Oggi voglio recuperare un editoriale del Corriere della Sera che ricostruisce la storia dello scandalo della Banca Romana di fine ottocento di cui parla anche Luigi Pirandello nei suoi Vecchi e giovani.
Alla luce degli ultimi recenti scandali bancari sembra proprio che la storia non abbia insegnato nulla:
Gian Antonio Stella - Scandalo della Banca romana
La Banca Romana, che in precedenza era la banca dello stato
pontificio, era una delle 6 banche che in Italia erano autorizzate
all’emissione della moneta con corso legale che si basava sul sistema del gold
standard. Come negli altri paesi europei anche in Italia la moneta era cartacea
e il suo valore era garantito dalla sua convertibilità in oro secondo un
determinato rapporto, quindi l’emissione doveva essere coperta da una quantità
d’oro che veniva conservata nelle banche o istituti di emissione, si parla in
questo caso di circolazione cartacea convertibile totalmente in oro.
In Italia dal 1874, il consorzio obbligatorio degli istituti di
emissione regolamentava rigidamente diritti e doveri delle 6 banche autorizzate
ad emettere cartamoneta specificando il tetto massimo di banconote e il loro
rapporto con le riserve auree.
La speculazione edilizia e il fallimento della banche
Nel corso del boom edilizio che vi fu in Italia a partire dal
1870 e in cui si ebbe la modernizzazione urbana delle principali città, le
banche furono tra le protagoniste investendo in modo massiccio i risparmi
depositati presso di esse in investimenti a lungo termine (credito ad aziende
immobiliari-edilizie, acquisizione titoli e azioni, ecc.). Quando, a partire
dal 1889, vi fu la crisi del settore edilizio, alcune tra le principali banche
private del sistema bancario italiano si trovarono di fronte al disastro,
infatti i loro capitali, immobilizzati in crediti o titoli a lungo termine o
relativi ad aziende fallite , diventavano inesigibili o comunque esse non
avevano a disposizione liquidità per far fronte alla crisi. Banca nazionale
toscana, Banca romana, Banco di Napoli, Banco di sconto, Credito mobiliare
italiano,
Intevento dello stato e scandalo della banca romana
Banca generale vengono messe in liquidazione. Per evitare il
collasso dell’economia nazionale lo stato intervenne a sostegno delle banche,
già dal 1883 le banche di emissione erano state autorizzate ad aumentare
l’emissione di cartamoneta per sostenere gli investimenti nel settore edilizio
andando oltre il rapporto di copertura aurea precedentemente fissato. Con la
crisi venne autorizzata l’emissione di nuova cartamoneta senza copertura aurea.
Tra le banche di emissione la Banca romana commise gravi irregolarità al punto
che il ministro dell’agricoltura e industria Miceli istituì nel 1889 una
commissione d’inchiesta presieduta dal senatore Alvisi.
L’Inchiesta Alvisi e l’insabbiamento dello scandalo
L’inchiesta appurò gravi irregolarità e il suo governatore,
Bernardo Tanlongo, vi risultava gravemente coinvolto:
- la cartamoneta emessa superava di 25 mln di lire dell’epoca (1
MLN di lire = 4 MLN di Euro attuali) il quantitativo di lire che la Banca era
stata autorizzata ad emettere;
- risultava un ammanco di 9 Mln di lire che era stato sanato con
l’emissione di una serie di biglietti duplicati, quindi falsi
Risultò inoltre che la banca aveva utilizzato tale denaro sia
per speculazioni nel settore dell’edilizia, ora in crisi, sia per corrompere
politici e giornalisti attraverso l’emissione di prestiti in forma di cambiali
nei loro confronti, tali cambiali, alla scadenza, venivano poi regolarmente
rinnovate. In tal modo si vincolavano i beneficiari di tali somme agli
interessi della Banca. La banca aveva anche prestato denaro (a condizioni
favorevolissime e quindi quasi regalato) a diversi governi a partire da quello
di Depretis nel 1876.
