Riprendiamo dal sito http://www.leparoleelecose.it/
un estratto del saggio Perché l’amore fa soffrire di Eva Illouz, uscito in questi giorni per Il
Mulino. Queste pagine, tagliate per esigenze redazionali, sono tratte dal terzo
capitolo, La richiesta di riconoscimento: l’amore e la vulnerabilità del
Sé. Nei mesi scorsi abbiamo pubblicato una videointervista
all’autrice e una recensione di Barbara Carnevali al libro.
Eva Illouz - Perché
l’amore fa soffrire
Talia: Fa soffrire…
sono stata malissimo… ma sento anche di aver imparato molto da quella storia.
Intervistatrice:
Che cosa?
Talia: Era, anzi è,
un professore molto famoso. Tutti hanno soggezione di lui. Prima di incontrarlo
mi sentivo un essere insignificante e invisibile, a cui nessuno rivolgeva
attenzione. Mi sentivo sempre la più stupida. Ma quando lui mi ha scelta,
quando abbiamo avuto quella storia, ho sentito che ero diventata una persona
speciale, mi sentivo più brillante e riuscivo ad avvicinarmi a persone a cui
non avrei mai osato rivolgere la parola. Riuscivo a parlarci e a sentirmi alla
pari. Anche adesso che è finita, sento di aver imparato cose importanti di me,
perché se lui pensava che io fossi speciale, per questa sola ragione io mi
sentivo speciale. Avevo meno paura della gente.
Intervistatrice: Per
il fatto di essere amata da lui?
Talia: Sì, perché
ero amata da lui. Beh… non so nemmeno se mi amasse; a volte mi sentivo amata,
altre volte non ne ero sicura, ma mi sentivo desiderata, sono sicura che mi
desiderava moltissimo. Quindi… sì, perché ero desiderata da lui.
Il passaggio dal
corteggiamento premoderno a quello moderno è il passaggio da rituali e
significati pubblicamente condivisi a interazioni private in cui l’altro viene
valutato secondo criteri molteplici e transitori: l’attrazione fisica, la
chimica emotiva, la compatibilità dei gusti e l’assetto psicologico. La classe
sociale, il rango, il «carattere» appartengono a un mondo in cui i criteri per
stabilire il valore erano noti e pubblicamente espressi; oggi invece il valore
sociale deve essere negoziato nell’ambito dei gusti individuali. Per esempio,
la seduttività e la desiderabilità, sebbene seguano canoni pubblici di
bellezza, sono soggette a una dinamica del gusto individualizzata e pertanto
relativamente imprevedibile. La desiderabilità, assunta come criterio primario
di scelta del partner, complica la dinamica del riconoscimento, crea
incertezza, implica che l’uomo e la donna abbiano scarsa capacità di prevedere
se verranno giudicati attraenti da un potenziale partner o riusciranno a mantenere
vivo il suo desiderio. In uno studio sui single timidi gli psicologi Jacobson e
Gordon descrivono un’esperienza che di fatto è sociologica:
Nella mia
esperienza di psicologo a New York affrontare un appuntamento è il denominatore
comune che innesca la timidezza nei single di qualsiasi età, siano essi donne o
uomini. Nella loro ricerca di qualcuno con cui condividere la vita, molti dei
miei pazienti mi riferiscono di essere colti da sentimenti di paura del rifiuto
e inadeguatezza talmente forti da trovare qualsiasi scusa per non uscire di
casa. [...] Circa dieci anni fa cominciai a notare che erano sempre più
numerosi i pazienti che affermavano di sentirsi socialmente incompetenti,
invisibili agli altri e spaventati – soprattutto se dovevano affrontare un
appuntamento o un contesto sociale.
Il senso di
invisibilità riferito da questi pazienti o, per usare un termine più comune, la
loro «paura del rifiuto» è pertanto soprattutto la paura di ciò che Honneth
definisce «invisibilità sociale», una condizione in cui l’individuo viene fatto
sentire socialmente indegno. Può avere origine da forme di umiliazione sottili,
non apertamente espresse: la mimica facciale, in particolare l’espressione
degli occhi, del volto, e il sorriso costituiscono il meccanismo elementare di
visibilità sociale e una forma altrettanto elementare di riconoscimento. È
questa invisibilità a minacciare il Sé nelle relazioni sentimentali, proprio
perché i segni di conferma veicolano la promessa di conferire piena esistenza
sociale.
