un
bell’articolo di Nicola Lagioia che fa il punto, con leggerezza, sulla
situazione politica italiana alla vigilia del voto:
NICOLA
LAGIOIA – ITALIANO PER SVEDESI
Uno dei più importanti giornali svedesi, mi ha chiesto di raccontare l’Italia
della vigilia elettorale esaurendo l’argomento in meno di cinquemila battute.
All’epoca di un mio precedente giro nei paesi scandinavi, ce ne vollero
altrettante per spiegare la parola “condono”, sconosciuta a quei popoli. Dopo
alcune riscritture, mi sono costretto a passare sotto le forche caudine di
qualche didascalia.
Attendere
l’uomo della Provvidenza è uno dei vizi nazionali che l’Italia si è trovata a
gestire prima di diventare uno Stato unitario. Già Dante affida a un allegorico
“veltro” (I Canto dell’Inferno) le speranze di risolvere una situazione
ingovernabile. E Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi non trova di
meglio che la mano divina per combattere ingiustizie di fronte a cui i
protagonisti del romanzo sono impotenti.
Così, se
Pio XI definì Mussolini “l’uomo della Provvidenza”, tempo dopo la tragedia si è
riproposta in farsa. Veniamo dal lungo ventennio berlusconiano, una
spettacolare serie di errori, inefficienze e derive corruttive (se la condotta
sessuale dell’ex premier vi sembra scandalosa, dovreste conoscere la sua
politica economica) che ci ha lasciati più poveri, frustrati, e a corto di
autostima.
Per
parlare un linguaggio caro al leader del PDL: affidereste la vostra squadra di
calcio a un allenatore che continua a farla retrocedere? Noi italiani ci siamo
riusciti varie volte. Il che è stato possibile perché Berlusconi ha fatto leva
sull’attitudine dominante in chi crede a certi tipi di messia: l’infantilismo.
Il Cavaliere ha assicurato che benessere e progresso fossero possibili senza
pagare le tasse, lasciando intoccati privilegi e rendite di posizione, e questo
solo un bambino può crederlo. Da qui a ritenere che uomini in odor di
mafia fossero eleggibili, che il debito pubblico vivesse nella
virtualità, che nel rispetto delle istituzioni internazionali non contasse una
politica interna che a volte è sembrata un soggetto di Hieronymus Bosch messo
in mano ai fratelli Marx il passo è breve. Infatti l’Italia l’anno scorso ha
rischiato il default.
L’uomo
chiamato a salvare la situazione (ennesimo inviato della Provvidenza) è stato
l’ex presidente della Bocconi, ex international advisor per Goldman Sachs
nonché attuale Presidente del Consiglio Mario Monti. Neoliberista caro al
Vaticano, Monti è un personaggio singolare per l’Italia. Riesce a conciliare il
clericalismo con un severo spirito protestante che lo ha portato a evitare il
default a colpi d’austerità. Non è un caso che per criticare Berlusconi, Monti
ricorra a suggestioni nordiche (“sembra il pifferaio di Hamelin”), il che è
però anche il suo limite. Se per aggiustare i conti una dieta luterana può
essere efficace, per la crescita sarebbero necessari un entusiasmo e una forza
trasformativa che gli italiani sono poco propensi a riconoscere in chi è troppo
fedele al capitalismo finanziario per vedere orizzonti più ampi. Ad esempio
immaginando un’Europa che sia dei popoli prima che delle banche.
Il
favorito delle prossime elezioni, almeno nei sondaggi, è dunque il Partito
Democratico. Il centrosinistra di Bersani ha il merito di aver usato le
primarie per dare un volto al suo leader, ha aggirato un’odiosa legge
elettorale consentendo alla base di scegliersi i candidati, dunque ha i numeri
per proporsi come un vero partito popolare. Secondo gli ottimisti Bersani
potrebbe farsi promotore di un’efficiente socialdemocrazia. Peccato che a volte
la laicità del suo partito navighi a filo d’acquasantiera e che fino all’altro
ieri la sua classe dirigente (in buona parte quella attuale) sia stata tra le
più deboli e tristi della sinistra europea. Berlusconi non avrebbe vinto tante
volte contro avversari di livello.
Lo
spettro che attraversa la penisola è tuttavia quello dell’ingovernabilità. Se
il PD vincesse di stretta misura, sarebbe necessaria un’alleanza con Monti. Ma
Monti e Sel (gli alleati più a sinistra di Bersani) sono difficilmente
compatibili. In tutto questo l’ex comico Beppe Grillo cavalca l’antipolitica
giungendo a far sentire il proprio fiato sul collo del PDL e Berlusconi riduce
lo svantaggio col PD a ogni nuova apparizione tv. Per l’ennesima volta il
pifferaio di Arcore si traveste da salvatore della Patria. Paventa
l’inesistente “pericolo comunista” (come se oggi in Francia gridassero al
“pericolo Proudhon”), promette l’impossibile (l’abolizione della tassa sulla
prima casa senza la quale avremmo fatto la fine della Grecia), blatera di
rivoluzioni liberali (come credere un paladino del libero mercato chi nel
proprio settore ha lottato per una posizione vicina al monopolio?)
Se
questa è la situazione, un partito in grado di non fare troppi disastri sembra
dunque il PD con Sel (si vota sempre il meno peggio). Comunque vada, il resto
(che è molto più della metà) dovrebbe metterlo la società civile: con una
compagine politica alle spalle di una qualche decenza, bisognerebbe agire oltre
che sui conti sulle mentalità. Le due cose non sono slegate. Corruzione,
populismo, familismo amorale, negazione del merito, scarsa giustizia sociale e
pluralismo zoppo – vizi endemici che gli ultimi anni hanno rafforzato – sono
ostacoli allo sviluppo che solo una cittadinanza attiva potrebbe
ridimensionare. Trasformarsi in un popolo che, portato storicamente a credere
all’uomo della Provvidenza, impari a credere in se stesso. Essere la terza economia
dell’Eurozona (per quanto in difficoltà) serve a poco se non si prova a
diventare anche una grande democrazia.
L'Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l'incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l'intelligenza, come un vivido sangue. È un'intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d'un ingannevole, e forse insensato, conforto. (Natalia Ginzburg da Le piccole virtù)
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