17 febbraio 2013

LO SCANDALO DELLA BANCA ROMANA



Oggi voglio recuperare un editoriale del Corriere della Sera che ricostruisce la storia dello scandalo della Banca Romana di fine ottocento di cui parla anche Luigi Pirandello nei suoi Vecchi e giovani. 
Alla luce degli  ultimi recenti scandali bancari sembra proprio che la storia non abbia insegnato  nulla:





 Gian Antonio Stella  -  Scandalo della Banca romana


La Banca Romana, che in precedenza era la banca dello stato pontificio, era una delle 6 banche che in Italia erano autorizzate all’emissione della moneta con corso legale che si basava sul sistema del gold standard. Come negli altri paesi europei anche in Italia la moneta era cartacea e il suo valore era garantito dalla sua convertibilità in oro secondo un determinato rapporto, quindi l’emissione doveva essere coperta da una quantità d’oro che veniva conservata nelle banche o istituti di emissione, si parla in questo caso di circolazione cartacea convertibile totalmente in oro.

In Italia dal 1874, il consorzio obbligatorio degli istituti di emissione regolamentava rigidamente diritti e doveri delle 6 banche autorizzate ad emettere cartamoneta specificando il tetto massimo di banconote e il loro rapporto con le riserve auree.

La speculazione edilizia e il fallimento della banche

Nel corso del boom edilizio che vi fu in Italia a partire dal 1870 e in cui si ebbe la modernizzazione urbana delle principali città, le banche furono tra le protagoniste investendo in modo massiccio i risparmi depositati presso di esse in investimenti a lungo termine (credito ad aziende immobiliari-edilizie, acquisizione titoli e azioni, ecc.). Quando, a partire dal 1889, vi fu la crisi del settore edilizio, alcune tra le principali banche private del sistema bancario italiano si trovarono di fronte al disastro, infatti i loro capitali, immobilizzati in crediti o titoli a lungo termine o relativi ad aziende fallite , diventavano inesigibili o comunque esse non avevano a disposizione liquidità per far fronte alla crisi. Banca nazionale toscana, Banca romana, Banco di Napoli, Banco di sconto, Credito mobiliare italiano,

Intevento dello stato e scandalo della banca romana

Banca generale vengono messe in liquidazione. Per evitare il collasso dell’economia nazionale lo stato intervenne a sostegno delle banche, già dal 1883 le banche di emissione erano state autorizzate ad aumentare l’emissione di cartamoneta per sostenere gli investimenti nel settore edilizio andando oltre il rapporto di copertura aurea precedentemente fissato. Con la crisi venne autorizzata l’emissione di nuova cartamoneta senza copertura aurea. Tra le banche di emissione la Banca romana commise gravi irregolarità al punto che il ministro dell’agricoltura e industria Miceli istituì nel 1889 una commissione d’inchiesta presieduta dal senatore Alvisi.

L’Inchiesta Alvisi e l’insabbiamento dello scandalo

L’inchiesta appurò gravi irregolarità e il suo governatore, Bernardo Tanlongo, vi risultava gravemente coinvolto:
- la cartamoneta emessa superava di 25 mln di lire dell’epoca (1 MLN di lire = 4 MLN di Euro attuali) il quantitativo di lire che la Banca era stata autorizzata ad emettere;
- risultava un ammanco di 9 Mln di lire che era stato sanato con l’emissione di una serie di biglietti duplicati, quindi falsi

Risultò inoltre che la banca aveva utilizzato tale denaro sia per speculazioni nel settore dell’edilizia, ora in crisi, sia per corrompere politici e giornalisti attraverso l’emissione di prestiti in forma di cambiali nei loro confronti, tali cambiali, alla scadenza, venivano poi regolarmente rinnovate. In tal modo si vincolavano i beneficiari di tali somme agli interessi della Banca. La banca aveva anche prestato denaro (a condizioni favorevolissime e quindi quasi regalato) a diversi governi a partire da quello di Depretis nel 1876.

