Le meraviglie del Duemila è un romanzo del 1907 scritto da Emilio Salgari. Rientra nel filone del romanzo scientifico precursore della fantascienza. Il libro narra la storia di due uomini che, grazie alla scoperta di un principio attivo di una strana pianta esotica che sospende le funzioni vitali, riescono a viaggiare nel tempo per ben cento anni, spostandosi dal 1903 al 2003. Si trovano quindi a vivere in una società profondamente modificata e potranno così conoscere un mondo popolato da macchine volanti, treni sotterranei e velocissimi, città sottomarine e molte altre meraviglie tecnologiche. Ne presentiamo un capitolo.
Emilio Salgari -Le meraviglie del Duemila
Il dottor Holker aveva
detto la verità. Il brodo era squisitissimo, ma nessuna pietanza era
di carne di bue, di maiale e di montone. Solo dei pesci: tutti gli
altri piatti si componevano di vegetali, fra cui molti che erano
assolutamente sconosciuti a Toby ed a Brandok.
In compenso il vino era
così eccellente che né l'uno né l'altro mai ne avevano gustato di
simile.
«Signor Holker,» disse
Brandok, che mangiava con un appetito invidiabile, come se si fosse
svegliato solo da dieci o dodici ore «siete vegetariano voi?»
«Perché mi fate questa
domanda?» chiese il lontano pronipote del dottore.
«Ai nostri tempi si
parlava molto di vegetarianismo, specialmente in Germania ed in
Inghilterra. Si vede che quella cucina ha fatto dei progressi.»
«Perché non trovate
delle bistecche?»
«Sì, e mi stupisce come
i moderni americani abbiano rinunciato alle succose bistecche ed ai
sanguinanti roast beef.»
«Sono piatti diventati
un po' rari, oggi, mio caro, e pel semplice motivo che i buoi ed i
montoni sono quasi scomparsi.»
«Ah!»
«Ve ne stupite?»
«Molto.»
«Mio caro signore, la
popolazione del globo in questi cento anni è enormemente cresciuta,
e non esistono più praterie per nutrire le grandi mandrie che
esistevano ai vostri tempi. Tutti i terreni disponibili sono ora
coltivati intensivamente per chiedere al suolo tutto quello che può
dare. Se così non si fosse fatto, a quest'ora la popolazione del
globo sarebbe alle prese colla fame. I grandi pascoli dell'Argentina
e i nostri del Far-West non esistono più, ed i buoi ed i montoni a
poco a poco sono quasi scomparsi, non rendendo le praterie in
proporzione all'estensione. D'altronde non abbiamo più bisogno di
carne al giorno d'oggi. I nostri chimici, in una semplice pillola dal
peso di qualche grammo, fanno concentrare tutti gli elementi che
prima si potevano ricavare da una buona libbra di ottimo bue.»
«E l'agricoltura come va
senza buoi?»
«Anticaglie» disse
Holker. «I nostri campagnoli non fanno uso che di macchine mosse
dall'elettricità.»
«Sicché non vi sono più
neanche cavalli?»
«A che cosa potrebbero
servire? Ce ne sono ancora alcuni, conservati più per curiosità che
per altro.»
«E gli eserciti non ne
fanno più uso?» chiese il dottor Toby. «Ai nostri tempi tutte le
nazioni ne avevano dei reggimenti.»
«E che cosa ne
facevano?» chiese Holker, con aria ironica.
«Se ne servivano nelle
guerre.»
«Eserciti! Cavalleria!
Chi se ne ricorda ora?»
«Non vi sono più
eserciti?» chiesero ad una voce Toby e Brandok.
«Da sessant'anni sono
scomparsi, dopo che la guerra ha ucciso la guerra, l'ultima battaglia
combattuta per mare e per terra fra le nazioni americane ed europee è
stata terribile, spaventevole, ed è costata milioni di vite umane,
senza vantaggio né per le une né per le altre potenze. Il massacro
è stato tale da decidere le diverse nazioni del mondo ad abolire per
sempre le guerre. E poi non sarebbero più possibili. Oggi noi
possediamo degli esplosivi capaci di far saltare una città di
qualche milione di abitanti; delle macchine che sollevano delle
montagne; possiamo sprigionare, colla semplice pressione del dito,
una scintilla elettrica trasmissibile a centinaia di miglia di
distanza e far scoppiare qualsiasi deposito di polvere. Una guerra,
al giorno d'oggi, segnerebbe la fine dell'umanità. La scienza ha
vinto ormai su tutto e su tutti.»
«Eppure quest'oggi,
appena svegliato, mi fu comunicata dal vostro giornale una notizia
che smentirebbe quello che avete detto ora, mio caro nipote» disse
Toby.