Insabbiamento e dimissioni di Giolitti
Già il governo di Rudinì nel 1891, impedì che il senatore Alvisi
riferisse in Senato i risultati dell‘inchiesta "in nome dei supremi
interessi del paese e della patria". Miceli, Crispi e Giolitti
esercitarono la loro influenza allo stesso scopo. L’inchiesta venne insabbiata,
ma Alvisi confidò a molti suoi amici quanto scoperto e nel 1893, probabilmente
per mano di Maffeo Pantaleoni una copia della relazione della commissione
giunse nelle mani del deputato Napoleone Colaianni, radicale all’opposizione
dei governi Crispi prima e Giolitti poi, lo scandalo fu inevitabile. Giolitti,
nuovo presidente del consiglio a partire dal maggio 1892, si limitò a istituire
una commissione di inchiesta amministrativa, dotata di poteri minori rispetto
alla commissione di inchiesta parlamentare che era stata richiesta da molti.
Nel gennaio del 1893 la commissione amministrativa aveva appurato quanto segue:
- 65 mln di lire circolavano abusivamente (emesse dalla banca
romana oltre la quota fissata);
- 20 mln di ammanco di cassa;
- 40 mln di cartamoneta falsa
Fu lo stesso Giolitti, nel suo libro di memorie, a confermare
queste cifre. Il governatore della Banca romana commendator Bernardo Tanlongo e
il direttore Michele Lazzaroni (tutto un programma) vennero arrestati e
cominciò un processo che si concluse nel 1894, seguirono altri arresti (il
direttore del Banco di Napoli) e morti misteriose come quella dell’ex direttore
del Banco di Sicilia che aveva denunciato gravi irregolarità.
E tutti vissero felici e contenti
Venne nominata una nuova commissione d’inchiesta parlamentare
(marzo 1893). Giolitti accusato di aver ottenuto due prestiti, uno di 60.000
lire e l’altro di 40.000, fu travolto dallo scandalo e si dovette dimettere il
15 dicembre 1893, si recò a Berlino, secondo molti per evitare l’arresto. Nel
mentre dal carcere Tanlongo dichiarava di aver pagato molti politici. Il
processo si concludeva all’italiana … tutti assolti, i giudizi nella sentenza
dichiararono che molti dei documenti che provavano la colpevolezza degli
imputati erano spariti (come l’agenda del generale Dalla Chiesa, l’agenda rossa
del giudice Borsellino, le registrazioni radar della strage di Ustica, ecc.
ecc. ma guarda un po, ma che strano), per cui il procedimento penale venne
archiviato.
Se volete andare a fondo della questione consiglio i due primi
link in cui il marciume del mondo politico italiano di allora non è inferiore a
quello di oggi. Cerco di riassumere: tutti ricattano tutti. Crispi ricatta
Tanlongo con la minaccia dei rendere pubblici i risultati dell’inchiesta Alvisi
e vuole che Tanlongo incastri Giolitti confermando che gli sono stati dati
fondi; Giolitti ricatta Crispi in quanto tra i plichi sequestrati da Tanlongo
vi sono anche le lettere della moglie di Crispi al suo amante (il maggiordomo)
e le lettere dei coniugi Crispi che chiedono soldi a Tanlongo. Tanlongo ricatta
tutti, ecco le sue parole: «Se mi si vuole chiamare responsabile di colpe non
mie, io sarò costretto a fare uno scandalo... »
Questa la canzoncina pubblicata dall'Asino, giornale satirico
dell'epoca, sullo scandalo della banca romana in cui si dimostra che in Italia
non è cambiato nulla se non in peggio:
«S' affondano le mani nelle casse - crac! / si trovano sacchetti
pieni d' oro - crac! / E per governare, come fare? / Rubar, rubar, rubar,
sempre rubare! / Se rubi una pagnotta a un cascherino - crac! / te ne vai
dritto in cella senza onore; - crac! / se rubi invece qualche milioncino / ti
senti nominar commendatore».
(Da: Il Corriere della Sera del 15
gennaio 2010)
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