepitosa invenzione culinaria delle monache della cittadina portoghese nei
pressi di Lisbona, le passeggiate per i vicoli della città, una donna che
improvvisa un fado sul balcone, le cene galanti, l’alcol e, per finire, il
sesso. Qui Bella scopre il proprio ed i corpi altrui, attraverso i “fourious
jump” – e Platone, con il Cratilo, il dialogo sul linguaggio,
avrebbe molto apprezzato questa ridefinizione degli atti, un’onomastica del
nuovo, che getta luce sulle ombre e sulle fragilità del nostro sistema, della
società per bene, del buon costume. Le ipocrisie sono spazzate da Lanthimos col
gioco della spontaneità di cui soltanto un (cervello) bambino è capace. A
questo segue il regno timocratico, del successo.
Duncan
Wedderburn, l’avventuriero incapace di amore, si ritrova incastrato in un
sentimento di gelosia e possesso che trasporta fuori dalla metafora su Bella:
avendone capito l’immensa libertà, la piazza a sua insaputa su una nave da
crociera. Un sequestro “d’amore” che il regista di Atene dipinge non senza gag
divertenti e insieme taglienti. “Mi ami o mi vuoi ammazzare, non capisco?”
chiede Bella con una semplicità disarmante. Sulla sfarzosa nave da crociera,
Bella incontra nuovi amici, Martha ed il cinico Harry: il film di Lanthimos
ammicca alla filosofia, la richiama, come nella scena del famoso aneddoto di
Diogene Laerzio sull’incontro fra Diogene il cinico e Alessandro Magno:
“spostati che mi fai ombra”, dove è tutta la schiettezza di Bella a pronunciare
l’iconica frase. La protagonista è spettatrice, per la prima volta della sua
“nuova” vita, del divario sociale ed economico nel mondo. Di un gap che un
grosso castello di oro attorniato da una scala a chiocciola mozzata elevato su
un abisso di miseria e gente morente, rappresenta.
Le cose cambiano
quando i due finiscono in bancarotta, nel vano e compassionevole tentativo di
Bella di scalfire la miseria donando la vincita di Duncan al casino: si giunge
così ad una tappa forzata. Siamo nel regno democratico di Parigi dove il
socialismo ed il volantinaggio si mischiano al freddo della neve ed al calore
delle stanze dei bordelli. Una realtà meno ovattata rispetto alla nave,
ugualmente cruda ma più vera si offre alla Bella, che qui impara a camminare da
sola. Il cammino intellettuale e teorico sperimentato sulla nave con le letture
e le discussioni filosofiche lascia il posto ad una sperimentazione del corpo
di una realtà sfaccettata e spesso cruenta di cui gli occhi di Bella, fino ad
allora vergini, sono assetati. Lanthimos ci dà mostra di una galleria di tipi
umani assai composita.
Tutti denudati
nelle camere da letto e messi al muro del proprio desiderio: i violenti, gli
impotenti, quelli più giocherelloni. E, in un senso più romantico, ma
ugualmente sessuale, il rapporto con una ninfa di quel bordello, che diventa
sodale e amica intima di Bella aiutandola a crescere nel suo percorso di
scoperta e attivismo: Felicity, un nome parlante.
Sul finire
Godwin muore: e alla morte di dio toccherà all’uomo farsi carico della propria
vita. La creatura di shelleyana memoria viene svezzata. Torna a Londra e, qui,
la prova più difficile della tirannide, che all’inizio di questa nostra
riflessione abbiamo raccontato.
Che dire… Bella
lo ammette, è tutti noi, tutti noi i disadattati rispetto ad una cultura
“ortopedica”, la cultura del raddrizzamento dei legni storti anziché
dell’apprezzamento delle diversità. Lei è insieme madre e figlia, come tutti
noi dobbiamo diventare. Ed il cammino che il film di Lanthimos ci pone, un
cammino filosofico proprio come quello che Socrate e Platone mostravano ai
propri discepoli, riguarda la mutevolezza della vita. L’essere una dancing
feast, una festa danzante.
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