«Ah sì! La distruzione
di Cadice da parte degli anarchici. Bazzecole! Ormai questi bricconi
irrequieti saranno stati completamente distrutti dai pompieri di
Malaga e di Alicante.»
«Dai pompieri?»
«Non abbiamo altre
truppe al giorno d'oggi, e vi assicuro che sanno mantenere l'ordine
in tutte le città e sedare qualunque tumulto. Mettono in batteria
alcune pompe e rovesciano sui sediziosi torrenti d'acqua elettrizzata
al massimo grado. Ogni goccia fulmina, e l'affare è sbrigato
presto.»
«Un mezzo un po'
brutale, signor Holker, e anche inumano.»
«Se non si facesse così,
le nazioni si vedrebbero costrette ad avere delle truppe per
mantenere l'ordine. E del resto siamo in troppi in questo mondo, e se
non troviamo il mezzo d'invadere qualche pianeta, non so come se la
caveranno i nostri pronipoti fra altri cent'anni, a meno che non
tornino, come i nostri antenati, all'antropofagia. La produzione
della terra e dei mari non basterebbe a nutrire tutti, e questo è il
grave problema che turba e preoccupa gli scienziati. Ah! se si
potesse dar la scalata a Marte che ha invece una popolazione così
scarsa e tante terre ancora incolte!»
«Come lo sapete voi?»
chiese Toby, facendo un gesto di stupore.
«Dagli stessi martiani»
rispose Holker.
«Dagli abitanti di quel
pianeta!» esclamò Brandok.
«Ah, dimenticavo che ai
vostri tempi non si era trovato ancora un mezzo per mettersi in
relazione con quei bravi martiani.»
«Scherzate?»
«Ve lo dico sul serio,
mio caro signor Brandok.»
«Voi comunicate con
loro?»
«Ho anzi un carissimo
amico lassù che mi dà spesso sue notizie.»
«Come avete fatto a
mettervi in relazione coi martiani?»
«Ve lo dirò più tardi,
quando avrete visitato la stazione elettrica di Brooklyn. Eh! Sono
già quarant'anni che siamo in relazione coi martiani.»
«È incredibile!»
esclamò il dottor Toby. «Quali meravigliose scoperte avete fatto
voi in questi cent'anni!»
«Molte che vi faranno
assai stupire, zio. Appena vi sarete completamente rimessi, vi
proporrò di fare una corsa attraverso il mondo. In sette giorni
saremo nuovamente a casa.»
«Il giro del mondo in
una settimana!...»
«È naturale che ciò vi
stupisca. Ai vostri tempi s'impiegavano quarantacinque o cinquanta
giorni, se non m'inganno.»
«E ci sembrava d'aver
raggiunto la massima velocità.»
«Delle tartarughe»
disse Holker, ridendo. «Poi faremo anche una corsa al polo nord a
visitare quella colonia.»
«Si va anche al polo,
ora?»
«Bah!... è una semplice
passeggiata.»
«Avete trovato il mezzo
di distruggere i ghiacci che lo circondano?...»
«Niente affatto, anzi io
credo che le calotte di ghiaccio che avvolgono i due confini della
terra siano diventate più enormi di quello che erano cent'anni fa;
eppure noi abbiamo trovato egualmente il mezzo di andare a visitarli
e anche a popolarli. Vi abbiamo relegati là...»
Un sibilo acuto che
sfuggì da un foro aperto sopra una mensola che si trovava in un
angolo della stanza, gl'interruppe la frase.
«Ah, ecco la mia
corrispondenza che arriva» disse Holker, alzandosi.
«Un'altra meraviglia!»
esclamarono Toby e Brandok alzandosi.
«Una cosa semplicissima»
rispose Holker. «Guardate, amici miei.»
Premette un bottone al
disotto d'un quadro che rappresentava una battaglia navale. La figura
scomparve, innalzandosi entro due scanalature, e lasciando un vano
d'un mezzo metro quadrato. Dentro v'era un cilindro di metallo
coperto di numeri segnati in nero, lungo sessanta o settanta
centimetri, con una circonferenza di trenta o quaranta.
«Il mio numero
d'abbonamento postale è il 1987» disse Holker. «Eccolo qui, e in
un piccolo scompartimento sono state collocate le mie lettere.»
Mise un dito sul numero,
s'aprì uno sportellino e trasse la sua corrispondenza, poi fece
ridiscendere il quadro e premette un altro bottone.
«Ecco il cilindro
ripartito» disse. «Va a distribuire la corrispondenza agli
inquilini della casa.»
«Come è giunto qui quel
cilindro?» chiese Brandok.
«Per mezzo d'un tubo
comunicante coll'ufficio postale più vicino, e rimorchiato da una
piccola macchina elettrica.»
«E come si ferma?»
