08 giugno 2013

ANTIGONE E' ANCORA VIVA




La produzione teorica di Luce Irigaray è scandita da libri, saggi e testi che hanno costituito tappe di un percorso che ha condizionato i femminismi. Dal primo libro («Speculum. L'altra donna») a «Questo sesso che non è un sesso» a «Sessi e genealogie», fino ai più recenti, Irigaray si è confermata come una delle filosofe femministe che hanno contribuito allo sviluppo di un punto di vista sessuato sul mondo.


Alessandra Pigliaru - Il desiderio vitale di Antigone

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Nella costellazione del pensiero occidentale, Luce Irigaray ha un posto di primo piano e non solo perché è una delle più lucide e originali filosofe e interpreti della contemporaneità. La ragione poggia piuttosto sulla felice congiunzione di ricerca, scrittura, linguaggio e politica che in Irigaray sembra dettata da una stupefacente capacità di andare al nocciolo delle questioni. La sua riflessione, mappa multidisciplinare e generosa, si muove infatti con agio tra numerosi campi del sapere tutti decostruiti e letti a partire dalla differenza sessuale - pensiero quest'ultimo a cui la filosofa ha dedicato pazientemente la sua intera esistenza.

La si conosce fin dai primi anni Settanta, quando entrò nel dibattito teorico-politico con la radicalità di Speculum (1974) che le costò l'espulsione dall'École Freudienne allora diretta dal suo maestro Jacques Lacan. Al simbolico di quella esclusione, esito della cecità di una tradizione maschile che ha preteso onanisticamente di legittimare solo se stessa, Irigaray è tornata più volte. Eppure l'essere guardata con sospetto e viva preoccupazione, l'essere accusata di infedeltà proprio dalla comunità scientifica cui fino a un momento prima apparteneva, è stata forse la sua grande fortuna. E, insieme, la nostra visto che dallo strappo irriverente di Speculum fino ad oggi abbiamo avuto la possibilità di conoscere un'altra storia raccontata e decostruita tenendo conto della differenza sessuale.

Memoria e oblio

Au commencement, elle était è il suo ultimo libro, ora tradotto in Italia da Antonella Lo Sardo per Bollati Boringhieri con il titolo All'inizio, lei era (pp. 170, euro 15). Frutto di una lunghissima meditazione durata diversi anni, i cinque capitoli che lo compongono sono - quasi tutti - altrettanti interventi che la filosofa ha preparato in alcune occasioni di dibattito pubblico, da Rotterdam a Oxford passando per New York. L'idea del libro però la accompagna da molto tempo, prima della fine del XX secolo, scrive. Ugualmente vero è che già il titolo pressappoco lo custodiva e lo preannunciava nel 2006, nella sua prefazione al volume In tutto il mondo siamo sempre in due.

All'inizio, lei era fa il punto su una questione dirimente: l'inizio come origine in cui lei - o Lei - è natura, donna o Dea. Il luogo in cui si intravvede l'interlocuzione intorno a quell'inizio è il pensiero dei presocratici insieme ad altri luoghi rintracciabili nella cultura greca antica. In questa speciale posizione, la filosofa avvista alcune cruciali possibilità di movimento. Per esempio, richiamando l'attenzione su Empedocle, Parmenide e Eraclito riconosce nei primi due il ricordo di lei come inaccessibile e inconoscibile ma di cui pur sempre si trattiene la memoria. Quest'ultima, non ancora del tutto trasformata dal passaggio all'età classica, è l'opportunità di una riflessione ulteriore di quel tra-noi che, per Irigaray, pone le basi politiche stesse del vivere umano. In effetti, il problema si manifesta quando il vagheggiamento di quella presenza altra non trova posto nel logos; quando cioè quell'altra è una «certuna» indifferenziata e cade nell'oblio.

Alcuni maestri non trovano parole per dirla bensì affastellano numerosi vocaboli per controllarne l'irriducibilità. È in questo passaggio decisivo, sempre nell'alveo della cultura greca, che Irigaray ravvisa lo snodo tra l'andare e il fare ritorno. L'andirivieni non attiene tuttavia ad una geografia o a un possesso di cose, significa invece interrogare la propria genealogia ed esercitarsi all'autonoma autoaffezione - tanto per le donne quanto per gli uomini. Ciò viene spiegato attraverso due figure, distinte e oltremodo significative: Antigone e Ulisse. Della prima, di cui si è lungamente occupata in vari suoi scritti, principalmente da Speculum fino a Etica della differenza sessuale, sostiene il desiderio di vita a dispetto di altre interpretazioni che la vorrebbero come un'accecata adolescente in preda a pulsioni di morte o incestuose. In realtà, avverte Irigaray, Antigone nel tentativo di dare una opportuna sepoltura al fratello Polinice si fa portatrice di quella differenza sessuata - diversa da quella sessuale - che attiene all'ordine del cosmo e dei viventi. In questo senso il suo è un gesto insieme religioso e politico di estrema potenza. Ogni vivente infatti reclama un assoluto che non è il Dio inventato per sostituzione dagli uomini ma la fedeltà a se stesso. L'ordine impartito da Creonte è contrassegnato da un non decidere piuttosto confuso che inaugura - proprio in questo ambiguo disordine - il piano del sistema patriarcale: «uccidere senza commettere alcun crimine». Lei invece «vuole essere il tutto che è in quanto essere vivente. Vuole vivere e non morire».

In altre parole, Antigone resta fedele alla propria genealogia materna, legata alla crescita e alla generazione; quella che «non attribuisce un'importanza assoluta alla famiglia in quanto tale, come fa il patriarcato». Polinice è in questo senso il fratello più giovane che non eredita il potere del padre ed è, soprattutto, il figlio di sua madre. Antigone dunque riesce a riconoscere l'importanza della differenza sessuata e difende - anche - quella di suo fratello. Distingue soprattutto le forme dell'amore. Tutto ciò non riguarda né le funzioni né i ruoli sessuati ma le identità in relazione alla loro stessa trascendenza. Secondo Irigaray il rispetto di tale trascendenza apre al riconoscimento dell'esistenza di due mondi differenti irriducibili l'uno all'altro. Sono due mondi in cui ciascuno per sé possa coltivare la propria autoaffezione, ma anche il proprio respiro - tema questo, insieme al soffio e all'energia, su cui Irigaray si è soffermata con pura dedizione negli ultimi anni. Sull'argomento e i suoi arcipelaghi, si pensi per esempio alle splendide pagine di Amo a te ma anche ai più recenti Il mistero di Maria e Una nuova cultura dell'energia. I due mondi così corrispondono a quelli della differenza sessuale capace di riconoscere la cruciale trascendenza di ciascuno e ciascuna. La scommessa è però che entrambi si mostrino capaci di aprirsi al terzo, inteso come luogo etico entro cui le relazioni riescano a compiersi e a dispiegarsi.

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(Da: Il Manifesto del 6 giugno 2013)

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