La filosofia che chiarisce la fisica
.
Un’illuminante analisi di Mauro Dorato
sulla natura del tempo alla luce delle scoperte del XX secolo. A partire
dalla relatività di Einstein, che sembra contraddire tutte le
intuizioni del senso comune
.
di Carlo Rovelli
.di Carlo Rovelli
«E pur si
muove!». Così, narra la leggenda, mormorava Galilei, mentre in pubblico
dichiarava di rinunciare all’idea che la Terra si muovesse. Parole
intense. Ma forse non tanto perché esprimono la determinazione dello
scienziato che non vuole farsi dettare la verità; quanto piuttosto
perché sembrano tradire quasi una lotta interiore. La lotta fra
l’evidenza palese dell’immobilità della Terra intorno a noi e lo
sconcertante sospetto che quest’immobilità sia illusoria, e stiamo
roteando nel cosmo. Credo che ancora oggi ciascuno di noi, se per un
attimo guarda intorno a sé le case o le colline e fa mente locale alla
velocità con cui tutto ciò sta facendo capriole nello spazio (40
chilometri al secondo), non possa non risentire questa vertigine, e
mormorare un po’ stupito «e pur si muove…». La scienza ci porta a queste
scoperte contro-intuitive, che indicano i limiti del nostro senso
comune; ma se il moto della Terra, chiarito nel 1600, è oggi integrato
nel nostro sapere, altrettanto non si può dire delle sconcertanti
scoperte sulla natura del tempo che hanno segnato il Ventesimo secolo.
Per questo il lavoro di un filosofo italiano coltissimo e attento alla
scienza come Mauro Dorato gioca un ruolo significativo per la cultura
tutta intera, e il suo recente Che cos’è il tempo? Einstein, Gödel e l’esperienza comune, è importante.
Dorato vede come compito della filosofia
quello di portare chiarezza là dove le idee appaiono oscure, e
riconciliare immagini del mondo apparentemente in conflitto proprie
della scienza e del senso comune. Dopotutto possiamo comprendere che la
Terra si muova, ma possiamo anche comprendere per quale ragione e come
accada che ci sembri immobile. Fare filosofia, per Dorato, vuol dire
arrivare a integrare il senso comune e il sapere scientifico, così come,
dice con bella metafora, i nostri due occhi ci danno immagini
leggermente diverse del mondo, e mettendole insieme acquistiamo
profondità. La posizione di Dorato è quindi assai interessante: se da un
lato aggira intelligentemente la tesi superficiale della svalutazione
del senso comune a vuota illusione, dall’altro riesce a rispondere bene
ai dubbi fuorvianti che il senso comune possa cogliere verità invisibili
alla scienza. È legittimo – si chiede alla fine della prefazione – fare
assunzioni metafisiche in conflitto con la fisica? E il libro offre gli
strumenti per una risposta intelligente e articolata. Negativa.
In questo modo la filosofia riacquista
quella centralità, quella capacità di generare profondità e chiarezza
che le compete. E profondità e chiarezza sono virtù di questo testo,
prezioso per chi non voglia essere come un uomo del Settecento che
pensasse ancora che la Terra fosse ferma, e voglia cominciare a capire
qualcosa di questa strana storia che è il cambiamento completo di ciò
che sappiamo sulla natura del tempo. Ma prezioso anche per uno
scienziato che cerca nella filosofia quella sponda di chiarezza
concettuale che non è il suo pane, e per il filosofo che voglia capire
con precisione cosa sia successo al tempo nel mondo della scienza, senza
per questo dover digerire manuali di matematica.