«Dietro il quadro vi è
uno strumento destinato ad interrompere la corrente elettrica. Appena
il cilindro vi passa sopra, si ferma e non riparte se io prima non
riattivo la corrente premendo quel bottone.»
«Vi è un cilindro per
ogni casa?»
«Sì, signor Brandok;
devo avvertirvi che le abitazioni moderne hanno venti o venticinque
piani e che contengono dalle cinquecento alle mille famiglie.»
«La popolazione d'uno
dei nostri antichi sobborghi» disse il dottore. «Non ci sono dunque
più case piccole?»
«Il terreno è troppo
prezioso oggidì, e quel lusso è stato bandito. Non si può
sottrarre spazio all'agricoltura.
Ma comincia a far buio; sarebbe
tempo d'illuminare il mio salotto. Ai vostri tempi che cosa si
accendeva alla sera?»
«Gas, petrolio, luce
elettrica» disse Brandok.
«Povera gente» disse
Holker. «E come doveva costar cara allora l'illuminazione!»
«Certo, signor Holker»
disse Brandok. «Ora invece?»
«Abbiamo quasi gratis la
luce ed il calore.»
Dal soffitto pendeva
un'asta di ferro che finiva in una palla, composta d'un metallo
azzurro.
Il signor Holker l'aprì
facendola scorrere sopra l'asta e tosto una luce brillante, simile a
quella che mandavano un tempo le lampade elettriche, si sprigionò,
inondando il salotto.
Ciò che la produceva era
una pallottolina appena visibile che si trovava infissa sotto la
sfera, e la luce che tramandava, espandeva un dolce calore assai
superiore a quello del gas.
«Che cos'è?» chiesero
ad una voce Brandok e Toby.
«Un semplice pezzetto di
radium» rispose Holker.
«Il radium!»
esclamarono i due risuscitati.
«Si conosceva ai vostri
tempi?»
«L'avevano già
scoperto» rispose Toby. «Ma non si usava ancora a causa dell'enorme
suo costo. Un grammo non si poteva avere a meno di tre o quattromila
lire. E poi non s'era potuto trovare ancora il modo di applicarlo,
come avete fatto ora voi. Tutti però gli predicevano un grande
avvenire.»
«Quello che non hanno
potuto fare i chimici del 1900 l'hanno fatto quelli del Duemila»
disse Holker. «Quel pezzetto lì non vale che un dollaro e brucia
sempre, senza mai consumarsi. È il fuoco eterno.»
«Meraviglioso
metallo!...»
«Sì, meraviglioso,
perché oltre a darci la luce, ci dà anche il calore. Ha
detronizzato il carbon fossile, la luce elettrica, il gas, il
petrolio, le stufe ed i camini.»
«Sicché anche le vie
sono illuminate con lampade a radium?» chiese Toby.
«E anche gli
stabilimenti, le officine e così via.»
«E nelle miniere di
carbone non si lavora più?»
«A che cosa servirebbe
il carbone? Poi cominciavano già ad esaurirsi.»
«La forza necessaria per
far agire le macchine degli stabilimenti, chi ve la dà ora?»
«L'elettricità
trasportata ormai a distanze enormi. Le nostre cascate del Niagara,
per esempio, fanno lavorare delle macchine che si trovano a mille
miglia di distanza. Se noi volessimo, potremmo dare di quelle forze
anche all'Europa, mandandole attraverso l'Atlantico. Ma anche laggiù
hanno costruito delle cascate sui loro fiumi e non hanno più bisogno
di noi.»
«Amico James,» disse
Toby «ti penti d'aver dormito cent'anni per poter vedere le
meraviglie del Duemila?»
«Oh no!» esclamò
vivamente il giovane.
«Credevi di veder il
mondo così progredito?»
«Non mi aspettavo
tanto.»
«E il tuo spleen?»
«Non lo provo più,
tuttavia... non senti nulla tu?»
«Sì, un'agitazione
strana, un'irritazione inesplicabile del sistema nervoso» disse
Toby. «Mi sembra che i muscoli ballino sotto la mia pelle.»
«Anche a me» disse
Brandok.
«Sapete da che cosa
deriva?» chiese Holker.
«Non saprei indovinarlo»
rispose Toby.
«Dall'immensa tensione
elettrica che regna ormai in tutte le città del mondo ed a cui voi
non siete ancora abituati. Cent'anni fa l'elettricità non aveva
ancora raggiunto un grande sviluppo, mentre ora l'atmosfera ed il
suolo ne sono saturi. Ma vi abituerete, ne son certo. E per oggi
basta. Andate a riposare e domani mattina faremo una corsa attraverso
Nuova York sul mio Condor.»
«È un'automobile?»
chiese Brandok.
«Sì, ma di nuovo
genere» rispose Holker, con un sorriso. «Cominceremo così il
nostro viaggio attraverso il mondo.»
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