Sbaglia chi crede che l'alchimia sia stata lo stadio
infantile e primitivo della chimica. Mai campi di ricerca furono più diversi.
L'oro dei filosofi (per usare l'espressione alchemica) non fu mai l'oro dei
mercanti o dei principi. VITRIOL (Visita interiora terrae rectificandoque
invenies occultum lapidem), questa la chiave per comprendere il senso profondo
dell'arte. Lo capì Jung che descrisse l'alchimia come un viaggio pericoloso e
tormentato nelle profondità dell'inconscio alla ricerca di immagini archetipali,
fonte di rigenerazione spirituale e psichica. In un libro, bellissimo e
poetico, appena pubblicato da Adelphi, James Hillman continua questo percorso
alla riscoperta di un sapere antichissimo e di un linguaggio simbolico che un
tempo fu degli alchimisti e ora è dei pittori e dei poeti.
Che Jung considerasse l’immaginario alchemico una
risorsa per la pratica psicoanalitica è testimoniato da opere quali Psicologia
e alchimia e Mysterium Coniunctionis. Negli scritti qui raccolti Hillman
riprende e approfondisce le intuizioni junghiane traendone un solido impianto
epistemologico, sorprendente per coerenza e originalità.
Se «l’individuazione della nostra anima richiede il
riconoscimento dell’individualità dell’anima presente nelle cose», è legittimo
affiancare alla psicologia un mondo a prima vista ai suoi antipodi come
l’alchimia, giacché non vi è poi grande differenza tra chi tentava di
trasmutare metalli vili in oro e chi trasmuta anime sofferenti in anime
rasserenate, «indorate» di pace.
Con il contagioso entusiasmo di un esploratore,
Hillman illustra le corrispondenze insospettate tra stadi dell’opus alchemico e
momenti dell’opus analitico: dalla nigredo inconsolabile delle fasi depressive
alla lunare albedo della riflessione, dalla citrinitas dolorosa, in cui la
mente «soffre la propria comprensione», alla rubedo finale, che porta
all’armonia di psiche e cosmo, di giudizio critico e fantasia estetica.
E il primo paziente di questa terapia fondata su
sostanze mutevoli e influssi astrologici è la psicologia stessa, poiché lo
scopo dichiarato di Psicologia alchemica è fornirle «un altro metodo per
immaginare le proprie idee e i propri procedimenti», guarirla dalla
«letteralizzazione» che ne ha fatto un sistema di concetti ossificati e
inariditi.
Qui sta, in definitiva, la vera forza di queste
pagine: il linguaggio alchemico dona nuova energia a quel processo di revisione
della psicologia cui James Hillman ha dedicato tutta la vita.
Nessun commento:
Posta un commento