Dorato tocca la relatività generale e
discute la questione della termodinamica e dell’irreversibilità, ma è
sulla relatività speciale che si concentra, la prima grande teoria di
Einstein, oggi confermata da innumerevoli esperienze. Per quello che
riguarda il tempo è in questa teoria che è condensata la scoperta più
sconcertante: non esiste un “presente” nell’universo e la storia delle
cose non è separabile in passato, presente e futuro. L’idea di un
“presente” esteso nello spazio è un’approssimazione, legata alla
lentezza della nostra capacità mentale di risolvere tempi brevi (decimi
di secondo), paragonata ai tempi (nano-secondi, al più milli-secondi)
che impiega la luce a percorrere le distanze nelle quali ci muoviamo
abitualmente. Il nostro presente è una piccola bolla approssimativa,
limitata nello spazio, e se cerchiamo di estenderlo troviamo
contraddizioni insormontabili. La metafisica del presente, cioè l’idea
che la realtà esiste tutta nel presente, non è sostenibile, perché fa
leva su un errore: estendere il nostro presente locale a distanze
arbitrarie.
Ma Dorato osserva con acutezza che questo
non implica che il cambiamento sia illusione, come spesso si conclude
un po’ frettolosamente. Il cambiamento e il fluire del tempo possono
essere concepiti, ma localmente e non globalmente, e in relazione a un
osservatore. Quest’osservazione diventa chiara nella limpida analisi che
fa Dorato di un argomento contro la realtà del tempo presentato dal
grandissimo logico e matematico Kurt Gödel: Dorato chiarisce come quella
che Gödel mostra essere contraddittoria sia una concezione ideale di
tempo globale e assoluto, non l’idea di tempo locale e relativo che
fonda la nostra esperienza.
In questo modo Dorato riesce a fare pulizia non solo di molte resistenze alle novità concettuali della nuova fisica, ma anche di facili conclusioni troppo semplificate. Non mi dilungo di più, anche perché ho spesso accennato ai misteri del tempo in queste pagine: se da questi cenni vi sono rimaste curiosità, il libro di Dorato è una guida sobria e comprensibile in questi astratti territori.
In questo modo Dorato riesce a fare pulizia non solo di molte resistenze alle novità concettuali della nuova fisica, ma anche di facili conclusioni troppo semplificate. Non mi dilungo di più, anche perché ho spesso accennato ai misteri del tempo in queste pagine: se da questi cenni vi sono rimaste curiosità, il libro di Dorato è una guida sobria e comprensibile in questi astratti territori.
Forse dal canto mio avrei preferito che
Dorato azzardasse a parlare anche della scienza di frontiera, delle
questioni aperte dalla dinamica dello spaziotempo e dai suoi aspetti
quantistici, che sfiora appena. È qui che le difficoltà diventano più
acute e la chiarezza della sua filosofia ci sarebbe di più grande aiuto.
Io vorrei sempre che i filosofi aiutassero noi fisici anche a guardare
avanti. Ma Dorato è guardingo e meticoloso, non azzarda, procede con
lentezza e precisione, e questo rende solido il libro, ne fa un saldo
capitolo del dialogo fra scienza e filosofia. In un argomento difficile e
scivoloso come questo, è raro essere d’accordo su tutto, ma non ci sono
pagine dove mi sono trovato a voler obiettare qualcosa. Forse solo una:
là dove, dopo aver correttamente identificato la freccia del tempo
nella fisica della radiazione con quella entropica, e questa con quella
legata al concetto di causa, Dorato ipotizza che la «freccia del
divenire» possa essere primitiva e irriducibile. Sospetto non lo sia;
trovo convincente l’insistenza di Dorato che sia reale e capace di
rendere conto della nostra esperienza, ma penso che finiremo per
comprendere che anche questa sia di origine statistica ed emergente. Ma
qui siamo oltre i confini di quello che sappiamo.
La prospettiva sulla natura del tempo in
fisica teorica offerta da Dorato è articolata e originale, ma le sue
parole sono pesate, e quello che è scritto è meditato e affidabile. Nel
mondo confuso della nuova fisica del tempo, Dorato sa trovare punti
fermi, collegarli con il nostro senso comune, e condurre il lettore per
mano con rara chiarezza.
.
Mauro Dorato, Che cos’è il tempo? Einstein, Gödel e l’esperienza comune, Carocci, Roma, pagg. 138, € 12,00
DA:
Il Sole 24 Ore – Domenica 16 giugno 2013
.
Nessun commento:
Posta un commento