Insabbiamento e dimissioni di Giolitti

Già il governo di Rudinì nel 1891, impedì che il senatore Alvisi riferisse in Senato i risultati dell‘inchiesta "in nome dei supremi interessi del paese e della patria". Miceli, Crispi e Giolitti esercitarono la loro influenza allo stesso scopo. L’inchiesta venne insabbiata, ma Alvisi confidò a molti suoi amici quanto scoperto e nel 1893, probabilmente per mano di Maffeo Pantaleoni una copia della relazione della commissione giunse nelle mani del deputato Napoleone Colaianni, radicale all’opposizione dei governi Crispi prima e Giolitti poi, lo scandalo fu inevitabile. Giolitti, nuovo presidente del consiglio a partire dal maggio 1892, si limitò a istituire una commissione di inchiesta amministrativa, dotata di poteri minori rispetto alla commissione di inchiesta parlamentare che era stata richiesta da molti. Nel gennaio del 1893 la commissione amministrativa aveva appurato quanto segue:

- 65 mln di lire circolavano abusivamente (emesse dalla banca romana oltre la quota fissata);
- 20 mln di ammanco di cassa;
- 40 mln di cartamoneta falsa

Fu lo stesso Giolitti, nel suo libro di memorie, a confermare queste cifre. Il governatore della Banca romana commendator Bernardo Tanlongo e il direttore Michele Lazzaroni (tutto un programma) vennero arrestati e cominciò un processo che si concluse nel 1894, seguirono altri arresti (il direttore del Banco di Napoli) e morti misteriose come quella dell’ex direttore del Banco di Sicilia che aveva denunciato gravi irregolarità.

E tutti vissero felici e contenti

Venne nominata una nuova commissione d’inchiesta parlamentare (marzo 1893). Giolitti accusato di aver ottenuto due prestiti, uno di 60.000 lire e l’altro di 40.000, fu travolto dallo scandalo e si dovette dimettere il 15 dicembre 1893, si recò a Berlino, secondo molti per evitare l’arresto. Nel mentre dal carcere Tanlongo dichiarava di aver pagato molti politici. Il processo si concludeva all’italiana … tutti assolti, i giudizi nella sentenza dichiararono che molti dei documenti che provavano la colpevolezza degli imputati erano spariti (come l’agenda del generale Dalla Chiesa, l’agenda rossa del giudice Borsellino, le registrazioni radar della strage di Ustica, ecc. ecc. ma guarda un po, ma che strano), per cui il procedimento penale venne archiviato.
Se volete andare a fondo della questione consiglio i due primi link in cui il marciume del mondo politico italiano di allora non è inferiore a quello di oggi. Cerco di riassumere: tutti ricattano tutti. Crispi ricatta Tanlongo con la minaccia dei rendere pubblici i risultati dell’inchiesta Alvisi e vuole che Tanlongo incastri Giolitti confermando che gli sono stati dati fondi; Giolitti ricatta Crispi in quanto tra i plichi sequestrati da Tanlongo vi sono anche le lettere della moglie di Crispi al suo amante (il maggiordomo) e le lettere dei coniugi Crispi che chiedono soldi a Tanlongo. Tanlongo ricatta tutti, ecco le sue parole: «Se mi si vuole chiamare responsabile di colpe non mie, io sarò costretto a fare uno scandalo... »

Questa la canzoncina pubblicata dall'Asino, giornale satirico dell'epoca, sullo scandalo della banca romana in cui si dimostra che in Italia non è cambiato nulla se non in peggio:

«S' affondano le mani nelle casse - crac! / si trovano sacchetti pieni d' oro - crac! / E per governare, come fare? / Rubar, rubar, rubar, sempre rubare! / Se rubi una pagnotta a un cascherino - crac! / te ne vai dritto in cella senza onore; - crac! / se rubi invece qualche milioncino / ti senti nominar commendatore».

(Da: Il Corriere della Sera del 15 gennaio 2010)

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