Questa forma di
autocritica è molto diversa dalle strategie di autosvalutazione ottocentesche
di cui si è discusso in precedenza: non consiste nella manifestazione del
carattere; riflette piuttosto quella che potremmo definire «incertezza
concettuale di sé», o incertezza dell’immagine che si ha di sé e dei criteri
per determinarla. L’incertezza concettuale si pone all’estremo opposto
dell’autosvalutazione. Quest’ultima innanzitutto non veniva tenuta nascosta, ma
dichiarata apertamente; non minacciava l’ideale del Sé ma piuttosto lo
rappresentava, richiedeva la rassicurazione rituale dell’altro, creava un
legame, presupponeva il riferimento implicito a ideali morali noti a entrambe
le parti. In una lettera al fratello Theo, Van Gogh descrive come il suo amore
venne rifiutato dalla cugina Kee.
La vita mi è
diventata molto cara e sono felice di amare. La mia vita e il suo amore sono
una cosa sola. «Ma ti trovi di fronte a un chiaro rifiuto!» obietterai.
Rispondo: «Vecchio mio, per il momento considero quel rifiuto come un blocco di
ghiaccio che mi stringo al cuore, sperando di riuscire a scioglierlo.
Per Van Gogh essere
rifiutati non rappresentava una minaccia al proprio status o al proprio valore,
ma un’ulteriore opportunità che si offre all’uomo di dare prova della sua
capacità di sciogliere il gelo del rifiuto. Lo si confronti con la
testimonianza resa da una quarantenne omosessuale che si è da poco impegnata in
una nuova relazione:
Abbiamo trascorso
un fine settimana fantastico: ho incontrato la sua famiglia e i suoi amici, e
anche il sesso tra noi è stato stupendo… e dopo quel fine settimana lei mi dice
che forse sarebbe stato meglio vederci solo per due ore stasera, o forse meglio
aspettare domani. Mi sono sentita così arrabbiata con lei. Furiosa. E ora,
mentre ne parlo, mi sento sopraffatta dall’ansia. Mi sento paralizzata. Come ha
potuto farmi questo?
Questa donna è
divorata dall’ansia perché la richiesta della sua innamorata di incontrarla
«solo» per due ore si riduce a un sentimento di «annichilimento sociale». Nelle
sue memorie autobiografiche Catherine Townsend, editorialista di una rubrica
sul sesso dell’«Independent», racconta la rottura della relazione con il suo
compagno, circostanza che le ha procurato una sofferenza tale da indurla a
frequentare un incontro dei Sex and Love Addicts Anonymous dove si
presenta così:
Mi chiamo Catherine
e sono dipendente dall’amore [...]. Fino ad oggi non riuscivo a immaginare
perché non riuscissi a gestire con successo la mia ultima relazione. Penso
fosse perché volevo essere abbastanza in gamba da essere quella «giusta» per
lui. Credo che in- consciamente volessi dare prova di valere tanto da indurre
qualcuno a sposarmi. Quindi facevo di tutto per tenermi il mio ex a tutti i
costi.
Chiaramente la
sofferenza di Catherine coinvolge il senso del proprio valore, che può essere
determinato o annientato dall’amore. In un blog su internet una donna racconta
che quando si è separata dal compagno il suo «cuore era a pezzi» e «gli ci sono
voluti mesi (se non anni) per riprendersi». Gli amici l’hanno aiutata a
superare il dispiacere dicendole che «era splendida, facendole mangiare tanta
cioccolata e guardando [insieme a lei] una serie infinita di film scadenti». La
reazione di questi amici riflette l’idea diffusa che la fine di un amore minacci
il senso del valore di una persona e le fondamenta della sua sicurezza
ontologica. Questi risultati sono confermati da una ricerca condotta da due
sociologi citata nella rubrica del «New York Times» Modern Love: «Ciò
che conta per le donne è avere una relazione, seppur disastrosa. “È un po’
patetico”, riconosce Ms Simon (la ricercatrice). “Nonostante il grande
cambiamento sociale occorso in questo settore, il senso che le donne hanno del
proprio valore è ancora fortemente legato al fatto di avere un uomo. Ciò è
deplorevole”».
Se il valore che le
donne conferiscono a se stesse è ancora legato alla necessità di avere un uomo
al proprio fianco, non significa che esse non si siano liberate da un retaggio
del passato, ma che hanno sviluppato una dipendenza moderna dall’amore per
riuscire a definire il senso del proprio valore. I manuali di consigli per
affrontare incontri, sesso e amore sono diventati incredibilmente redditizi
proprio perché la posta in gioco dell’amore, degli appuntamenti e del sesso è diventata
molto alta.
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